giovedì 21 Novembre 2024

Il Niger espelle l’ambasciatore francese e mette le truppe in stato di massima allerta

La giunta militare del Niger avrebbe tagliato l’elettricità e l’acqua all’ambasciatore francese nel Paese, oltre ad aver ordinato lo stop ai rifornimenti alimentari, dopo che è scaduto l’ultimatum con il quale il governo nigerino ne aveva decretato l’espulsione. Il presidente francese Macron ha tuttavia fatto sapere che l’ambasciatore non abbandonerà il proprio posto, nonostante le «pressioni» esercitate dai militari al potere. Allo stesso tempo, il governo nigerino ha anche ordinato alle proprie truppe di passare allo stato di massima allerta, al fine di “evitare una sorpresa generale” in caso di attacco.

Lo scorso 25 agosto, il ministro per gli Affari esteri del Niger aveva inviato una lettera all’ambasciatore francese a Niamey, Sylvain Itte, per comunicargli l’espulsione dal Paese entro 48 ore. La decisione sarebbe stata presa dopo che Itte si è rifiutato di rispondere a un invito del ministro di discutere il caso dell’ex ambasciatore nigerino in Francia, il quale non ha voluto lasciare il proprio posto nonostante fosse stato richiamato dalle nuove autorità del Niger. Nonostante l’ultimatum sia scaduto, il governo francese ha deciso di non sottostarvi e di lasciare l’ambasciatore lì dov’è. Nell’ambito della Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori, svoltasi a Parigi questa mattina, Macron ha infatti dichiarato che «La nostra politica è semplice: non riconosciamo i golpisti, sosteniamo un presidente che non si è mai dimesso e sosteniamo la politica della CEDEAO [la Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale, in inglese ECOWAS, ndr]». E, dal momento che l’ordine di espulsione è giunto da un governo non riconosciuto, è stato di fatto ignorato.

Lo scorso venerdì il governo nigerino ha anche ordinato alle proprie truppe di mettersi in stato di massima allerta, a fronte del fatto che “le minacce di aggressione sul territorio nazionale si fanno sempre più serie”. Proprio la CEDEAO aveva infatti dichiarato per prima l’intenzione di schierare le proprie forze militari come deterrente per “arginare il contagio dei colpi di Stato, dopo i tre riusciti e i tre falliti nella regione [del Sahel, con riferimento a quanto accaduto in Mali e Burkina Faso]”, aggiungendo che “La decisione dei capi di Stato e di governo di attivare la clausola che prevede l’applicazione della forza legittima in Niger è stata presa solo dopo aver preso in considerazione il fatto che il dialogo politico da solo non è purtroppo riuscito a dissuadere i golpisti nella regione”.

I militari nigerini sono saliti al potere lo scorso 26 luglio, con un colpo di Stato che ha spodestato il presidente “democraticamente eletto” Mohamed Bazoum. Il golpe si aggiunge a quelli già portati a termine in altri Paesi della regione del Sahel, come il Mali e in Burkina Faso, i quali hanno causato un riallinearsi degli equilibri geopolitici sempre più a sfavore della Francia e dell’Occidente. Proprio l’incertezza per quanto riguarda il futuro assetto della nuova giunta (la quale, per il momento, sembra mantenersi su posizioni fortemente antifrancesi) e il timore che propenda per posizioni filorusse ha fatto sì che gli occhi degli Stati occidentali siano puntati su Niamey. Il Niger è inoltre ricco di risorse naturali (l’uranio in primis) che fanno gola all’industria francese ed europea, oltre ad essere un punto di snodo dei principali traffici illegali che giungono in Europa, uno tra tutti quello dei migranti.

[di Valeria Casolaro]

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