L’Unione europea sta lavorando a un regolamento sul riuso e riciclo degli imballaggi, con l’obiettivo principale di ridurre l’impatto della plastica sull’ambiente. Secondo i piani della Commissione, il 65% di tutti i rifiuti da imballaggio dovrebbe essere riciclato entro il 2025, con gli Stati membri impegnati a ridurre tali rifiuti del 5% entro il 2030. Un primo, seppur timido, tentativo di armonizzare la materia del riuso e riciclo degli imballaggi che rischia di non vedere mai la luce, anche a causa del muro eretto dall’Italia. Al Parlamento europeo – presso la Commissione per l’industria, la ricerca e la scienza (ITRE), la Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori (IMCO) e la Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (AGRI) – sono stati infatti approvati diversi emendamenti che riducono la portata del regolamento. Alle spalle delle modifiche conservatrici ci sono le indicazioni espresse dai gruppi di interesse legati al mondo della plastica, supportati da diversi Paesi membri, tra cui l’Italia.
Presso la Commissione per l’industria, la ricerca e la scienza, l’eurodeputata socialista Patrizia Toia (in forza al Partito Democratico) ha presentato una relazione che, attraverso più di 90 emendamenti, annacqua il disegno di legge comunitario. Tra le altre cose contiene lo stralcio degli obiettivi di riutilizzo per il settore HO.RE.CA (acronimo di hotellerie-restaurant-café), relativo dunque ai contenitori da asporto per alimenti e bevande. Saltato, invece, per tutti i settori l’obiettivo di realizzare entro il 2040 gli imballaggi con il 40% di materiale riutilizzabile. La relazione introduce anche una modifica in termini di competenze: a stabilire i criteri di riciclabilità nei cosiddetti atti delegati non sarà infatti la Commissione europea bensì l’organismo europeo di normazione (CEN), guidato dagli interessi dell’industria e del commercio.
La proposta è stata accettata dalla commissione ITRE con 58 voti favorevoli, 11 contrari e 3 astenuti. A opporsi alla relazione-mannaia sono stati esclusivamente i gruppi di sinistra The Left e Verts/ALE. A favore, invece, tutti gli altri: dai sovranisti di Identità e Democrazia (ID), che comprende i deputati della Lega, all’Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D), sigla a cui ha aderito il Partito Democratico. Nel mezzo ci sono Renew, supportata a livello italiano dal fu Terzo Polo (Azione-Italia Viva), il Partito popolare europeo, comprendente i deputati di Forza Italia, e infine il Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei, la cui presidenza è affidata dal 2020 a Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e attuale presidente del Consiglio. Insomma, a boicottare il regolamento europeo sul riuso e riciclo degli imballaggi è stato tutto l’arco politico italiano. L’ennesima prova di come la forza delle lobby, o gruppi di interesse, prevalga sui partiti, indipendentemente dal loro colore. Un’influenza che in Italia si acuisce con la presenza di una forte industria della plastica, verso i cui interessi si indirizzano le iniziative poste in essere contro il regolamento sul riuso e riciclo degli imballaggi, che avrebbe di certo giovato all’ambiente.
Si tratta ad ogni modo di una presa di posizione priva di lungimiranza, sia per l’industria sia per la politica, poiché diversi Paesi virtuosi hanno intrapreso la strada delle restrizioni in materia di imballaggi, senza aspettare l’intervento europeo. La Germania, ad esempio, richiede dallo scorso anno diversi adempimenti alle ditte esportatrici, comprese quelle italiane. Fare muro per rimandare la soluzione, non intraprendendo la strada della riconversione industriale (con il passaggio verso una produzione più sostenibile), è una scelta che denota una mancanza di visione che alla lunga porterà all’arretramento nei mercati e alla perdita dei profitti.
Secondo le stime di Bruxelles, gli imballaggi rappresentano il 36% dei rifiuti solidi urbani in Europa. Lo stile di vita dei cittadini comunitari ha portato a un consumo pro capite di 180 chili ogni anno (nel 2009 era 149,4 chili). La crescita dei consumi è stata accompagnata dall’aumento produttivo degli imballaggi, anche di quelli inutili o che impiegano materie prime vergini. Basta fare un giro nei supermercati per rendersi conto dell’impatto del packaging sui prodotti che acquistiamo, come nel caso della frutta in buste di plastica monodose: la punta di un iceberg profondo e pericoloso per l’ambiente e la nostra salute. La produzione di plastica richiede l’utilizzo di risorse fossili, contribuendo dunque alle emissioni di gas serra e ai cambiamenti climatici. Durante il processo produttivo vengono poi rilasciate sostanze chimiche nocive, il che comporta inquinamento atmosferico e idrico. La plastica, infine, finisce nei nostri corpi: nel 2022 sono state trovate tracce di microplastiche nel sangue umano, mentre nel 2020 addirittura nella placenta delle donne incinte. Diversi team di ricerca stanno lavorando sugli effetti di una contaminazione così diffusa: i primi studi sperimentali hanno dimostrato che, una volta assorbite, le microplastiche si accumulano nel fegato, nei reni e nell’intestino, provocando stress ossidativo, problemi metabolici, processi infiammatori e danni ai sistemi immunitario e neurologico.
Per quanto riguarda l’iter di approvazione del regolamento europeo sugli imballaggi la palla passa alla Commissione ambiente (ENVI), a cui spetta l’ultima parola sulle modifiche proposte prima di arrivare in plenaria, presumibilmente ad ottobre. «La commissione per l’ambiente e l’intero Parlamento devono respingere questo tentativo irresponsabile di difesa di pratiche di spreco che hanno portato a livelli record di rifiuti di imballaggio e di inquinamento. I decisori dovrebbero resistere alle pressioni dei gruppi di interesse e cogliere questa opportunità per promuovere politiche sugli imballaggi più sostenibili», ha dichiarato Marco Musso, Senior Policy Officer dell’European Environmental Bureau (EEB). Visti i plebisciti ottenuti sulle deroghe, figlie di estesi accordi bipartisan, la strada sembra tuttavia segnata, con buona pace del benessere dei cittadini.
[di Salvatore Toscano]
Non resta che, come sempre, l’educazione, l’intelligenza ed il buon senso del “consumatore” a modificare con forza i comportamenti sbagliati dell’industria e dei suoi lobbysti. Gli imballaggi in plastica, a tenuta stagna, utilizziamoli per i “nostri” rappresentanti…
Sono anni che la litania del “usiamo troppa plastica”, ci riempie i timpani… Che la plastica abbia qualità interessanti per la sua economi e per la sua leggerezza non lo metto indubbio… ma Cavoli almeno la prossima volta che entri al supermercato e trovi la frutta e la verdura avvolte nel cellofan fatti un piacere lasciala lì, a marcire nelle mani della grande distribuzione.