L’approvazione di una contestata riforma costituzionale da parte di Gerardo Morales, governatore della provincia di Jujuy, nel nord-ovest dell’Argentina, ha scatenato rabbia e indignazione fra cittadini e comunità indigene, per diversi motivi. Primo fra tutti: la legge, introdotta in tempi rapidissimi – meno di un mese – è stata votata a porte chiuse, senza le consuete consultazioni democratiche e pubbliche.
Inoltre il testo, tra le altre cose, limita fortemente il diritto di protestare liberamente, sancito dalla Costituzione originaria – saranno persino vietati blocchi stradali e “qualsiasi azione ostacoli il diritto alla libera circolazione delle persone -, ed esclude gli aborigeni dalle decisioni riguardo all’uso delle terre. Il rischio concreto, quindi, è che la proprietà privata si accaparri definitivamente quei territori contesi con i popoli originari. In altre parole, la riforma rafforzerà il potere di Morales, che potrà quindi prendere decisioni sostanzialmente senza subire l’opposizione di nessuno – si potranno organizzare delle proteste solo seguendo uno specifico regolamento non ancora definito.
⭕ AHORA EN JUJUY | En Purmamarca, comunidades originarias continúan el corte en la ruta 9 contra la reforma constitucional de Gerardo Morales.
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— Tiempo Argentino (@tiempoarg) June 22, 2023
Il sospetto, visto che la riforma è stata approvata in fretta e furia proprio nel pieno di uno sciopero di docenti e lavoratori del settore pubblico per chiedere un aumento salariale, è che si tratti di una strategia politica volta ad azzittire le mobilitazioni attuali e future.
Ma quello che preoccupa maggiormente, come sottolineato dalle organizzazioni per i diritti umani, è che la riforma «è incompatibile con i diritti dei popoli indigeni di essere consultati e di partecipare alle questioni di loro competenza» e non rispetta i trattati internazionali i che obbligano il Governo a garantire la pluralità di opinioni. Senza contare che non riconoscere il diritto alla terra ancestrale significa spianare la strada a tutte quelle imprese che da anni tentano in tutti i modi di impossessarsi, senza successo, dei territori protetti. Quella di Jujuy, infatti, è una provincia ricca di risorse naturali, e con molta probabilità «la nuova Costituzione, che consentirà al governo locale di avanzare sui territori delle comunità e di sgomberarle», provocherà grossi danni a tutti gli abitanti della regione. Si teme, infatti, che azioni azzardate, come l’estrazione di litio dove non si dovrebbe, contaminino le fonti d’acqua, lasciando migliaia di persone a secco.
🗣️María de la comunidad de San Miguel de Los Colorados de Salina Grande cuenta porqué está en el corte de ruta:
✊"Nosotros venimos a luchar por nuestras tierras: a vivir o a morir directamente por eso".
📹 @ngrecoaro y Eduardo Sarapura desde Jujuy pic.twitter.com/CL0TJrAznU
— Tiempo Argentino (@tiempoarg) June 22, 2023
Negli ultimi giorni anche l’ONU ha espresso preoccupazione per le segnalazioni di violazioni dei diritti e azioni violente avvenute durante le proteste in corso. Pare che gli agenti di polizia abbiano ferito decine di persone, provocando con gravi lesioni oculari ad un adolescente e profonde ferite alla testa ad un’altra persona. Le Nazioni Unite hanno inoltre dichiarato di essere a conoscenza di arresti e persecuzioni ai danni di manifestanti, leader indigeni, un politico locale e giornalisti, e che le guardie abbiano tentato di ostacolare il lavoro degli attivisti per i diritti umani.
[di Gloria Ferrari]
[Crediti foto in copertina: Tiempo Argentino]