Non è sempre facile spiegare il ‘greenwashing’ a chi si approccia a questo termine per la prima volta. Uno dei modi più semplici per farne comprendere il senso è utilizzare degli esempi concreti. Come quello fornito il 10 luglio dalla Ministra della transizione ecologica e vicepresidente spagnola, Teresa Ribera. Sta facendo discutere un video che la vede arrivare al vertice dell’Ue sull’ambiente – incentrato sul raggiungimento di un accordo per decarbonizzare il settore automobilistico – tenutosi a Valladolid, città nella Spagna nord-occidentale, pedalando in sella ad una bici a noleggio. Fino a qui niente di male, peccato che la politica, in realtà, sulle due ruote abbia percorso solo gli ultimi 200 metri del percorso. Non solo: hanno preceduti e seguito la breve pedalata almeno un paio di auto di scorta di grossa cilindrata, quelle cioè con cui ha viaggiato per i quasi 200 chilometri che separano Valladolid da Madrid.
🇪🇸 #Spagna — La ministra della transizione ecologica, Teresa #Ribera, arriva al vertice Ue sull'ambiente a Valladolid in bici ma fa solo gli ultimi 200 metri. Non solo, nel video si vedono bene le auto di scorta di grossa cilindrata con cui ha percorso i 200 km da Madrid: i… pic.twitter.com/zHWEyxMNAg
— Ultimora.net – POLITICS (@ultimora_pol) July 12, 2023
Se da una parte quello di Ribera di utilizzare un sistema di noleggio bici – inaugurato da poco in città – è stato un gesto pensato per incentivare l’utilizzo del servizio e dimostrare l’impegno alla lotta all’inquinamento, dall’altra i retroscena hanno svelato quello che in realtà si è rivelato puro greenwashing.
Gracias a todos los alcaldes y alcaldesas que apuestan por organizar la movilidad de su ciudad de forma distinta y saludable, favoreciendo espacios peatonales, bicis, transporte público…
Estos días en Valladolid, la ciudad de mi padre, mi abuela y mis tíos, a @oscar_puente_ pic.twitter.com/3N0YjswBik— Teresa Ribera 🌹 (@Teresaribera) July 10, 2023
Si tratta di un termine molto sentito in questi ultimi anni, coniato già negli anni ’70 e che indica una “strategia di comunicazione o di marketing perseguita da aziende, istituzioni, enti che presentano come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne il reale impatto ambientale negativo”. Praticamente una maschera verde utilizzata per ripulirsi l’immagine, illudere i cittadini e continuare a fare i propri interessi. La sua messa in pratica ha forme innumerevoli. La più utilizzata prevede di basare la comunicazione su una singola caratteristica ecosostenibile ed ignorare l’intero impatto del prodotto, falsando per ecologici prodotti – o azioni, come quella della Ministra – che non lo sono. Si tratta della pratica più utilizzata (negli USA nel 73% dei casi analizzati, in Inghilterra fino al 98%).
Molte altre sono tuttavia le tecniche: false certificazioni (usando parole o immagini per dare l’impressione che ci sia un certificato di parte terza, inesistente); pure e semplici menzogne (famoso il caso di Eni, multata per 5 milioni dall’Antitrust per la pubblicità di ENIdiesel+, nella quale veniva dichiarato falsamente che con il carburante in questione le emissioni gassose sarebbero state ridotte del 40%). Esistono poi altri tipi di greenwashing, più sommersi, e di conseguenza meno identificabili, solitamente usati da Governi e, a sorpresa, proprio da enti che si occupano d’ambiente.
Anche i vertici internazionali hanno usato magistralmente questa pratica, indicendo per esempio la ‘Youth4Climate: Driving Ambition’. L’evento, organizzato prima della COP26 di Glasgow, era nato lo scopo di dare ai giovani, pomposamente definiti i “capi di Stato del futuro”, la possibilità d’elaborare proposte concrete sulle questioni più urgenti che riguardano l’agenda climatica, da presentare poi alla conferenza. Quasi 400 giovani (due per Paese) provenienti dai Paesi membri dell’UNFCCC (Convenzione Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) hanno avuto momenti di dialogo coi ministri presenti alla Pre-COP26 a Milano, presentando quattro punti chiave per contrastare i cambiamenti climatici.
Ma alla fine l’intervento, seguitissimo a livello mediatico, è stata una vera e propria campagna pubblicitaria per riabilitare l’immagine dei governi mondiali e vestirli di “green”. Tant’è che sei giovani delegati sono stati espulsi dal Centro Congressi per essersi presentati con cartelli e cori “basta greenwashing”. «Siamo stati mandati via dall’incontro con Draghi. Ora la sicurezza ci tiene fuori, ci hanno preso i passaporti e ci hanno schedati» aveva scritto su Twitter l’irlandese Saoi Ó Chonchobhair.
Una pratica, quella del greenwashing, della quale si è più volte reso protagonista anche il governo italiano. Basti pensare che il ministero della Transizione Ecologica, formalmente incaricato di verificare che gli investimenti siano in linea con gli obiettivi climatici, è lo stesso che in sede europea si mette di traverso contro lo stop ai combustibili fossili, che difende l’utilizzo di pesticidi nell’agricoltura, che non vuole vietare la pesca a strascico e che continua ad approvare progetti di trivellazione.
[di Gloria Ferrari]
Sì ma finchè non cominciamo a essere REALISTI noi per l’ambiente non faremo nulla. La ministra spagnola, che probabilmente nella sua vita non va ogni giorno in bicicletta, era in grado di percorrere 200km in bici? Evidentemente NO. Di contro noi abbiamo il volo Roma-Milano che impiega 1 ora e 10 minuti e l’aereo è uno dei mezzi più inquinanti: di contro il FrecciaRossa per lo stesso percorso impiega 3 ore e 40 minuti, se togliamo un’ora di tempo tra il raggiungere l’aeroporto e i controlli la differenza si riduce a 1 ora e mezzo. Quante persone non possono perdere questo tempo in più? E chissà quante città nel mondo sono nella stessa situazione. Dobbiamo eliminare i mezzi molto inquinanti LADDOVE E’ POSSIBILE!!