È passato poco più di un mese dall’uscita dell’attesissimo film Barbie diretto da Greta Gerwig, diventato record d’incassi in poche settimane (circa 162 milioni di dollari solo nel primo fine settimana tra US e Canada) e il mondo si è già tinto di rosa. O meglio, il mondo, grazie all’iconica bambola, attraversa ondate di rosa fin dal 1959, anno in cui è stata immessa sul mercato, diventando molto più di un semplice giocattolo. Quest’anno il film l’ha riportata in auge in grande stile, facendola uscire dalle sale cinematografiche e invadendo il mondo reale di prodotti ispirati al roseo mondo della Barbie. Dalla pagina di Google che cambia colore e lancia stelline fino alla maionese in edizione speciale (rigorosamente pink), passando, ovviamente, dalla moda.
Mentre i marchi del lusso hanno fatto di tutto per vestire la protagonista, Margot Robbie, durante il tour di presentazioni, andando anche a scomodare capi d’archivio di Versace o recuperare la collezione di Moschino disegnata da Jeremy Scott, i marchi del fast-fashion hanno fatto ciò che riesce meglio per andare a intercettare il grande pubblico: offrire in tempo reale collezioni ispirate al film (basti pensare che la pellicola è uscita il 20 luglio, ma la capsule collection di Zara era nei negozi reali e virtuali già dal 17).
Zara, ma non solo: Primark, Bohoo, Asos, Shein, Ovs, Alcott, Kiabi e Gap hanno tutti lanciato le loro collezioni liberamente ispirate all’icona bionda, spingendo l’acceleratore per andare a capitalizzare sul trend “Barbiecore” (di fatto sempre attuale, ma ora più esasperato che mai). T-shirt sulle quali trionfa l’iconico logo a soli 13 euro, orecchini a 5 euro e costumi da bagno a partire da 15 euro; ma anche pigiami, abbigliamento, prodotti di bellezza e per la casa. Anche per lui (perché anche Ken reclama la sua parte).
Niente di nuovo: in fondo è da anni che il merchandising legato a film/serie/cartoni animati ingrassa le casse dei marchi che hanno la vista lunga per sfruttare fenomeni pop e aumentare le vendite, facendo sentire i comuni umani più vicini agli eroi dei film preferiti grazie ad una maglietta o a una tazza stampata. In questo caso, però, il rosa di un empowering di facciata legato alle tematiche trattate nel film si scontra con la realtà produttiva di queste aziende che, di fatto, sottopagano le lavoratrici (la maggioranza sono donne), spesso violandone i diritti. Insomma, lanciare una collezione rosa non aiuta a risolvere il problema. Né quello etico, né tantomeno quello legato alla sovrapproduzione, che continua imperterrita a rilasciare capi di scarsa qualità materiale ed emotiva: quanto ci metterà l’ennesimo vestito che ricorda il guardaroba di Barbie a finire prima nel dimenticatoio e poi in qualche discarica dall’altro capo del mondo? Insomma, piace a tutti vestirsi per una serata a tema o per un’esperienza legata a un film, ma forse non era necessario produrre intere collezioni e spingere le persone a comprare qualcosa per essere in linea con l’ultimo trend. Collezioni di fast-fashion prodotte, come al solito, con materiali derivati da plastica vergine (il poliestere è sempre petrolio, così, giusto per ricordarlo), che contribuiscono a depredare le risorse, prima, e inquinare aria, acqua e suolo, poi (il poliestere può impiegare fino a 200 anni prima di decomporsi totalmente). In questo caso “life in plastic is NOT fantastic”…
Come se la mole di capi prodotti non fossero sufficienti, per rendere ancora più intrigante l’esperienza nel mondo rosa, Zara ha lanciato due pop-up, uno nel negozio di Parigi sugli Champs-Elysées e l’altro in quello di SoHo, riproducendo la famosa Casa dei Sogni di Barbie a misura d’uomo, con tanto di camerino e distributore automatico. Insomma, altri elementi prodotti esclusivamente per l’occasione e che sono durati due settimane prima di finire a prendere polvere nei magazzini (quando non direttamente nel cassonetto della spazzatura…che avrà in ogni caso un gran tocco di stile)!
A questo punto, con un sorriso amaro, viene in mente la frase pronunciata da Sasha (interpretata da Ariana Greenblatt) a Barbie all’inizio del film: «Stai uccidendo il pianeta con la tua glorificazione del consumo dilagante». Pensando alle innumerevoli collezioni di fast-fashion ispirate a Barbie, questo messaggio non può che suonare tristemente vero.
[Marina Savarese]