giovedì 21 Novembre 2024

L’unico “trip” è la propaganda: sul caso della Yellen “avvelenata” con funghi allucinogeni

Non deve essere facile per gli spin doctors statunitensi dissipare l’imbarazzo e giustificare agli occhi dell’opinione pubblica le continue gaffe in cui incorrono le massime cariche dello Stato. Dalle figuracce di Kamala Harris ai capitomboli di un Joe Biden, sempre più confuso e fuori controllo – che ci ha ormai abituato a dare la mano a presenze invisibili, seguire pedestremente le indicazioni degli assistenti appuntate sui biglietti, sbagliare a recitare i testi dal teleprompter, annusare gli infanti, infrangere i protocolli reali e ruzzolare per terra – si arriva alla recente visita diplomatica in Cina del Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Janet Yellen, che si è sperticata in un triplo inchino all’inizio del suo colloquio con il vicepremier He Lifeng. 

Per motivare questa affettata forma di remissività, che ha fatto storcere il naso a molti, prima il New York Post e poi la CNN hanno diffuso la succulenta – in tutti i sensi – notizia del presunto avvelenamento della Yellen… a colpi di funghi allucinogeni. In un periodo di crisi globale e di quantomai labili equilibri geopolitici, in cui la propaganda soverchia l’informazione, una simile notizia avrebbe dovuto essere soppesata e confermata, prima di essere data “in pasto” all’opinione pubblica, sulla base di dicerie e indiscrezioni senza fondamento.

Tutto è iniziato quando la food blogger cinese Pan Pan Mao ha raccontato sul sito di microblogging Weibo di aver visto, il 6 luglio scorso, Yellen mangiare ben quattro porzioni di un fungo chiamato jian shou qing, durante una cena presso Yi Zuo Yi Wang, nome di una nota catena cinese di ristoranti. Questo fungo selvatico, se non cucinato correttamente, può avere proprietà psichedeliche

È a questo punto, che alcuni giornali statunitensi si sono concentrati sulle particolarità della pietanza. In particolare, interpellato dalla CNN, il dottor Peter Mortimer, esperto di botanica, ha dichiarato: «Ho un amico che li ha mangiati per errore e ha avuto allucinazioni per tre giorni». 

Da qua, si sono scatenati i rumors che a loro volta sono diventati delle vere e proprie teorie del complotto, seguendo il gioco del telefono senza fili e il fenomeno dei cancelli dell’informazione.

Peccato che Mortimer abbia anche spiegato che i funghi Lanmaoa, a cui appartengono i jian shou qing, possono essere considerati velenosi solo se consumati in grandi quantità o se preparati in modo errato. 

Non esiste, infatti, alcuna prova che Yellen sia stata intossicata né in particolare che la presunta l’intossicazione sia avvenuta di proposito. Contrariamente alle affermazioni sensazionalistiche dei media, i funghi jian shou qing non sono droghe, ma una prelibatezza culinaria diffusa nei ristoranti dello Yunnan. Infatti, questi funghi vengono preparati correttamente per evitare qualsiasi effetto negativo. Il ristorante “incriminato” Yi Zuo Yi Wang ha tenuto a precisare che i suoi jian shou qing erano stati cotti a puntino, eliminando, quindi, gli eventuali effetti psichedelici

Eppure, i media occidentali hanno abbracciato immediatamente la storia dell’avvelenamento, alimentando il già critico clima di sfiducia verso la Cina. E così, nella visione romanzata e rassicurante degli organi di stampa occidentali, quel goffo triplo inchino di Yellen diventa un semplice “effetto collaterale” dell’intossicazione da funghi. E la Segretaria al Tesoro assurge a vittima del famigerato nemico cinese che, seguendo le orme del Cremlino, arriva ad avvelenare chiunque si ponga contro il “regime”. 

A condurre il valzer della propaganda anticinese in Italia è stata la Repubblica: «Funghi allucinogeni? […] si è trattato di un errore innocente, oppure di un subdolo tentativo di intossicarla, per renderla più debole e malleabile in vista dei delicati incontri che l’aspettavano?», si domanda Paolo Mastrolilli, che non è propriamente uno alle prime armi. Eppure, il nostro evoca trame e cospirazioni in cucina, degne di una spy story.

Peccato che a capeggiare queste vere e proprie “teorie del complotto” siano quei media mainstream (da Il Giornale a Huffpost) che usano l’accusa di complottismo come uno stigma per criminalizzare qualunque voce critica o divergente rispetto alla narrazione del pensiero unico. Ma che, a corrente alternata, abbracciano le speculazioni più assurde, grottesche, azzardate e persino paranoiche, quando serve per alimentare la loro narrativa preconfezionata e avallare la propaganda dei padroni delle idee.

[di Enrica Perucchietti]

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