«Ho una bellissima notizia da darvi: Chico Forti tornerà in Italia», lo annunciava il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, il 23 dicembre 2020: «L’ho appena comunicato alla famiglia e ho informato il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio. Il Governatore della Florida ha infatti accolto l’istanza di Chico di avvalersi dei benefici previsti dalla Convenzione di Strasburgo e di essere trasferito in Italia». Sono passati quasi tre anni e, del rientro in patria dell’italiano condannato all’ergastolo negli USA in un processo pieno di ombre, non si sa più nulla. La premier Giorgia Meloni, fresca d’incontro col presidente americano, non ha sollevato la questione, almeno stando a quanto riportato dalla sintesi dell’incontro riportata da palazzo Chigi. Nel frattempo Chico Forti ha inviato una lettera in Italia, non disperata o rassegnata come si potrebbe pensare, ma che trasuda determinazione e voglia di vivere, nonostante i 23 anni passati da detenuto nelle carceri della Florida.
Quel 23 dicembre 2020, con l’annuncio di Di Maio, sembrava la fine di un calvario per Forti iniziato 22 anni prima. È il 1992 quando il giovane italiano si trasferisce nella Miami anni ’90 in cerca di fortuna. Tra produzioni tv e investimenti nell’immobiliare, gli affari sembrano andare a gonfie vele, o perlomeno, fintanto che non subentra la figura di Thomas Knott. Quest’ultimo – truffatore tedesco reinventatosi affarista immobiliare negli USA – riesce ad entrare nelle cerchie più strette di Chico, trascinandolo in giri non cristallini. Uno su tutti, quello riguardante l’acquisizione del Pykes Hotel di Ibiza, proprietà in declino di Anthony Pike, ma particolarmente in voga negli anni ’80 per l’organizzazione di feste a base di sesso, droga ed ospiti d’eccezione.
L’idea dunque, è quella di ottenere le quote dell’immobile per poi far rifiorire la struttura. L’affare sembra ottimo e Forti versa una caparra di 25mila dollari per fermare l’acquisto. Tony tuttavia non è in ottima forma ed il figlio Dale decide di raggiungere l’italiano a Miami per vederci più chiaro sull’affare in corso. Il 15 febbraio 1998 quindi, Chico va a prendere Dale all’aeroporto e quella sera, secondo la versione ufficiale, sarà l’ultima persona che lo vedrà in vita. La mattina seguente il corpo di Dale Pyke viene rinvenuto a Sewer Beach con due colpi di pistola calibro 22 in fronte. La polizia di Miami non ha dubbi: Chico Forti si è voluto liberare del figlio dell’albergatore. Da qui in poi, per Chico sarà un susseguirsi di fatti a dir poco sconcertanti, stando alla versione denunciata: interrogatori senza registrazioni video e senza la presenza di un avvocato, trascrizioni degli stessi effettuate mesi dopo la loro reale avvenuta, controlli errati dei tabulati telefonici ed un’arma del delitto sparita. In tutto questo caos, un’unica cosa è certa: dal 2000 (e nel 2010 in via definitiva), Chico Forti è condannato all’ergastolo.
Le ombre sul processo sono decine e continuano ad allungarsi, come dopo la dichiarazione di uno dei 12 membri della giuria popolare che ha definito – in una dichiarazione rilasciata a Le Iene – il processo «una cazzata», dichiarando di «essere stata bullizzata dagli altri giurati perché credevo che ci fosse un ragionevole dubbio sulla colpevolezza».
Tuttavia, a questo punto, non è nemmeno fondamentale discutere della presunta innocenza o meno di Chico Forti, né delle ombre del processo (l’intero nastro della vicenda giudiziaria, per chi vuole approfondire, lo abbiamo già riavvolto su L’Indipendente in un lungo articolo). Il processo mediatico a Forti è stato spesso utilizzato come specchietto per le allodole da salotti televisivi e teatrini politici in una sorta di arma di distrazione popolare. Perché il tema sul quale il governo italiano dovrebbe esigere risposte da quello americano non è la colpevolezza o meno di Forti, ma il rispetto del suo diritto a scontare la pena in Italia: come previsto dalle leggi internazionali ed in particolare dalla Convenzione di Strasburgo, e come annunciato dall’ex governo italiano ormai tre anni fa.
Perché dopo il grande annuncio in pompa magna, di Chico Forti non se ne è più sentito parlare. Nemmeno pochi giorni fa, quando il 27 luglio Giorgia Meloni si è recata con un volo diplomatico negli Stati Uniti per rinsaldare l’asse Roma-Whashington. Su quell’aereo pertanto, non è stato imbarcato il dossier Forti. Stando ai resoconti governativi difatti, né negli incontri della mattina a Capitol Hill, né nel colloquio del pomeriggio con il presidente Joe Biden, la premier italiana sembra aver mai menzionato il nome di Enrico Forti, al contrario di quanto fece Hillary Clinton sul caso di Amanda Knox.
