I vertici dell’Alleanza atlantica ieri al vertice di Vilnius sono stati chiari sulla questione dell’ingresso di Kiev nella Nato: l’Ucraina al momento non potrà aderire all’alleanza militare, almeno fino a quando sarà in guerra perché questo implicherebbe uno scontro diretto tra Nato e Russia che il blocco occidentale pare, almeno per ora, voler evitare. Non è stata fissata nemmeno una data futura per l’ingresso del Paese est europeo nell’organizzazione, cosa che ha suscitato la reazione stizzita del presidente ucraino Zelensky. Su Telegram ha scritto, infatti, che «è inaudito e assurdo che non ci sia un calendario né per l’invito né per l’adesione dell’Ucraina alla Nato e che si aggiungano strane formulazioni sulle condizioni anche solo per l’invito». Un commento che ha indisposto i delegati USA e a cui, dopo il discorso del capo ucraino alla manifestazione in piazza Ukraine-Nato33, ha risposto anche il segretario di Stato USA, Antony Blinken: «credo sia chiaro a tutti, anche a Zelensky, che nel mezzo di una guerra non ci può essere l’adesione, ma hanno fatto dei reali progressi e l’Alleanza fisserà le altre riforme, sulla loro sicurezza e la loro democrazia, per proseguire il cammino».
Se gli alleati non hanno concesso l’adesione a Kiev, hanno però rafforzato il programma di aiuti militari inserendoli in un quadro pluriennale e istituito il Consiglio Nato-Ucraina per rafforzare i legami politici con Kiev: oggi si terrà la riunione inaugurale con la presenza del presidente ucraino. Inoltre, è stato eliminato il Piano d’azione per l’adesione: «questo trasformerà il processo di adesione da un processo in due fasi a un processo in un’unica fase. Tutto ciò invierà un messaggio positivo e forte», ha asserito il segretario della Nato, Jens Stoltenberg. Si tratta dell’eliminazione del requisito del cosiddetto Membership Action Plan che, di fatto, pone l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza su una corsia preferenziale. Tuttavia, ciò ha deluso i membri più antirussi dell’organizzazione militare come Polonia, Baltici e Inghilterra e ha portato il presidente ucraino a definire i leader atlantici incerti e deboli.
Uno dei risultati concreti del vertice – oltre al Consiglio Nato-Russia – è stato il piano pluriennale di assistenza da 500 milioni di euro l’anno per modernizzare le forze armate ucraine rendendole completamente compatibili con quelle atlantiche. Ci sono poi gli impegni di aiuto militare bilaterali: la Germania ha annunciato 700 milioni di forniture belliche, la Francia ha promesso i missili Scalp a lungo raggio e anche la Norvegia si è impegnata nell’invio di carri armati e missili. Secondo Stoltenberg, «non c’è mai stato un messaggio più forte da parte della Nato, sia sul piano politico che su quello del concreto sostegno alleato».
Il tema su cui tutti ora convergono, dunque, non è quello di adesione della Nato a Kiev, ma della necessità di continuare ad armare l’Ucraina. Che tradotto significa sì alla guerra del blocco atlantico contro la Russia, ma tramite gli ucraini, senza coinvolgimento diretto dei Paesi dell’Alleanza. Si tratta, dunque, del proseguimento di quella che si può definire a tutti gli effetti “guerra per procura”, iniziata nel 2014.
Secondo l’ambasciatore russo negli Stati Uniti, Anatoly Antonov, «Le dichiarazioni di Vilnius hanno confermato la spinta antirussa della NATO. Senza esagerare, la Russia è identificata come la principale minaccia per l’Alleanza del Nord Atlantico. Tutte le risorse del blocco sono state gettate nella lotta contro il nostro Paese. Gli appaltatori della difesa stanno approfittando della “guerra ibrida” scatenata da Washington mentre a farne le spese sono comuni cittadini dei Paesi occidentali. Pochi qui si preoccupano della sorte degli ucraini, spinti dai curatori Usa e Nato in un “mattatoio”». Dal canto suo, il portavoce presidenziale, Dmitry Peskov ha asserito che «il possibile ingresso dell’Ucraina nella Nato è molto pericoloso per la sicurezza europea».
[di Giorgia Audiello]