La Procura di Trento ha messo sotto sequestro preventivo un’area del cantiere del bypass ferroviario del capoluogo, bloccando parzialmente i lavori. Nello specifico, si tratta di un appezzamento di terreno che dalla fine dello Scalo Filzi di estende per 300 metri verso Nord, fino a 50 metri oltre il sovrappasso di Nassiryia. Da tempo le associazioni di attivisti No Tav denunciavano che quei terreni, sui quali erano già entrati in azione gli escavatori, non fossero stati sottoposti ad analisi accurate, arrivando a presentare un esposto in Procura. Nei giorni scorsi, su indicazione dei pm, i carabinieri del Noe e i tecnici dell’Agenzia provinciale per la protezione dell’ambiente (Appa) hanno svolto alcuni carotaggi nel terreno, facendo emergere la presenza nel sottosuolo, a 14 metri di profondità, di alcuni oli pesanti. Di qui la decisione dei magistrati di provvedere al sequestro cautelare e di aprire un’inchiesta per disastro ambientale. Per adesso, risulta iscritto nel registro degli indagati un dirigente di Rete Ferroviaria Italiana – azienda pubblica responsabile della progettazione dell’opera – che non avrebbe comunicato alle autorità il ritrovamento di sostanze inquinanti nell’ambito del cantiere ferroviario.
Il progetto del bypass ferroviario per l’attraversamento verso il Brennero del traffico merci, che negli scorsi mesi abbiamo dettagliatamente analizzato sull’Indipendente, è destinatario di ingenti finanziamenti collegati al Pnrr e al Decreto Aiuti Ter. L’appalto è stato vinto dal consorzio Tridentum e il costo complessivo dell’opera ammonta a 1 miliardo e 178 milioni di euro. La fine dei lavori è formalmente prevista per giugno 2026, pena la restituzione dei soldi all’Europa, ma questo sequestro e l’indagine aperta dei magistrati – che dovrà determinare anche se siano state commesse infrazioni rispetto ai protocolli previsti – potrebbero allungare notevolmente i tempi. Ora si attende la decisione del Gip in merito alla convalida del sequestro, nonché sul possibile obbligo in capo a Rete Ferroviarie Italiane di effettuare un piano di bonifica da presentare ad Appa. Nel frattempo, nella parte del cantiere estranea al sequestro non si è interrotta l’attività degli operai, che lavorano anche alla demolizione di una serie di edifici interessati dalla circonvallazione ferroviaria.
Le sostanze oleose rinvenute costituiscono probabilmente residui inquinati della Carbochimica, una delle due fabbriche che hanno causato l’inquinamento del Sito di interesse nazionale di Trento nord. Rfi, che ha confermato di voler collaborare pienamente con la magistratura, ha dichiarato che “le attività nel cantiere si svolgono nel pieno rispetto di quanto approvato nell’iter autorizzativo e tutte le analisi condotte in tale ambito hanno evidenziato l’assenza di criticità per cittadini e lavoratori”, annunciando che nei prossimi giorni continuerà a presentare “tutta la documentazione utile per supportare e confermare le informazioni già fornite”. «Ho chiesto un momento di confronto con la commissaria Paola Firmi la prossima settimana – ha detto il sindaco Franco Ianeselli, di centrosinistra (favorevole all’opera, esattamente come il governatore leghista Maurizio Fugatti) –, il Comune e Appa hanno sempre chiesto a Rfi un impegno per la caratterizzazione ambientale propedeutico alla realizzazione dell’opera. Il provvedimento della Procura va nella direzione positiva dell’apertura del fascicolo. Non si ferma però il cantiere, c’è tutto il tempo per fare le cose bene». Il sindaco ha aggiunto che, se fossero rinvenute sostanze inquinanti, «si vedrà che bonifica fare a seconda di quello che si trova. Ma i rilievi fatti finora non hanno mostrato criticità gravi».
Sono innumerevoli le associazioni che, da due anni, combattono contro il progetto del bypass ferroviario. L’ultima manifestazione risale allo scorso 9 luglio, quando una cinquantina di manifestanti aveva cercato di fermare le operazioni per la realizzazione dell’opera mettendosi in resistenza passiva nei pressi del cantiere. La polizia, la Guardia di Finanza e i Carabinieri avevano sgomberato le tende in cui i No Tav avevano organizzato il presidio, posizionando barriere metalliche affinché i manifestanti non potessero accedere all’area del cantiere. A margine della notizia del sequestro da parte della Procura, UniAMOci – una delle associazioni più attive nella protesta – ha commentato con soddisfazione: «Festeggiamo il grande risultato del sequestro del cantiere Tav raggiunto grazie allo sforzo comune, riconoscendo il doveroso ringraziamento in primis a chi questa lotta la conduce da tanti anni. L’impegno nonché le mediazioni, le segnalazioni, gli esposti e le denunce presentate da tutti i gruppi e le reti presenti sul territorio, hanno portato ad un primo risultato. Dimostrazione che uniti si è forti, al di là di anacronistiche divisioni politiche superate dall’omologazione dei partiti, tutti allo stesso modo succubi di potentati economici nazionali e transnazionali».
[di Stefano Baudino]