La legge comunitaria sul ripristino della natura, sebbene con un margine minimo, è stata ufficialmente approvata dal Parlamento europeo. La sessione si è infatti conclusa con 336 voti a favore, 300 contrari e 13 astensioni. Nonostante sia stata votata una versione più indebolita, l’approvazione era un risultato tutt’altro che scontato. Negli ultimi mesi, la legge era infatti diventata il bersaglio di una campagna di opposizione guidata dai partiti conservatori, che hanno espresso voto contrario, tra loro anche i partiti della maggioranza di governo italiana. Con il voto decisivo raggiunto ieri in plenaria, il testo passa quindi alla fase successiva, dove il Consiglio e il Parlamento dovranno arrivare ad una posizione finale e negoziata. La legge è la prima al mondo a stabilire obiettivi vincolanti per il ripristino della natura allo scopo di invertire il disboscamento e i danni ambientali causati dalle attività industriali. Prevede inoltre che, entro il 2030, vengano attuate misure di ripristino della natura su almeno il 20% delle aree degradate dell’Unione europea.
Con l’obiettivo di favorire anche l’adattamento ai cambiamenti climatici, il regolamento stabilisce anche misure di ‘riabilitazione della natura’ in sette diversi settori chiave. Tuttavia, come anticipato, il compromesso raggiunto nei negoziati precedenti al voto di ieri ha necessariamente portato a sacrificare alcuni punti di particolare rilievo. È il caso ad esempio dell’articolo che avrebbe imposto la conversione ad habitat naturali di almeno il 10% dei terreni agricoli dell’UE. Articolo che era stato incluso nella versione più ambiziosa della norma, ma che risulta assente in quella approvata dal Parlamento. Ad ogni modo è ancora possibile che la legge cambi forma in una direzione maggiormente ambientalista. Dopo l’estate partiranno infatti i colloqui tra il Consiglio dell’UE, in questo caso costituito dai Ministri dell’Ambiente dei 27 membri, e il Parlamento. Il risultato sarà quindi un compromesso tra la versione odierna emendata e la posizione generale del Consiglio, che fino ad oggi ha espresso posizioni maggiormente ambiziose in termini ecologici.
La legge sul ripristino della natura è stata per la prima volta adottata dalla Commissione Europea a giugno 2022. La proposta, attraverso consultazioni pubbliche e con esperti del settore, ha nella sua forma iniziale dato forma legislativa alla Strategia Europea per la Biodiversità 2030, il piano UE finalizzato a tutelare la diversità biologica nell’Unione. Successivamente, nel 2023, la proposta di legge è passata alle varie Commissioni parlamentari interessate, come quelle per l’agricoltura e la pesca. Queste ultime, probabilmente sotto più di una pressione da parte delle industrie del settore, hanno votato contro la proposta della Commissione UE, mentre una terza commissione, quella incaricata delle questioni ambientali, non ha trovato una maggioranza. Da questo momento in poi è iniziata una forte campagna di opposizione guidata dai partiti conservatori, la quale ha portato all’attuale indebolimento della norma. Il Partito Popolare Europeo, i Conservatori e Riformisti Europei, il gruppo di destra nazionalista Identità e Democrazia e parti del gruppo liberale di mercato Renew, hanno a lungo sostenuto che la legge avrebbe danneggiato la sicurezza alimentare nonché messo ancor più in difficoltà i produttori colpiti dalla pandemia e dalla crisi energetica.
Al riguardo numerosi scienziati, in una lettera aperta, hanno smontato la tesi secondo cui il ripristino della natura possa essere dannoso per la produzione di cibo e l’economia, argomentando che sono proprio degli ecosistemi naturali integri e in salute a garantire la sicurezza alimentare e il benessere di una società. Dello stesso parere l’Europa progressista e di sinistra, così come migliaia di associazioni ambientaliste che, nei giorni precedenti al voto, hanno dato vita a delle consistenti mobilitazioni popolari sia a Bruxelles che nei singoli Stati membri. Nel complesso la norma, indipendentemente dall’orientamento politico, andrebbe considerata necessaria quantomeno ragionando solo in termini ecologici. Allo stato attuale, infatti, la natura del Vecchio Continente è tutt’altro che in forma. Oltre il 60% dei suoli dell’UE risulta essere in condizioni malsane e ben l’81% degli habitat naturali versa in cattive condizioni. La legge approvata, sebbene non sia ancora nella sua versione definitiva, porterà quindi al recupero del 20% delle terre e dei mari dell’UE entro il 2030, fino ad arrivare al ripristino di tutti gli ecosistemi degradati entro il 2050.
[di Simone Valeri]
Se il 10% del terreno agricolo (tanto per fare un esempio) fosse sottratto a multinazionali varie ci sarebbe ben poco da obiettare. Credo invece che verrebbe sottratto a una moltitudine di piccole imprese. L’unico obbiettivo che riesco a immaginare per questo cosiddetto ‘ripristino della natura’ è il consolidamento del potere economico della solite multinazionali (del cibo in questo caso). Quando infatti il cibo (come ora l’energia) scarseggierà, rispetto alla domanda, costerà di più naturalmente. Le multinazionali faranno profitti maggiori (non so perchè ma giurerei che non siano tra gli obbiettivi dei legislatori europei) e chi non potrà più permetterselo potrà scegliere tra morire oppure entrare in clandestinità.