Un gruppo di scienziati del Regno Unito ha ottenuto “embrioni umani sintetici” a partire da cellule staminali, evitando quindi di usare cellule uovo e spermatozoi. Il termine “sintetici” è un po’ fuorviante: si tratta di embrioni creati a partire da cellule staminali, le quali però sono state prelevate da embrioni veri e propri. Si tratta di un obiettivo che diversi team di ricerca perseguivano da tempo e che non era mai stato raggiunto per l’uomo. Lo scopo del lavoro sarebbe creare embrioni somiglianti a quelli “veri” per comprendere meglio l’impatto di alcune malattie genetiche e le cause biologiche degli aborti spontanei ricorrenti. Nonostante il risultato sia ancora lontano e i ricercatori non abbiano posto l’obiettivo tra quelli perseguiti, potenzialmente gli embrioni derivati potrebbero essere utilizzati a fini riproduttivi, e il fatto che non siano ancora regolamentati da una cornice legislativa potrebbe dare origine a importanti interrogativi etici nel prossimo futuro.
L’annuncio è arrivato dal Congresso della Società per la ricerca sulle cellule staminali, a Boston, dove Magdalena Zernicka Goetz, biologa del CalTech e dell’università di Cambridge, ha illustrato il lavoro, dichiarando: «Possiamo creare modelli simili a embrioni umani riprogrammando le cellule (staminali embrionali)». Nel 2022 il suo gruppo di ricerca aveva ottenuto il primo embrione sintetico di topo con un cuore che batte. La ricercatrice ha specificato inoltre che la ricerca è stata accettata da un’importante rivista scientifica ma non è stata ancora pubblicata. Come precisato dal The Guardian, che ha riportato la notizia in esclusiva, gli embrioni sintetici sono stati fatti sviluppare fino alla fase in cui, se si trovassero in un vero apparato riproduttivo, si impianterebbero nell’utero, l’equivalente dei giorni 7/8-14 dopo la fecondazione, che corrisponde anche al limite legale permesso.
Il motivo del grande interesse è la possibilità di studiarli per ottenere informazioni sulle prime fasi dello sviluppo della vita. In particolare sul periodo, definito “scatola nera”, che va dai 14 giorni oltre i quali nella maggior parte dei Paesi non è più possibile far crescere embrioni in laboratorio. Come iniziano a svilupparsi gli organi umani? Da cosa sono provocati i casi di aborto ricorrente? La scienza può fare qualcosa per evitarli? Sono queste alcune delle domande a cui gli scienziati come Żernicka-Goetz sperano di rispondere. Questi “embrioni derivati” non nascono dalla fecondazione di una cellula uovo da parte di uno spermatozoo, ma vengono ricavati in laboratorio a partire da cellule staminali, ovvero cellule non specializzate capaci di differenziarsi in diversi altri tipi di cellule del corpo, le quali però vengono prelevate da embrioni veri e propri. Sono ancora troppo poco maturi per avere un cuore che batte o cellule cerebrali. Sono composti principalmente da cellule che formeranno la placenta, il sacco amniotico e le cellule precorritrici dei gameti. Il vantaggio tecnico, secondo gli scienziati, è la maggiore facilità nel modificare geneticamente le cellule staminali mentre crescono e si differenziano piuttosto che ricorrere agli embrioni residui dei percorsi delle fecondazioni in vitro donati alla ricerca.
Tuttavia, questa scoperta comporta l’analisi di importantissime questioni legali ed etiche. Questi embrioni ricavati da cellule staminali non sono ancora regolamentati da una cornice legislativa. Al contrario degli embrioni ricavati dalle fecondazioni in vitro, è possibile farli sviluppare anche oltre i 14 giorni canonici e legali (per ora). Gli stessi autori dello studio ritengono che una regolamentazione sia necessaria e stanno partecipando a un gruppo di lavoro per coinvolgere le autorità sanitarie britanniche sui paletti legali per questo tipo di pratica. Una possibilità è che anziché su un limite di tempo, ci si accordi su un limite basato sullo sviluppo dell’embrione. L’esperimento solleva anche domande e perplessità bioetiche che dovranno essere inevitabilmente affrontate. Gli stessi scienziati non sono in grado di dire se questi embrioni sintetici abbiano la capacità di diventare una creatura vivente completa. Finora gli esperimenti su cavie hanno dato risultati non univoci.
L’indipendente ha chiesto un commento ad Alberto Carrara, professore di Antropologia e Neuroetica dell’Ateneo Regina Apostolorum e membro della Pontificia Accademia per la Vita, il quale ha dichiarato: «Per farci un’idea più chiara serviranno sicuramente altri studi a riguardo. Ciò che è certo invece è che chiamarli sintetici è decisamente fuorviante: queste strutture sono biologiche e non sintetiche. L’unica cosa sintetica è la riprogrammazione di cellule che derivano però da embrioni umani. Piuttosto, assomiglia più ad una clonazione fatta ad hoc per non permettere lo sviluppo. I problemi sono principalmente due. Il primo è l’estrazione: il prelievo di cellule danneggia gravemente l’embrione d’origine, portando spesso alla sua distruzione. Il secondo è la modifica: ho visto diversi articoli cercare di rassicurare sul fatto che il sistema nervoso e il cuore non verranno sviluppati. Ma ciò che è fondamentale è il modo in cui si giunge a questo risultato. La riprogrammazione di queste cellule estratte solleva questioni etiche non indifferenti. Nel giudizio etico non deve essere giusto solo il fine, ma anche il modo con cui viene perseguito».
[di Roberto Demaio]
Sono stati creati i primi embrioni umani…
A me questi esperimenti fanno venire i brividi.
Finiranno nello sviluppo della ricerca per essere esiziali come la scissione dell’atomo. Che certo l’umanità non rimpiange. Scoperte di cui proprio non se ne sentiva il bisogno. Quando tali prodigiose invenzioni finiscono nelle mani dei politici…
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