L’azienda Fable ha rivelato al mondo Showrunner, un’applicazione d’intelligenza artificiale che tramite pochi semplici comandi riesce a creare integralmente l’episodio di un programma televisivo. Qualche click, una linea di testo e la macchina riesce a creare dal nulla un’intera puntata del dissacrante cartoon South Park, un traguardo notevole che solleva però un’infinità di problematiche, ancor più considerando che gli autori delle serie sono attualmente coinvolti in un feroce sciopero atto a tutelare il loro lavoro anche dall’avvento delle IA.
Le strade di Hollywood ospitano infatti da mesi le manifestazioni dei creativi, tuttavia gli attriti con la classe dirigente non accennano in alcun modo a placarsi. Recentemente si è unito alle proteste anche il sindacato degli attori e gli Studios sono più che mai nelle condizioni di vedere arenate le produzioni di lungometraggi e telefilm, ma anche dei popolarissimi programmi serali d’intrattenimento. Autori e attori hanno presentato molteplici rivendicazioni, ma i punti su cui si sta dimostrando impossibile trovare un compromesso sono due: la retribuzione degli introiti residuali dello streaming e l’introduzione di tutele che frenino sul nascere l’applicazione di alcune forme di intelligenza artificiale.
Le Big di Hollywood non vogliono rinegoziare le modalità di contratto, ancora legate alla distribuzione fisica, e mirano ad assicurarsi che le IA possano rappresentare una concreta soluzione alternativa all’uso di personale umano. Le tensioni sono ulteriormente enfatizzate dal fatto che alcuni dirigenti di Hollywood hanno ammesso di voler vincere il confronto impoverendo lentamente i manifestanti e che gli Studios siano accusati di aver potato illegalmente gli alberi davanti ai loro uffici al fine di esporre i contestatori alla calura estiva.
In questo clima tanto rovente, Showrunner si è dunque presentato con la caratteristica delicatezza di una ginocchiata al basso inguine. Il CEO di Fable, quel Edward Saatchi “erede” della potentissima azienda pubblicitaria Saatchi & Saatchi, ha promesso che la destinazione d’uso dello strumento sia esclusivamente riservata a contesti non commerciali, che il modello sia stato pensato per offrire nuovi strumenti ai fan che vogliono immergersi maggiormente nei prodotti di intrattenimento. I più cinici non mancano di far notare che le intenzioni no-profit delle startup abbiano la tendenza a modificarsi non appena vengono sottoposte a un adeguato incentivo finanziario.
In tal senso, il passato di Fable non si dimostra necessariamente garanzia di nobili intenti. L’azienda ha compiuto i suoi primi passi al fianco di Meta operando nel campo della realtà virtuale, quindi è defluita verso il frangente IA non appena le tendenze del Mercato hanno diverto la loro attenzione verso l’ultimissima promessa del settore tecnologico. Anche ammesso che Showrunner sia effettivamente confinato a un frangente innocente, i dubbi etici e legali rimangono comunque ben evidenti: basti pensare che i proprietari del brand di South Park non sembrano essere stati in alcun modo coinvolti nel progetto e che la loro proprietà intellettuale sia pertanto stata usata senza riceverne il consenso.
Stando alla mission aziendale di Fable, l’obiettivo finale di Saatchi non sarebbe però quello di garantire a Hollywood un’alternativa meccanica ai lavoratori umani, bensì quello di creare un metaverso che sia abitato da avatar programmati da fan e utenti, uno stratagemma che dovrebbe essere a sua volta utile a sviluppare una nuova forma di IA più vicina a quella intelligenza artificiale generale che popola da decenni i racconti di fantascienza.
[di Walter Ferri]
La questione della ripetitività delle storie, a proposito dei racconti fiabeschi, era stata teorizzata da Vladimir Ja. Propp nella sua fondamentale Morfologia della fiaba, 1928.
Non vedo l’ora che l’intelligenza artificiale cominci proporre film individualizzati ad ogni singolo spettatore, invece delle stupidità attuali.