Sono comparse nuove carte con elementi potenzialmente esplosivi sui rapporti tra Cosa Nostra e Forza Italia. Negli scorsi giorni, la Direzione Investigativa Antimafia si è infatti presentata a casa di Marcello Dell’Utri, ex braccio destro di Silvio Berlusconi ed ex senatore del suo partito, per eseguire perquisizioni e sequestri. Il politico, già condannato definitivamente per concorso esterno in associazione mafiosa, è ancora indagato come presunto mandante esterno delle stragi con cui Cosa nostra, nel 1993, colpì le città di Roma, Firenze e Milano (in concorso con Berlusconi, morto lo scorso 12 giugno). La convinzione dei pm è che tali attentati avrebbero avuto lo scopo di “indebolire il governo Ciampi” allora in carica, diffondendo “il panico e la paura tra i cittadini, in modo da favorire l’affermazione del progetto politico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri”. Il quale, secondo i magistrati, avrebbe avuto a tale scopo un ruolo di primo piano.
Gli agenti della Dia hanno eseguito un decreto di perquisizione nella casa di Dell’Utri, disposto dai procuratori aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli e dal pm Lorenzo Gestri, perlustrando anche gli uffici dell’ex senatore in via Senato e procedendo ad alcuni sequestri. Dal documento, il cui contenuto è stato reso noto da Repubblica, emergono le accuse mosse nei confronti di Dell’Utri, che, se mai in futuro troveranno conferma, potrebbero contribuire a riscrivere la storia d’Italia. Dell’Utri è infatti accusato di aver istigato e sollecitato il boss Giuseppe Graviano “ad organizzare e attuare la campagna stragista e, comunque, a proseguirla, al fine di contribuire a creare le condizioni per l’affermazione di Forza Italia, fondata da Silvio Berlusconi, al quale ha fattivamente contribuito Dell’Utri”, nella cornice “di un accordo, consistito nello scambio tra l’effettuazione, prima, da parte di Cosa nostra, di stragi, e poi, a seguito del favorevole risultato elettorale ottenuto da Berlusconi, a fronte della promessa da parte di Dell’Utri, che era il tramite di Berlusconi, di indirizzare la politica legislativa del Governo verso provvedimenti favorevoli a Cosa nostra in tema di trattamento carcerario, collaboratori di giustizia e sequestro di patrimoni”. Dalla mafia palermitana, Forza Italia avrebbe ottenuto “l’appoggio elettorale in occasione delle elezioni politiche del marzo 1994”.
I magistrati fiorentini parlano insomma di un “accordo stragista” dalla precisa finalità politica. Soffermandosi sull’attentato mafioso organizzato allo Stadio Olimpico per il 23 gennaio 1994, fortunatamente fallito a causa di un guasto tecnico, i magistrati evidenziano come tale episodio si collochi temporalmente a soli tre giorni di distanza dal famoso annuncio berlusconiano della “discesa in campo”, trasmesso in pompa magna il 26 gennaio. Quella bomba, per i pm, doveva essere “funzionale a dare il colpo decisivo alla compagine governativa, in quel momento al potere (governo Ciampi), eliminando decine di carabinieri”, con la finalità di “avvantaggiare Berlusconi e Dell’Utri“.
Secondo la ricostruzione della Procura, Dell’Utri e Berlusconi avrebbero beneficiato “degli effetti dello stragismo in un contesto nel quale erano alla ricerca di una via d’uscita da una doppia congiuntura sfavorevole: la crisi economica-finanziaria del gruppo Fininvest e la dissoluzione del loro referente politico tradizionale”, ovvero i socialisti e alcune fazioni della Dc. Che poi erano gli stessi partiti che la mafia aveva rimpinguato di voti fino alla “rivoluzione” di Mani Pulite che, di fatto, li demolì. Le bombe si interruppero proprio in quel gennaio ’94: per i pm, la causa dell’interruzione del piano stragista sarebbe proprio “l’assicurazione di Dell’Utri e Berlusconi” offerta dopo il sostegno della mafia a Forza Italia, che andrebbe a comprovare “sul piano logico, l’esistenza dell’accordo con Dell’Utri”, permettendo “di escludere che l’azione dei corleonesi sia stata posta in essere autonomamente alla mera ricerca dell’instaurazione di un rapporto con Dell’Utri e il suo referente, il deceduto Silvio Berlusconi”. I magistrati ricordano che “Dell’Utri è portatore di un profilo particolarmente adatto per alimentare intese stragiste”, ricordando come l’ex senatore abbia “svolto un ruolo di trait d’union tra il Cavaliere e la criminalità mafiosa dal 1974 al 1992, che è risultato far ricorso alle sue conoscenze mafiose per alimentare la nascita di Forza Italia”. Proprio per aver svolto il ruolo di intermediario sfociato nel “patto di protezione” sottoscritto da Berlusconi e i vertici di Cosa Nostra negli anni Settanta, Dell’Utri è stato condannato definitivamente a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa nel 2014.
