La Camera dei Lord di Londra ha approvato la nuova legge sull’immigrazione, fortemente voluta dal premier Rishi Sunak e ritenuta fondamentale per governare i massicci flussi migratori che si sono riversati sulla Gran Bretagna negli ultimi anni: nel 2022 oltre 45.000 migranti hanno tentato di oltrepassare il canale della Manica su piccole imbarcazioni e dall’inizio del 2023 ne sono approdati sulle coste inglesi circa 13.000. Esprimendosi a favore della Brexit gli inglesi hanno implicitamente espresso la loro volontà per un maggiore e più rigido controllo dei confini. Tuttavia, la legge presenta degli aspetti molto controversi per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani: per questo è stata criticata non solo dall’Onu, ma anche da importanti personalità politiche e religiose del Regno Unito, in quanto abolisce i canali di accesso alle procedure di asilo e vieta la possibilità di presentare domanda di protezione internazionale, a prescindere dalla gravità delle circostanze personali.
In buona sostanza, chiunque arriverà in Gran Bretagna in modo illegale non potrà fare richiesta d’asilo, ma sarà trattenuto dal ministero degli Interni in attesa di rimpatrio o di trasferimento in un Paese terzo considerato “sicuro”. Ed è proprio questo uno degli aspetti più controversi della legge: già nel 2022, l’ex primo ministro inglese, Boris Johnson, aveva siglato un accordo con il Ruanda – considerato Paese sicuro – per l’accoglienza o il rimpatrio di migliaia di richiedenti asilo in cambio di una somma di 120 milioni di sterline (circa 140 milioni di euro). L’accordo è stato definito illegale da una sentenza della Corte d’Appello di Londra, contro cui il governo inglese ha già previsto un ricorso. Molto discussa è anche la disposizione di un’imbarcazione detentiva collocata nelle acque costiere di Portland e destinata a trattenere fino a 500 richiedenti asilo a partire dai prossimi giorni. Si tratta di una sorta di nave caserma costituita da centinaia di unità abitative. A causa della rigidità delle misure adottate, il testo approvato dalla Camera è già stato sottoposto a numerosi emendamenti, tra cui la limitazione alla detenzione dei bambini e forme di protezione contro la schiavitù moderna.
Immediate sono state le critiche dell’Onu, secondo cui il testo votato «è in contraddizione» con gli obblighi del Regno Unito in materia di diritto internazionale relativo ai diritti umani e ai rifugiati: lo hanno sostenuto l’Alto commissario per i diritti umani, Volker Turk, e il collega per i Rifugiati, Filippo Grandi. Critiche sono arrivate anche dall’ex premier Theresa May, da diverse ONG e dal capo della Chiesa anglicana, l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby: «Non vedo come questa legge permetterà di fermare i barconi dei migranti. Non ho sentito nulla che mi abbia convinto», ha detto Welby durante i dibattiti parlamentari. L’Ong “Refugee Council” ha definito la legge come «un giorno buio per la reputazione del Regno Unito».
Per diventare legge ed essere attuato, il provvedimento necessita della firma di Re Carlo III che viene comunque considerata una formalità: il Regno Unito ha, dunque, intrapreso ufficialmente la linea dura contro l’immigrazione illegale, grazie all’indipendenza politica guadagnata con l’uscita dall’Unione europea, che mette ben in evidenza, peraltro, la differenza con quanto accade a livello continentale, dove l’Ue stenta a governare i confini. Tuttavia, ciò non dovrebbe porre in ombra l’importante tema del rispetto della dignità umana che la legge rischia di calpestare facendo fatica a conciliare difesa dei confini e salvaguardia dei diritti umani.
[di Giorgia Audiello]