giovedì 21 Novembre 2024

Lo sciopero della fame dei palestinesi detenuti senza processo nelle carceri israeliane

Nel silenzio generale dei media internazionali, è in corso dalla fine di luglio uno sciopero della fame da parte dei prigionieri palestinesi detenuti illegalmente nelle carceri d’occupazione israeliane. Lo ha annunciato lo scorso 8 agosto la Società dei prigionieri palestinesi, rendendo noto che Sultan Khallouf, 42 anni, di Burqin vicino a Jenin, ha intrapreso l’astinenza dal cibo come protesta contro la sua detenzione arbitraria insieme a Kayed Fasfous, in sciopero della fame da dieci giorni, e Saif Hamdan, Osama Khalil, Salah Rabaya e Qusay Khader, tutti in sciopero della fame da 16 giorni. Attualmente sono 14 i prigionieri palestinesi che stanno protestando contro la detenzione amministrativa, ossia una detenzione arbitraria senza accusa né processo dove gli ordini di carcerazione vengono emessi dai militari e approvati dai tribunali militari sulla base di “prove segrete”, negate sia ai detenuti palestinesi che ai loro avvocati. Rilasciati per un massimo di sei mesi alla volta, tali ordini sono rinnovabili a tempo indeterminato. In questo modo, i palestinesi possono trascorrere anni in carcere senza alcuna tutela giuridica, subendo una forma di tortura psicologica che si traduce nel non sapere quando e se cesserà la loro detenzione. A ciò si aggiunge anche l’uso dell’isolamento come ulteriore forma di abuso contro i prigionieri.

Il sei agosto si sono uniti allo sciopero della fame altri due prigionieri: Osama Daqrouq, di Salfit, detenuto dal 13 gennaio 2023 e Yazan Hanaisha, 24 anni, di Qabatiya, vicino Jenin, detenuta da tre mesi. Il 10 agosto, un altro gruppo di sei prigionieri ha preso parte alla rimostranza: Hadi Naji Nazzal, Mohammed Tayseer Zakarneh e Anas Ahmad Kamil, tutti di Qabatiya, vicino a Jenin, detenuti dal maggio 2023; Abdel-Rahman Iyad Baraqa, del campo di Aqabat Jaber vicino a Gerico, detenuto dall’aprile 2023; Mohammed Bassem Ikhmeis, di Beit Ummar vicino al-Khalil, detenuto dal novembre 2022; Zuhdi Talal Abido, di al-Khalil, detenuto dal marzo 2023.  Domenica 13 agosto, il Centro Handala ha annunciato che Munther Khalaf Mufleh, direttore del Centro Handala e membro del Comitato Centrale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), era stato improvvisamente sequestrato dalle forze di occupazione e portato in un luogo sconosciuto. Ciò è avvenuto il giorno dopo che i prigionieri del FPLP hanno continuato le loro proteste, indossando uniformi carcerarie per segnalare la loro disponibilità allo scontro sabato 12 agosto.

Quello della detenzione illegale e arbitraria è solo una delle tante forme di discriminazione e apartheid perpetrate dall’esercito e dal governo israeliano ai danni dei palestinesi: secondo Amnesty International, Israele ha cercato di creare e mantenere un sistema di oppressione e dominio sui palestinesi, le cui componenti chiave sono: la frammentazione territoriale; la segregazione e il controllo; l’espropriazione di terreni e proprietà; la negazione dei diritti economici e sociali, concludendo che questo sistema equivale all’apartheid. Una delle città simbolo di questo sistema di oppressione è Hebron, la città più popolosa della Cisgiordania. Si tratta dell’unico luogo in Cisgiordania in cui gli insediamenti israeliani, colonie considerate illegali dal diritto internazionale, si trovano nel cuore stesso della città, piuttosto che intorno a essa. La città è divisa in due settori: H1, sotto il controllo dell’Autorità Palestinese, dove risiede la maggior parte degli oltre 200.000 abitanti palestinesi, e H2, sotto controllo militare israeliano. In H2 abitano oltre 30000 palestinesi e 800 coloni israeliani. I primi vivono sotto la legge militare, mentre i secondi sono soggetti alla legge civile israeliana. La legge militare prevede limitazioni alla libertà di movimento – solo ai coloni è concesso circolare in autoveicoli e in diverse strade l’accesso è completamente vietato ai palestinesi – così come la chiusura dei negozi palestinesi – oltre 1800 negozi sono stati chiusi – e l’attuazione di misure di coprifuoco. Inoltre, sempre a Hebron, l’esercito israeliano ha installato un sistema d’arma automatica e telecomandata in uno dei tanti checkpoint disposti sul territorio occupato da Israele. Secondo il gruppo attivista palestinese Youths Against Settlements, i palestinesi sarebbero delle cavie per sperimentare il funzionamento di quest’arma telecomandata al fine di verificarne il funzionamento e l’ulteriore sviluppo, per poi essere venduta ad altri Paesi.

Non si ferma comunque la lotta dei palestinesi contro i soprusi dei coloni e del governo israeliano: in particolare, i prigionieri detenuti arbitrariamente chiedono che Wael Jaghoub, esponente del FPLP che è stato trasferito in isolamento a Salmoun il 31 luglio — e poi nuovamente trasferito in isolamento nella prigione di Megiddo il 9 agosto — sia rilasciato insieme ad altri importanti leader del FPLP sottoposti a interrogatorio, tra cui Nader Sadaqa, Hikmat Abdel-Jalil e Ahmad al- Arda.

Attualmente ci sono circa 1132 palestinesi incarcerati senza accusa né processo sotto detenzione amministrativa, su quasi 5.000 prigionieri politici palestinesi. Si tratta del numero più alto in 20 anni, dovuto anche alle dure politiche di apartheid incrementate dal governo di Benjamin Netanyahu, composto da una coalizione di destra a carattere fortemente sionista-religioso.

[di Giorgia Audiello]

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