martedì 3 Dicembre 2024

In una Val di Susa sempre più militarizzata non si ferma la lotta contro la TAV

Nella giornata di domenica diverse centinaia di militanti No TAV si sono ritrovati in corteo, nell’ambito del Festival Alta Felicità che si stava svolgendo a Venaus, per dirigersi verso i cantieri della Val di Susa e ribadire l’intenzione di lottare contro la realizzazione del Treno ad Alta Velocità. La “passeggiata di lotta” aveva come destinazione i cantieri di San Didero e di Chiomonte, i punti nei quali al momento si stanno svolgendo i lavori principali per la realizzazione dell’opera. Giunti sul posto, i manifestanti hanno proceduto con la battitura dei cancelli in segno di protesta e la rimozione di alcuni metri di concertina. È seguito il lancio di qualche petardo, al quale le forze dell’ordine hanno prontamente risposto con idranti e lacrimogeni. La dinamica costituisce ormai una prassi della lotta in val di Susa, dove la risposta repressiva dello Stato si fa sentire tanto sul terreno quanto nelle aule dei tribunali.

La militarizzazione della Val di Susa per la protezione a tutti i costi (letteralmente) dei cantieri della TAV, anche di quelli fermi, cresce di anno in anno. Informazioni più precise al riguardo giungono proprio dalle aule del tribunale di Torino, dove diversi militanti No TAV afferenti al centro sociale Askatasuna si sono trovati coinvolti in un processo per associazione a delinquere. È lo stesso vicedirettore generale di Telt (la società incaricata della realizzazione dello spezzone transfrontaliero della grande opera), Maurizio Bufalini, testimone al processo contro Askatasuna, a rivelare come solamente per militarizzare il cantiere siano stati necessari 30 milioni di euro. A questi si aggiungono le spese per il dispiegamento di un numero di forze dell’ordine che va dai 180 ai 200 mila agenti all’anno, con una punta di 261 mila nel solo 2021. Proprio nell’ambito del processo Askatasuna, inoltre, i ministeri dell’Interno e della Difesa si sono costituiti parte civile in quanto l’uso esteso di lacrimogeni avrebbe causato danni alla salute delle forze dell’ordine, facendo quindi implicita ammissione della pericolosità degli strumenti di repressione impiegati contro i manifestanti. Nonostante ciò, idranti e lacrimogeni (combinazione peraltro altamente pericolosa) costituiscono una prassi nel tentativo di soppressione delle proteste No TAV.

Tuttavia, i tentativi dello Stato di fermare il Movimento e l’opposizione alla grande opera non sono serviti, fino ad ora. In una forte critica alla maniera in cui gli episodi di ieri sono stati descritti sui principali giornali mainstream, il Movimento commenta che “restituire la potenza di questa giornata di lotta e di questi giorni di festival implicherebbe assumere che il Movimento No Tav, nonostante i continui attacchi, sia vivo, determinato e capace di puntare sempre più in alto”.

[di Valeria Casolaro]

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1 commento

  1. Che bello stato di merda dove ad essere tutelate sono le inutili e insulse opere pubbliche fatte passare per indispensabili ,e invece i cittadini son distrattamente, picchiate per manifestare pacificamente,veramente uno stato di merda

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