Nel frattempo Chico Forti continua ad attendere al “Dade Correctional Institution” e pochi giorni fa è tornato a far sentire la sua voce con una lettera al quotidiano Libero. «Questi 23 anni li ho vissuti in una dimensione surreale, un po’ sogno, un po’ trance. Ad occhi aperti vedo scorrere la mia vita, incapace d’alterarne il corso. Una vita dove l’unica inalienabile libertà (assolutamente apprezzata, per carità) è poter utilizzare la mente, fortunatamente ancora lucida, poter esprimere per iscritto i miei pensieri “chainless”, ovvero liberi da catene», prima di raccontare come si tiene occupato e ottimista, concentrandosi sulla sua attività di educatore cinofilo (che, pur con difficoltà, gli viene permessa in carcere) e sulla lotta per il suo rimpatrio.
[di Riccardo Ongaro]
Ho guardato il video suggerito da carlonike e comparando le due campane (esprimo la mia opinione) direi che le prove a carico di Forti non sono sufficienti (bugie e sabbia) per condannarlo oltre ogni ragionevole dubbio ma devo anche ammettere che i comportamenti di Forti sono tutt’altro che limpidi e lasciano la porta aperta al dubbio. Una sensazione di colpevolezza è comprensibile ma non è sufficiente per condannare un uomo all’ergastolo.
Oltre che le bugie e la sabbia c’è anche che aveva comprato la pistola compatibile con quella usata per l’omicidio, che il suo cellulare aveva agganciato le antenne nei pressi del luogo dell’omicidio proprio all’ora dell’omicidio, le continue ritrattazioni e tentato di incriminare persone innocenti, il movente! Insomma c’è veramente tanto per condannare un uomo all’ergastolo virgola non solo un po di sabbia e qualche bugia.
Il caso è molto ambiguo infatti, per questo è bene mantenere un certo equilibrio e una certa lucidità nei giudizi, cosa che, come abbiamo visto anche qui nei commenti, purtroppo non succede. Volendo citare un’altro punto piuttosto ambiguo andrebbe menzionata proprio la pistola, l’arma del delitto. Coincide con la stessa pistola che, a detta di Forti, è stata comprata da lui ma per conto di Knott. Ora, volendo ammettere che a uccidere Pyke jr siano stati proprio Knott e il suo stesso padre in combutta, cosa già di per se abbastanza strana e senza alcun movente coerente, perchè non far ritrovare la pistola che era proprio stata comprata da Forti, se il fine ultimo era quello di incastrarlo? O dobbiamo credere che Pyke jr sia stato ucciso in altre circostanze completamente slegate dai fatti in cui Forti era coinvolto, casualmente con una pistola come la sua e casualmente in un punto dove lui si trovava in un orario compatibile con l’omicidio? Tutto questo tralasciando appunto le conclamate menzogne e cambi di versione dello stesso Forti. Insomma difficile pensare che non ci sia come minimo un suo coinvolgimento dietro questa storia.
Per capire fino in fondo il caso di Forti consiglio di cercare su youtube il video di Andrea Lombardi dal titolo “l’assassino che ci ha ingannati per vent’anni”. Io sono da Trento proprio come Forti e ho sempre sentito parlare di questa storia, però da una campana sola… ascoltando anche l’altra mi sono convinto che ci hanno mentito.
Sono un vostro fedele lettore, il vostro giornale è molto serio ma questa volta siete scivolati su una bella buccia di banana, ripetendo le filastrocche del mainstream in merito al caso Chico Forti. Già citare le Iene come possibile fonte affidabile è tutto dire. Vi invito a leggere gli atti originali del processo invece di riportare sciocchezze, perchè il nostro caro connazionale ha mentito spudoratamente più volte e ci sono diverse prove contro di lui. Dal vostro articolo appare scontato che Chico Forti sia innocente e che sia stato vittima di una qualche macchinazione giudiziaria. Quale sarebbe il motivo di queto trattamento? Il suo ridicolo documentario su Versace che lui definisce “scottante”? Chico Forti è un faccendiere e bugiardo e a giudicare dalle prove processuali ci sono pochi dubbi sulla sua colpevolezza. Di certo la sua teoria, quella che sia stato perseguitato per le accusse mosse alla polizia di Miami nel suo documentario, è una barzelletta. Vi invito a vedere il documentario in questione per farvi un idea più chiara del soggetto in questione. Invito il signor Ongaro, autore dell’articolo, ad informarsi meglio e da più fonti, non di sentire solo le campane italiane.
