Si è svolta ieri alla Farnesina quella che può essere considerata una conferenza chiave sul tema e la gestione a medio-lungo termine del fenomeno migratorio specialmente nell’area del Mediterraneo: la Conferenza di Roma, organizzata su iniziativa della presidente italiana, Giorgia Meloni, si può considerare l’inizio dell’attuazione concreta del cosiddetto piano Mattei che ha come obiettivo principale lo sviluppo multidimensionale delle nazioni africane per combattere la povertà e di conseguenza le migrazioni di massa. Prima dell’inizio dei lavori, la premier Giorgia Meloni ha incontrato il presidente tunisino, Kaïs Saïed: la Tunisia – come la Libia – è infatti un attore e un partner fondamentale per l’attuazione e la riuscita del piano. Proprio la scorsa settimana, l’Ue ha firmato un memorandum d’intesa con Tunisi che prevede 105 milioni di euro di aiuti europei volti a contenere le partenze e a combattere i trafficanti. Assenti alla conferenza internazionale, invece, Francia e Spagna che pure erano state invitate ai lavori. Parigi si è giustificata dicendo che non è un Paese di primo approdo.
All’evento – dove erano presenti i capi di quasi tutti gli Stati della sponda sud del Mediterraneo allargato, del Medio Oriente e del Golfo, gli Stati Ue di primo approdo e alcuni partner del Sahel e del Corno d’Africa, oltre ai vertici delle Istituzioni europee e delle Istituzioni finanziarie internazionali – Meloni ha spiegato che i pilastri su cui si deve lavorare per porre fine agli esodi dal continente nero, e non solo, sono «il contrasto all’immigrazione illegale; il governo dei flussi legali di migrazione; il sostegno ai profughi e ai rifugiati e, soprattutto, la cosa più importante di tutte, perché altrimenti tutto quello che facciamo sarà insufficiente, una cooperazione ad ampio raggio per sostenere lo sviluppo in Africa e più in generale nei Paesi di provenienza delle rotte dei migranti, affrontando alle radici le cause profonde delle grandi migrazioni».
Un piano ambizioso, dunque, che promette di risolvere alla base i problemi che affliggono l’Africa e che, in maggioranza, sono stati causati proprio dalle politiche neocoloniali occidentali e dalle politiche economiche predatorie condotte dall’FMI e, in misura minore, dalla Banca Mondiale. Risulta paradossale quindi che a un vertice organizzato per risollevare le sorti del continente nero prendano parte proprio quelle istituzioni che hanno contribuito alla sua devastazione. Ma nei piani di Meloni, almeno sulla carta, c’è un cambio radicale nell’atteggiamento da tenere verso gli Stati africani: un atteggiamento non più paternalistico e di superiorità, ma di parità e collaborazione. Per favorire la crescita del continente africano, il programma dei Paesi che hanno preso parte al vertice, e in particolare dell’Italia, si muove lungo tre direttrici: il contrasto agli scafisti, il partenariato con i Paesi di provenienza dei profughi e un fondo comune da destinare allo sviluppo delle economie del continente.
La premier ha sottolineato che il partenariato deve «essere paritario, non predatorio, multidimensionale, di lungo periodo», anche perché tra Italia e Mediterraneo allargato «vi sono interessi che alla prova dei fatti sono molto più convergenti di quanto noi stessi a volte riconosciamo». L’attenzione è stata poi spostata alla questione dei trafficanti di esseri umani che speculano sulla pelle dei più deboli e disperati. Da qui, l’idea di una collaborazione delle forze di polizia degli stati europei e africani per contrastare la malavita: «io penso che la nostra priorità dovrebbe essere quella di rafforzare la collaborazione operativa tra le nostre forze di polizia, le autorità giudiziarie dei differenti Stati, l’impegno a perseguire i trafficanti di esseri umani, di aggiornare le legislazioni quando fossero carenti […]», ha affermato la presidente del Consiglio.
