lunedì 4 Novembre 2024

Tonno adulterato venduto in tutta Italia: 30 intossicati e 12 arresti

«Me li sogno la notte i cristiani che si sentono male. Nessuno ci ha lasciato le penne solo per grazia del Signore: non mangiare pesce crudo». Queste le inquietanti parole, intercettate dagli inquirenti, rivolte a un’amica nel settembre 2021 dalla dipendente di una delle società coinvolte nell’inchiesta della Procura di Trani sul tonno adulterato, la cui nocività ha portato all’intossicazione di almeno 33 persone. Una vicenda che ha condotto a sequestri milionari e per la quale sono state spiccate 18 misure cautelari.

L’inchiesta, denominata “Albacares”, ha avuto origine nel 2021, quando decine di persone in diverse province italiane – di cui 6 a Firenze, una a Lavagna (Liguria), 10 a Benevento, 3 a Bisceglie, 5 a Bitonto, 4 a Pezze di Greco (Brindisi), 4 a Pescara e 5 a Teramo – hanno accusato intossicazioni alimentari di diversa gravità. Molte di loro sono state ricoverate in ospedale, alcune addirittura in terapia intensiva e in rianimazione. Tra loro, un bambino di soli 11 anni, portato in ambulanza all’ospedale Perrino di Brindisi con “sintomi suggestivi di sindrome anossica con cianosi” e una saturazione d’ossigeno all’86 per cento. Un unico denominatore tra i vari casi: la consumazione del tonno a pinna gialla, che secondo le risultanze d’indagine veniva decongelato e trattato con nitriti e nitrati per migliorarne aspetto e colore.

Gli inquirenti hanno inquadrato in 5,2 milioni di euro i proventi delle attività illecite. Cinque persone sono finite in galera: si tratta dei vertici di due aziende di Bisceglie, la Ittica Zu Pietro Srl e la Izp processing. Altre sette persone si trovano ai domiciliari. Rispondono tutte, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata all’adulterazione di sostanze alimentari, frode in commercio e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. Altre sei persone sono state raggiunte da provvedimenti cautelari, tra cui divieti e obblighi di dimora nei comuni di residenza. Coinvolti nelle indagini anche un laboratorio di Avellino e una società di consulenza.

Nel provvedimento del gip Anna Lidia Altamura si parla espressamente di come nitrati e nitriti, il cui uso era vietato dai regolamenti europei, venissero aggiunti “in concentrazioni elevate al fine di esaltare il colore del pesce“, nascondendone lo stato di alterazione. Le analisi dell’istituto Zooprofilattico di Bologna, effettuate in seguito al sequestro di sette tonnellate e mezzo di tonno svolto dai Nas, hanno certificato la presenza di una sostanza rossa ad azione colorante campionata come “Fruitmax Red 104”.

ll Procuratore capo di Trani, Renato Nitti, ha spiegato che l’inchiesta ha definito «un quadro allarmante del fenomeno e fondamentali sono state le intercettazioni, telefoniche e ambientali», sottolineando come sia stato «indispensabile sapere le esatte parole pronunciate e intercettate per capire quanto stava accadendo, sia dal punto di vista giuridico sia per la ricostruzione del fatto». Roberta Moramarco, pm di Trani che ha coordinato le indagini, ha aggiunto che la falsificazione di certificazioni, documenti ed etichette è stata appurata nei «quaderni di prova relativi alle analisi in cui si annotavano i valori reali degli additivi che venivano poi segnalati in modo falsificato e inviati alle autorità competenti, che venivano così depistate nella loro attività di controllo».

[di Stefano Baudino]

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