Buongiorno Mauro, grazie per l’opinione. Sul caso abbiamo sottolineato alcune delle circostanze controverse del processo (in verità raccolte in maniera più organica in questo altro articolo: https://www.lindipendente.online/2023/01/08/il-caso-di-chico-forti-da-23-anni-rinchiuso-negli-usa-per-sensazione-di-colpevolezza/). Per quanto riguarda “citare le Iene come fonte affidabile”, non è quello che abbiamo fatto: abbiamo citato una dichiarazione di una delle giurate del processo, che è cosa diversa: naturalmente le dichiarazioni di una giurata non fanno una prova – nemmeno giornalistica – ma sono certamente rilevanti. Per il resto il passaggio di questo articolo che riassume il motivo per il quale ne parliamo è questo: “non è nemmeno fondamentale discutere della presunta innocenza o meno di Chico Forti […] il tema sul quale il governo italiano dovrebbe esigere risposte da quello americano non è la colpevolezza o meno di Forti, ma il rispetto del suo diritto a scontare la pena in Italia: come previsto dalle leggi internazionali ed in particolare dalla Convenzione di Strasburgo”. Per come la vedo i processi mediatici, innocenti o colpevolisti che siano, lasciano sempre il tempo che trovano, ma la sua richiesta di scontare la pena in Italia è basata sul diritto.
Un saluto, Andrea Legni
Caro Direttore, grazie per la risposta, è sempre un piacere avere la possibilità di confrontarsi, specie in un epoca disgraziata per la libertà di espressione e per il giornalismo come quella attuale. Il mio riferimento alle Iene è dovuto al fatto che dal link dell’articolo, quello che avrebbe dovuto aprire la pagina che ha citato nella risposta al mio commento, si accede proprio alla pagina del sito delle Iene col servizio sul caso Forti. E credo sia un lapsus Freudiano dell’autore, che infatti riporta presunti elementi a favore di Forti presenti per l’appunto in quel servizio. Inclusa la dichiarazione fatta da un giurato a distanza di forse venti anni o più, che francamente lascia il tempo che trova, considerando la nota attitudine alla becera spettacolarizzazione sia delle Iene che degli americani. E in effetti, tornando all’articolo, è abbastanza palese che chi scrive voglia portare acqua al mulino degli innocentisti, tant’è che si parla solo dei presunti torti subiti dal nostro connazionale e non si fa cenno minimamente alle molte prove, o anche queste presunte tali se vogliamo, che lo inchiodano come colpevole. A mio avviso sarebbe stato meglio mantenere un approccio più equilibrato sulla faccenda, come normalmente fate con le altre notizie. Capisco il discorso del diritto di scontare la pena in Italia, ma francamente se tornasse in Italia verrebbe probabilmente graziato o comunque uscirebbe di galera dopo poco tempo. E se, come la giustizia Americana ha sentenziato, Forti fosse realmente un losco faccendiere che ha commesso un goffo omicidio per agevolare i propri interessi? Sarebbe giusto farlo andare in giro a piede libero nel nostro Bel Paese? Per fare un esempio più o meno simile, di Amanda Knox spesso si parla come di una colpevole che l’ha fatta franca, nonostante anche in quel caso ci sia una sentenza, molto discutibile per quanto mi riguarda, che dice il contrario. Concludo dicendo, considerando l’ormai consolidata posizione di totale sottomissione del nostro paese nei confronti gli Stati Uniti, credo sia inverosimile che qualcuno dei nostri governanti possa andare a disturbare il “padrone” per un fatto simile.
Aggiungo che non ho ancora letto interamente l’articolo che mi ha proposto dove viene analizzato il caso Forti, ma da una rapida occhiata che ho dato adesso noto già che vengono spacciati per verità assodate fatti che in realtà sono stati raccontati da Forti stesso e di cui non esiste prova certa. Ad esempio si da per assodato che sia stato vittima di un raggiro da parte di Knott e Pyke, definiti “il gatto e la volpe” o “la premiata coppia”. O si da per certo che la vittima sia stata lasciata al Rusty Pelican, cosa tutt’altro che verificata. Sono solo due esempi ma il tono dell’articolo mi sembra smaccatamente di parte e sono certo che ci saranno molte altre cose omesse ad hoc, ed altre aggiunte ad hoc. Il fatto stesso di citare Sacco e Vanzetti come paragone mi sembra piuttosto fuoriluogo data l’ambiguità del caso. Mi riservo il diritto di leggerlo interamente ma rinnovo di nuovo l’invito a mantenere un approccio più equidistante da una storia che è tutto fuorchè un palese caso di ingiustizia verso un nostro connazionale. In realtà ci sono molti punti oscuri nella vicenda e nella figura di Chico Forti, un personaggio che si tende erroneamente a “beatificare” a priori per solidarietà patriottica.
Eccolo il classico italiota medio, quando si palesano evidenti limiti cognitivi e culturali si ricorre all’offesa. Non ha neanche idea di cosa sia l’analfabetismo funzionale, si riveda anche il concetto di analfabetismo classico che forse è più pertinente al suo caso. In ogni caso la segnalerò per far rimuovere il suo inutile e offensivo commento.