Diversi lettori ci hanno scritto in questi giorni per sapere per quale ragione non abbiamo parlato del caso della settimana: il libro scritto dal generale Roberto Vannacci e il procedimento disciplinare aperto nei suoi confronti da parte dell’esercito. Non ci siamo persi la notizia, e d’altra parte sarebbe impossibile visto che la gran parte dei media non parla d’altro da giorni. Quelli vicini al centro-sinistra chiedono punizioni esemplari (neanche avesse scritto il Mein Kampf), mentre quelli di destra lo elevano a una sorta di Julian Assange all’italiana, anche se sono gli stessi giornali che in favore della liberazione del fondatore di WikiLeaks non scrivono mai nulla. Noi, invece, scriviamo d’altro. Perché? Il fatto è che, fin dall’inizio, su L’Indipendente abbiamo preso l’impegno [1] di dare solo le notizie più importanti, che servono ad avere un’idea non distorta del mondo che ci circonda. Quella sulla vicenda del generale Vannacci, invece, somiglia più all’ennesima arma di distrazione di massa mediatico-politica con la quale troppi giornali, un po’ per interesse, un po’ perché evidentemente alle prese con la classica mancanza di notizie di agosto, stanno giocando. Perché la sua vicenda, in realtà, è assai diversa da come è stata raccontata…
Partiamo dal contenuto. Nel suo libro, intitolato Il mondo al contrario, Vannacci presenta la sua opinione un po’ su tutto: dall’immigrazione ai gay, passando per il tema della legittima difesa a quello delle occupazioni delle case sfitte. In mezzo a 364 pagine, che rappresentano grossomodo un sunto del pensiero ultraconservatore, trovano spazio esternazioni decisamente forti: prima, esponendo la sua personale teoria della razza italiana, il generale afferma che i cittadini italiani di pelle nera non possono essere considerati realmente italiani (pag.110); poi parlando della supposta “normalità” in ambito di orientamento sessuale afferma “Cari omosessuali, normali non lo siete, fatevene una ragione!“ (pag. 243), e si lamenta di doverli chiamare con l’inglesismo politicamente corretto “gay” anziché poter scegliere un termine a suo piacimento tra gli italici “pederasta, invertito, sodomita, finocchio, frocio, ricchione, buliccio, femminiello, bardassa, caghineri, cupio, buggerone, checca, omofilo, uranista o culattone” (scrive proprio questo, letteralmente, a pagina 259); infine per opporsi alle leggi che puniscono l’omofobia e l’incitamento all’odio verso le minoranze reclama “a gran voce anche il diritto all’odio e al disprezzo“ (pag. 281).
Sono pensieri che personalmente trovo quanto di più lontano dai miei. Tuttavia, se effettivamente fosse stato censurato per le cose che pensa, di certo L’Indipendente avrebbe parlato della questione e avrebbe denunciato la violazione del diritto costituzionale alla libertà di parola, che deve valere sempre, a prescindere dal fatto che i pensieri espressi piacciano o meno. Ma il libro di Vannacci non è stato censurato, tant’è che si trova serenamente in testa ai più venduti sugli e-commerce grazie alla pubblicità ricevuta. È accaduto semplicemente che i vertici dell’Esercito lo hanno richiamato con un procedimento disciplinare spostandolo ad altro incarico in attesa che una corte militare si occupi di valutare se la sua condotta sia conforme al regolamento interno. Può non piacere, ma a ben vedere sono molteplici i posti di lavoro dove chi sceglie di lavorarci accetta di sottostare a regolamenti interni che limitano in un certo modo il diritto di espressione: molto spesso chi lavora in una grande azienda non può per contratto rilasciare interviste o scrivere testi se non concordati (ogni giornalista si scontra spesso con questa impossibilità delle fonti di parlare), allo stesso modo nell’Esercito Italiano è previsto che i soldati non possano fare esternazioni senza accordo dei vertici.
Volendo entrare nel merito, c’è inoltre il particolare che l’Esercito non è un’azienda qualsiasi, ma una organizzazione chiamata a rappresentare le istituzioni e la Costituzione. Un generale è al vertice della piramide ed è chiamato a comandare numerosi altri soldati che gli obbediscono e che hanno la possibilità di esercitare il monopolio della forza. Che il capo di una divisione armata che agisce per conto dello Stato rivendichi il diritto ad odiare a piacimento le minoranze che non gli piacciono può essere pericoloso. Che siano migranti o no Tav, gay o no green pass, lavoratori in sciopero o qualsiasi altra cosa, tantissimi cittadini si trovano spesso a fare parte di almeno una minoranza, e hanno il diritto di trovarsi di fronte forze dell’ordine che ne tutelino i diritti costituzionali senza pregiudizi.
Tornando al perché la vicenda ha fatto tanto rumore, la verità – come si diceva – è che sulla questione di Vannacci si è trovato il caso perfetto per fare distrazione di massa. I politici hanno la possibilità di dividersi e farsi notare davanti agli elettori parlando di una cosa che fa presa ma di nessun conto reale, mentre continuano a rimanere in silenzio sulle questioni realmente importanti, mentre i media hanno trovato il modo di riempire le pagine e fare click durante lo stanco periodo del ferragosto. Vannacci, dal canto suo, è il vero vincitore: il suo libro, che presumibilmente nessuno si sarebbe filato, ha venduto 22.000 copie in tre giorni e sul tavolo ha già più offerte per candidarsi a un posto di parlamentare europeo per uno stipendio decisamente migliore di quello che percepisce nell’esercito. Non si può nemmeno escludere che questo fosse dall’inizio l’obiettivo principale della sua pubblicazione, dato che dal suo curriculum si scopre che ha conseguito laurea e master in Scienze Strategiche.
Infatti, ha già fatto sapere che alla candidatura ci sta pensando e accettandola dall’esercito ci uscirebbe per sua scelta. Magari scriverà altri libri. In questo caso – visto che è stato in missione occupando posizioni di vertice in Somalia, Afghanistan, Somalia, Ruanda, Yemen, Siria e Libia – non sarebbe male se per il prossimo utilizzasse la fama guadagnata per rivelare segreti degni di nota relativi a teatri di guerra dove gli eserciti occidentali si sono resi protagonisti di molteplici fatti oscuri.
Nel frattempo su L’Indipendente continueremo come sempre a raccontarvi le autentiche e numerose violazioni alle libertà costituzionali che accadono troppo di frequente anche in Italia. Come quella avvenuta a Cernobbio [2], in provincia di Como, dove – mentre tutti i media parlavano di Vannacci – è stato vietato ai cittadini di manifestare pacificamente il proprio dissenso contro il vertice delle élite finanziarie. O come la questione del Digital Service Act [3], che realmente rischia di introdurre una stretta censura alla libertà di parola su internet. E naturalmente continueremo a parlarvi di Julian Assange [4], quello vero.
[di Andrea Legni – direttore de L’Indipendente]