Gli abitanti della foresta di Akbelen, nel sud-ovest della Turchia, non si arrendono. Si avvinghiano letteralmente agli alberi, nell’intento di proteggerli dal disboscamento che la società turca YK Energy, vicina al Governo, vorrebbe portare a termine. Una terra di circa 780 acri che, se non fosse per l’ostinazione dei cittadini, sarebbe già stata rasa al suolo – come è accaduto negli ultimi 35 anni ad 8 villaggi della zona – per permettere ad una miniera di carbone già esistente di ingrandirsi ancora. Una tenacia che non si è fermata neppure sotto i colpi dei manganelli e dei gas lacrimogeni, strumenti che di cui la gendarmeria turca si è servita nel tentativo di allontanare gli attivisti.
For the last 2 years, brave locals, both young & old, have put their bodies on the line to defend the forest’s century old trees. Now they are being met with batons and tear gas by Turkish gendarmerie who are protecting the interests of the coal industry, and not local people. pic.twitter.com/urRJfoISoY
— Beyond Fossil Fuels (@Beyond_Fossils) July 26, 2023
La resistenza locale dura ormai da molto tempo. Già nel luglio del 2021 gli operatori forestali ingaggiati dalla YK Energy avevano abbattuto 30 alberi, nonostante il primo tribunale amministrativo di Muğla avesse stabilito che nessuno avrebbe potuto procedere con lo sgombero fino alla chiusura definitiva della causa. È da quel momento che la popolazione locale veglia senza sosta sulla foresta, intensificando i controlli a partire dalla fine del 2022, quando una relazione redatta da alcuni esperti nominati dal tribunale ha stabilito che quella di Akbelen poteva essere considerata una foresta idonea all’attività estrattiva. Con conseguente revoca dello stop temporaneo al taglio degli alberi, che la società ha cominciato a buttare giù dal 24 luglio. Data a partire dalla quale gli scontri tra polizia – che ha dispiegato persino i veicoli blindati – e manifestanti si sono intensificati.
Akbelen’de bugün jandarma vekillere ve köylülere müdahale etti. Jop, TOMA, biber gazı ve gaz bombasının kullanıldığı müdahalede onlarca insan etkilendi. #AkbeleneDokunma pic.twitter.com/bfFH2fGjSW
— Ka (@kazimkizil) July 26, 2023
D’altronde la YK Energy sarebbe disposta a tutto: per la società ampliare la miniera di carbone è indispensabile per mantenere in vita le centrali presenti sul territorio – tale materiale fornisce oltre un quarto dell’energia primaria della Turchia e la sua industria genera oltre un terzo dell’elettricità del paese.
«Mentre decine di migliaia di persone in tutta la regione del Mediterraneo fuggono dagli incendi violenti causati dalla crisi climatica, è incomprensibile che un’azienda sia autorizzata a distruggere una foresta – uno dei nostri più importanti serbatoi di carbonio – per espandere una miniera di carbone», ha commentato un attivista. Soprattutto se si tratta di quella di Akbelen, un importante habitat per la riproduzione, la nidificazione e l’approvvigionamento di una grande varietà di specie di uccelli, comprese quelle protette.
Ma, secondo la YK Energy, che rigetta tutte le accuse, il suo impegno «dal 1987 è quello di valorizzare al massimo le risorse locali, che possono aiutare la Turchia a soddisfare la domanda di energia e contribuire all’economia e al benessere. Le nostre attività estrattive rispondono a standard internazionali e si inseriscono nella cornice della visione di sostenibilità dell’azienda».
Gli attivisti, in risposta, hanno lanciato una petizione online, per sottolineare che «siamo stati mandati via dalle nostre case, ci hanno tolto terra e acqua, hanno inquinato l’aria che respiriamo, ci hanno fatto ammalare e morire. Non vogliamo più sacrificare la nostra natura e i nostri spazi vitali e regalare altri anni della nostra vita al carbone. Rivendichiamo il nostro diritto di parlare per il nostro futuro!».
[di Gloria Ferrari]