Denti strappati, code tagliate e castrazioni senza anestesia. Alcune pratiche perpetrate sugli animali negli allevamenti e nei macelli sembrano uscite da un film dell’orrore, ma in Italia sono considerate perfettamente legali. Violenze provate dal lavoro, anche sotto copertura, che associazioni per i diritti degli animali come Essere Animali e Animal Equality Italia portano avanti. Denunce provate e documentate con testimonianze, video e foto che provengono da dentro gli allevamenti.
Tra le pratiche legali ma piene di sofferenza che riguardano i suini c’è l’estrazione di denti senza anestesia. L’operatore di un allevamento raccoglie il maialino, gli apre la bocca e gli strappa direttamente i denti con le pinze. A questa prassi si aggiunge poi il taglio della coda e la castrazione, anche queste senza anestesia. È questo ciò che succede in un gran numero di allevamenti intensivi, nonostante il fatto che le pubblicità continuino a raffigurare gli animali allevati su prati verdi e soleggiati.

Le scrofe sono trattate come vere e proprie macchine da parto. Vengono inseminate artificialmente a cicli regolari e, una volta terminata la gravidanza, vengono immediatamente private dei loro cuccioli. Le condizioni di vita sono pessime: capannoni bui e sporchi e gabbie talmente piccole che a volte l’animale non riesce nemmeno a girarsi su sé stesso. Sorte simile per i vitellini: appena nati vengono immediatamente separati dalle loro madri e vengono privati del loro latte, in quanto serve all’industria per il consumo umano. A pochi mesi di vita vengono poi inviati al macello. Le condizioni denunciate trovano riscontro anche in un rapporto [1] pubblicato da Eurogroup for Animals, un’organizzazione paneuropea che si occupa di tutelare i diritti degli animali.
I polli destinati al consumo umano sono chiamati “broiler”. Sono un ibrido commerciale creato dall’industria dopo anni di selezione genetica. Tali polli, sterili e non presenti in natura, crescono così velocemente che a soli 40 giorni i pulcini hanno già le sembianze adulte. Spesso accumulano così tanto peso che non riescono ad alzarsi da terra e non riescono quindi ad arrivare ad acqua e cibo. In molti muoiono per problemi cardiaci ed infezioni legati alla crescita spropositata e alle pessime condizioni di allevamento. Un’indagine [2] condotta dall’associazione Essere Animali in due allevamenti intensivi situati nel nord Italia ha confermato le condizioni denunciate da Animal Equaltity e ha consentito la proposta di adesione di LIDL all’European Chicken Commitment (ECC).

I pesci allevati per il consumo alimentare non proveranno mai la sensazione di nuotare nelle profondità dei mari. Migliaia di specie diverse vengono allevate fino a due anni in vasche di terra o gabbie di rete in mare, in cui vengono fatti riprodurre e crescere. In ognuna di queste gabbie possono vivere fino a 300mila pesci. Le condizioni sono estreme. I pesci vivono in uno spazio vitale ridotto e per via dello stress spesso presentano comportamenti aggressivi. Alcuni sono addirittura ricoperti da parassiti e soffrono di infezioni batteriche causate dalla scarsa igiene e dal sovraffollamento. Inoltre, secondo alcune indagini, le tecniche di abbattimento presentano [3] ancora forti limiti.
Le pratiche più forti avvengono nei macelli. Gli animali, spaventati e consapevoli che stanno andando incontro alla morte, sono forzati ad entrare nella camera di stordimento. L’esecuzione a volte avviene davanti agli occhi dei propri compagni, ancora del tutto coscienti nonostante la legge italiana lo vieti espressamente. I metodi di stordimento possono risultare del tutto inefficaci, provocando sofferenze atroci agli animali. Molto spesso vengono condotti al macello anche animali in stato di gravidanza: secondo l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, in Europa le mucche gravide ad essere macellate in via del tutto legale sono il 3% del totale, percentuale che si alza in Italia, dove si attesta al 4,5%.
[di Roberto Demaio]