La novità più importante riguarda l’istituzione di un fondo per lo sviluppo che prevede che la sua gestione e il suo utilizzo vengano decisi con il contributo fondamentale dei Paesi che ne utilizzeranno le risorse. Un cambio sostanziale rispetto alle dinamiche dell’FMI che concede prestiti in cambio di riforme strutturali e diktat, a volte anche politici, imposti dagli Stati “ricchi”, senza tenere alcun conto della loro volontà. Tuttavia, non si conoscono ancora le modalità con cui verranno erogati questi fondi, se saranno trasferimenti o prestiti e, soprattutto, a quanto ammonterà la cifra del fondo. Per questo, è prevista come seconda tappa ad ottobre una conferenza dei donatori che istituirà il fondo per la cooperazione in Africa, finanziato soprattutto dai Paesi del Golfo. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha spiegato che la questione africana va affrontata attraverso una strategia di investimenti ampia, con impegni concreti e «occhio da amico e non da colonizzatore». «Non si vuole essere predatori dell’Africa, nessuno deve morire nel deserto né ci si può limitare ad operazioni di polizia. Il piano Mattei è un elemento importante, ma serve un piano di finanziamenti che si allarghi all’Ue, ai paesi del Golfo, e magari alla Turchia e agli Usa», ha asserito.
Da parte sua, il presidente tunisino Kais Saied ha espresso apprezzamento per l’iniziativa affermando che «Tunisia e Italia hanno un futuro in comune». Ha anche aggiunto che il traffico di esseri umani ha un giro di affari di 150 miliardi di dollari annui e, se da una parte, nega le riforme che servono a sbloccare i prestiti dell’FMI e dell’Ue, sottraendosi alle dinamiche ricattatorie proprie delle istituzioni occidentali, dall’altra assicura che «Non accetteremo che la Tunisia sia un corridoio o un luogo di insediamento per gli immigrati». A fare da sfondo alle parole di Saied rimane evidente la richiesta di avere soldi in cambio di fare da guardia alle frontiere esterne d’Europa, come già avviene con Turchia e Libia, mentre nel suo Paese ha di fatto fomentato il risentimento contro i migranti al fine di alzare la tensione.
Il “processo di Roma” mira a far convergere gli interessi delle due sponde del mediterraneo imbarcandosi nell’impresa colossale di modificare gli equilibri interni e il sistema degli Stati africani al fine di arginare il fenomeno di povertà estrema che li affligge e – perché no – contrastare l’avanzata di Cina e Russia nel continente. Ma fare ciò significa anche denunciare e contrastare le politiche di sfruttamento neocoloniale ancora oggi messe in atto da molti stati occidentali e dalle istituzioni finanziarie nel Continente. Un processo che, se realmente perseguito, richiederà comunque decenni, durante i quali l’Europa – e in particolare gli Stati mediterranei – continuerà a pagare le conseguenze delle politiche predatorie e delle azioni geopolitiche dissennate attuate nel continente africano dagli USA e dai Paesi della stessa Ue, a partire dalla guerra in Libia del 2011 che ha scoperchiato un vero e proprio “vaso di pandora”.
[di Giorgia Audiello]
Il recente guadagno di rispetto ed ammirazione dei Paesi africani nei confronti di Putin per l ‘annullamento del loro debito e la fornitura gratuita di grano, destituisce di ogni fondamento reale l’ esecuzione, comunque tardiva, di soluzioni alternative originate dai nemici del loro salvatore. Tajani si informi attraverso i suoi ambasciatori: tutta l’Africa dal 2022 sta chiedendo con una sola voce “Perché aiutate il regime nazista ucraino?” insieme a ” sono gli Stati Uniti ad aver scatenato questa guerra, solo Voi dite il contrario”. Addio Occidente suicida.
Ma veramente Meloni pensa di mettersi contro la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, la WTO, le multinazionali dell’agroindustria e le loro coltivazioni intensive e il loro land grabbing, le industrie estrattive le loro concessioni per l’estrazione dei minerali rari necessari alla tecnologia, ecc ecc? Se tutto va bene, e sono sincero, potranno contrastare il traffico di migranti e realizzare qualche progetto di sviluppo in più per prevenire qualche partenza. L’economia degli Stati africani e’in mano a governanti corrotti che lasciano le multinazionali sfruttare le loro risorse in cambio di soldi da mettersi in tasca loro.
Spero persino la Meloni venga ispirata a nominare Prodi Commissario con portafoglio, a creare le Università paritarie tra Europa e paesi Mediterranei iniziando tra Italia e Egitto e Israele, ci arriveremo per forza e chi prima arriva meglio alloggia.