lunedì 4 Novembre 2024

La presenza dell’azionariato critico nei CDA delle aziende è sotto attacco

L’articolo 12 del Disegno di legge “Competitività dei capitali” in discussione al Senato rischia di cancellare una volta per tutte l’azionariato critico, ovvero la strategia che permette alle associazioni di portare all’attenzione dei consigli di amministrazione (CdA) temi ambientali e sociali. È per questo che martedì 4 luglio l’associazione ReCommon è stata in audizione presso la Commissione Finanze e tesoro di Palazzo Madama, con l’obiettivo di difendere le ragioni sue e di tante altre organizzazioni. L’articolo 12 si scontrerebbe anche con due direttive UE e, secondo l’avvocato Dario Trevisan, consentirebbe di arginare l’intervento dei “soci disturbatori” dalle assemblee delle società.

L’azionariato critico consiste nell’acquistare un numero simbolico di quote azionarie di un’impresa rispetto alla quale si è fortemente critici. L’obiettivo è intervenire in sede assembleare e portare all’attenzione dei consigli di amministrazione le violazioni dei diritti umani o le controversie ambientali nelle quali l’impresa è coinvolta. La strategia consente così a gruppi ed associazioni di ricevere informazioni altrimenti inaccessibili, di porre direttamente domande agli amministratori delegati e, soprattutto, di poter cambiare le cose “da dentro”. La prima iniziativa di azionariato critico risale al 1971 e venne intentata negli Usa dalla Chiesa Episcopale contro General Motors per chiedere all’impresa di terminare le proprie attività in Sudafrica fino a quando non fosse stato abolito l’apartheid.

Sono ormai quattro anni che le assemblee dei big dell’industria e della finanza italiani si tengono a porte chiuse a causa dell’emergenza sanitaria derivante dalla Covid-19. Nonostante la decisione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di dichiarare finita l’emergenza pandemica, tra i paesi UE al momento solo in Italia e Germania esiste la possibilità di escludere la partecipazione in presenza degli azionisti, con la differenza che in Germania le società si sono impegnate a fornire direttamente mezzi di comunicazione per favorire una partecipazione equiparabile a quella in presenza. Con l’articolo 12 del DDL “Competitività per capitali”, chiamato “Svolgimento delle assemblee delle società per azioni quotate”, le disposizioni emergenziali verrebbero rese definitive, prevedendo che le società possano obbligare tutti gli azionisti a delegare le loro richieste ad un rappresentate unico, tra l’altro nominato dalle stesse.

ReCommon, associazione che lotta contro gli abusi di potere e il saccheggio dei territori e che mira a garantire che “le persone vengano prima del profitto”, martedì 4 luglio ha partecipato ad un’audizione presso la Commissione Finanze e tesoro di Palazzo Madama. Il Disegno di legge rischierebbe di “comprimere ancora di più i già limitati spazi democratici di confronto economico tra piccoli azionisti e società”. In audizione vi era anche l’avvocato Dario Trevisan, il quale ha affermato: «Uno dei principali motivi per cui si vorrebbe utilizzare lo strumento dell’assemblea a porte chiuse è legato all’opportunità di poter arginare l’intervento in assemblea dei “soci disturbatori”, il cui interesse non è affatto legato al valore del proprio investimento». “Soci disturbatori” è un termine usato anche da Luciano Acciari a febbraio 2023, coordinatore del Forum dei segretari dei CdA e membro del management di Leonardo che ha sostenuto l’inserimento di questa norma nel DL Milleproproghe 2023.

La proposta si scontrerebbe anche con alcune normative europee. In particolare, secondo l’associazione ReCommon, con l’articolo 1 della Direttiva UE 828 del 2017, che garantisce il diritto degli azionisti di mantenere un occhio vigile sulla responsabilità sociale e ambientale delle società. Inoltre, la proposta di permettere la partecipazione attiva solo agli azionisti con una consistente quota di capitale si scontrerebbe con la Direttiva UE 36 del 2007, la quale richiede che le società assicurino “la parità di trattamento a tutti gli azionisti che si trovano nella stessa posizione per quanto concerne la partecipazione e l’esercizio dei diritti di voto in assemblea”.

[di Roberto Demaio]

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