giovedì 21 Novembre 2024

Vietato esprimersi contro la guerra: l’Ucraina arresta il leader pacifista Sheliazhenko

Agli arresti domiciliari con ritiro del passaporto, obbligo di reperibilità e firma. Questa la decisione presa il 15 agosto dal giudice Sergienko del Tribunale del Distretto di Solomyanskyi di Kyiv nei confronti di Yurii Sheliazhenko, il pacifista ucraino noto per documentare l’esistenza di un grande movimento per la pace in Ucraina. Dovrà rimanere al suo domicilio dalle ore 22 alle 6 del giorno successivo tutti i giorni fino all’11 ottobre e le uniche motivazioni stabilite “valide” per lasciare l’abitazione sono la presenza di bombardamenti aerei in zona e la necessità di ricevere assistenza sanitaria d’emergenza. È stato ritirato anche il passaporto, nonostante il già attivo divieto di lasciare il paese per tutti i maschi tra i 18 e i 60 anni. Yurii Sheliazhenko è un sostenitore gandhiano della pace in Ucraina e nel mondo che ha evidenziato come l’odio e l’animosità spesso portino a considerare nemici coloro che cercano la pace e il dialogo. È anche segretario esecutivo dell’organizzazione chiamata Movimento Pacifista Ucraino, per la quale l’International Peace Bureau ha già annunciato l’intenzione di proposta di candidatura al Premio Nobel per la Pace nel 2024. L’8 agosto il suo appartamento era stato perquisito dai servizi segreti ucraini che, nonostante l’assenza di materiale filorusso, hanno comunque deciso di sequestrare a Yurii telefono e computer. Gli stessi servizi segreti lo hanno portato davanti al giudice Sergienko accusandolo di “giustificare la guerra di aggressione russa”, reato che comporterebbe fino a cinque anni di carcere.

È l’ennesima pagina nera di un libro che sembra non finire mai. È dallo scoppio del conflitto che la libertà di stampa in Ucraina viene minata da leggi e provvedimenti liberticidi. Già dal 20 marzo 2022 un decreto presidenziale ha limitato le attività di 11 partiti politici e ha accorpato i canali televisivi nazionali sotto United News, rete che trasmetteva 24 ore su 24. Nonostante l’assetto si sia poi allentato, a marzo scorso è entrata in vigore una nuova legge sui media già approvata da dicembre che ha assegnato nuovi poteri speciali all’autorità ufficiale di regolamentazione nazionale, la quale ora potrà ammonire, multare, revocare la licenza, sospendere qualsiasi organo d’informazione e bloccare temporaneamente in via extragiudiziale l’accesso a risorse online. Nell’aprile dell’anno scorso un blogger è stato arrestato per aver diffuso contenuti giudicati dalle autorità “anti-patriottici”, rischiando fino a 15 anni di carcere. Sempre in Ucraina, dove vige la coscrizione obbligatoria e dove dal 2015 l’età della leva militare obbligatoria è stata innalzata fino ai 27 anni, è stata promulgata all’inizio di quest’anno una legge che prevede il rafforzamento delle pene del personale militare in caso di diserzione, inosservanza o critiche agli ordini. Inoltre, esistono anche forme non governative di repressione della libertà di espressione come Myrotvorec’, kill list che pubblica informazioni sensibili su coloro che sono ritenuti “un pericolo per la sicurezza nazionale”.

Ma anche in Russia il dissenso sembra essere la prima vittima: solamente nel 2022, secondo Amnesty, sono stati 2.307 i casi di detenzione amministrativa, la quale però rappresenta solamente una delle forme con le quali il governo cerca di reprimere il dissenso. In altri casi si è agito con licenziamenti, intimidazioni, o con l’attribuzione ai critici di guerra dell’etichetta “agenti stranieri”, una formulazione il cui uso è definito da specifiche leggi (come la Legge federale sul controllo dell’attività delle persone sotto influenza straniera) e utilizzata sempre con maggior frequenza in Russia. Roman Dobrokhotov, giornalista russo, ha dichiarato che «La vita in Russia è incompatibile con lo status di “agente straniero”». La censura ha colpito anche il mondo dell’arte, con molti artisti che si sono visti cancellare gli eventi o costretti ad andare in esilio forzato, per timore di come il governo avrebbe potuto reagire alle proprie posizioni contro la guerra.

Il conflitto Russia-Ucraina non fa altro che dimostrare, per l’ennesima volta, come da ambo i lati belligeranti vi sia una forte repressione dei movimenti pacifisti e come in ogni guerra chi cerca di non combattere e di proporre soluzioni di pace venga puntualmente perseguitato e privato delle proprie libertà fondamentali.

[di Roberto Demaio]

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