I magistrati fiorentini continuano ad indagare anche su un altro versante: l’enorme quantità di denaro versata negli ultimi anni da Silvio Berlusconi a Dell’Utri, che ora, oltre che per concorso in strage, risulta indagato anche per trasferimento fraudolento di valori e mancata comunicazione della variazione del patrimonio. Già lo scorso marzo vi avevamo raccontato che i consulenti dei pm hanno individuato una lunga serie di donazioni nel periodo compreso tra il 2012 e il 2021, per un ammontare di 28 milioni di euro. Tra questi flussi trova inoltre posto, dal maggio 2021, anche un vitalizio da 30mila euro al mese chiesto e ottenuto dall’ex senatore. Gli inquirenti ritengono tali erogazioni una “contropartita a beneficio di Dell’Utri per le condanne patite e il suo silenzio nei processi penali che lo hanno visto e lo vedono coinvolto”. L’ex senatore, infatti, non ha mai chiamato in causa Berlusconi – che secondo gli investigatori si sarebbe anche fatto carico delle sue spese processuali – davanti ai magistrati nella cornice dei procedimenti in cui è stato coinvolto. A questo proposito, la Dia aveva già parlato della sussistenza di “una sorta di ricatto non espresso, ma ben conosciuto da tutti, e idoneo al persistere delle dazioni”. Per alcune di queste movimentazioni di denaro, risulta peraltro indagata per trasferimento fraudolento di valori anche la moglie di Dell’Utri, Miranda Ratti. Le donazioni di Berlusconi all’ex senatore sono proseguite anche post-mortem: con l’apertura del testamento, si è scoperto che Dell’Utri beneficerà di un ulteriore lascito di 30 milioni di euro dal Cavaliere.
C’è poi un ultimo elemento che ha attirato l’attenzione dei magistrati. Si tratta del contenuto dell’intercettazione di un colloquio tra Marcello Dell’Utri e il forzista Gianfranco Micciché, presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, datata 15 ottobre 2021. In quel periodo, Micciché si stava muovendo per raggiungere un accordo politico tra Forza Italia e Italia Viva di Matteo Renzi al fine di presentare liste comuni per le elezioni Amministrative palermitane. Nel corso della telefonata, gli interlocutori parlavano della futura elezione del Presidente della Repubblica. I magistrati scrivono che “Gianfranco Micciché, riportando quanto gli aveva confidato Matteo Renzi“, diceva a Dell’Utri: “Berlusconi mi ha detto dieci volte ‘Io ho bisogno solo di un Presidente della Repubblica che dia la grazia a Marcello‘”. Nel corso del dialogo, inoltre, sarebbe emerso “che Berlusconi, secondo Micciché, ha riferito a Matteo Renzi, nel corso di una cena effettuata a Firenze, che: ‘Marcello è in galera per colpa mia’”. Renzi, che ora potrebbe essere sentito dalla Procura di Firenze, ha attaccato i magistrati: “La Procura guidata da Turco sostiene che le stragi di mafia del 1993 fossero finalizzate a sostenere Berlusconi. Siamo oltre il ridicolo”.
Ad ogni modo, per ora, queste restano solo accuse. Dell’Utri sarà sentito dai magistrati a Firenze: il suo interrogatorio è già stato fissato per il prossimo 18 luglio.
[di Stefano Baudino]
Se fosse tutto confermato dovrebbe essere una bomba mediatica che scuote la Repubblica dalle fondamenta e dovrebbe risvegliare il senso civico e civile di molti concittadini… Chissà perché ne dubito… Grazie per far uscire queste storie, il giornalismo serio si riconosce per questo