Sono ripartiti i sondaggi per il TAV in Valle di Susa. Dal cantiere dell’Alta Valle la devastazione si allarga verso Susa, Bussoleno, Chianocco, San Didero… Prati, in cui l’erba è alta, pronta per la prima fienagione; boschi che profumano dei primi funghi; mandrie di mucche al pascolo che guardano attonite la strana invasione di alieni; un gregge di pecore costretto a spingersi in alto, sugli impervi pascoli dell’Orsiera… Questa volta le escavazioni assumono l’altisonante nome di sondaggi archeologici.
Sempervive. Vivono aggrappate alla roccia, roselline verdecenere, spinose, tenaci contro intemperie e siccità. Le troviamo aggrappate a un grande spuntone pietroso, emergente in mezzo ai prati: un meraviglioso piccolo giardino roccioso che le piogge di questa strana stagione hanno donato alla terra inaridita dalla lunga siccità.
Poco sotto, la ruspa scava: sondaggi, i velenosi preamboli del TAV.
Questa volta abbiamo scoperto la strada per arrivare prima che digos e agenti possano fermarci.
Troviamo un piccolo escavatore, due operai e un giovane che si qualifica come l’archeologo (Telt non ha preoccupazioni culturali, ma – come abbiamo sperimentato per il cantiere di Chiomonte – la certificazione archeologica è semplicemente una costosa formalità, la foglia di fico obbligatoria, propedeutica alla devastazione).
La ruspa si ferma. C’è tranquillità, sembrerebbe poco più che un incontro tra comitive: ragazze e ragazzi da entrambe le parti (io, anziana, sono l’eccezione) che si scambiano battute e domande… Ma eccoli, i “tutori dell’ordine”, in assetto antisommossa, davvero tanti in proporzione a noi, almeno quattro per uno. Noi in gruppo davanti alla ruspa, loro tutto intorno: scudi, manganelli, cineprese. Finisce a strattoni; i ragazzi sono trascinati via. Mi sposto dopo che anche l’ultima ragazza è in terreno amico.
La condizione che poniamo per andarcene è che se ne vada anche la ruspa. Si rimette in strada dopo aver ricoperto il buco del sondaggio (noto che lo scavo ha la forma e le dimensioni maggiorate di una fossa cimiteriale… è fin troppo scontato il richiamo alla morte, nostra, della natura, del futuro…).
Anche noi torniamo. I cingolati della ruspa e gli scarponi dei poliziotti hanno lasciato tra l’erba alta ferite aperte. Le sempervive, sono ridotte ad una pietosa mucillagine.
Il sentiero del ritorno è ricco di incontri: la tenacia delle vecchie vigne, che la pioggia ha reso lussureggianti di tralci e di giovani grappoli; i frutteti inselvatichiti, sopravvissuti ai proprietari e ancora capaci di donare a piene mani i loro frutti dolcissimi; il giardino di piante officinali che qualcuno dei nostri giovani ha piantato e cura con amore.
Proprio qui è prevista l’uscita della galleria sulla tratta Susa – Bussoleno: ancora la prospettiva di cantieri, materiale velenoso portato a cielo aperto, polveri, traffico di camion, inaridimento del suolo per il taglio delle ultime vene d’acqua sopravvissute al tunnel autostradale. Così muore la montagna, si spopolano i territori, si vanifica ogni futuro.
Arriviamo alla frazione Santa Petronilla, una manciata di case silenziose nell’afa del mezzogiorno. Qualcuno lascia nelle buche i volantini che invitano ad un’assemblea informativa: per difendersi bisogna conoscere. Conoscere la verità, perché il progetto devastante va avanti anche grazie a un mare di menzogne.
I mass media venduti al sistema non sono meno nocivi delle ruspe e dei manganelli: mistificano i dati reali, costruiscono l’immagine del nemico, creano rassegnazione.
Ma noi sappiamo che la verità è sempre rivoluzionaria.
[di Nicoletta Dosio – Oltre ad essere da sempre attiva in numerose lotte
sociali e politiche sul territorio piemontese, Nicoletta Dosio è uno dei volti storici del Movimento No TAV. Condannata ai domiciliari per aver partecipato a una manifestazione pacifica del Movimento, ma rifiutandosi di sottostarvi e divenire così “carceriera di sé stessa”, Nicoletta è stata imputata di almeno 130 evasioni, che le sono valse la condanna a oltre un anno di carcere presso il penitenziario di Torino]