L’acciaieria da due miliardi di euro che sarebbe dovuta sorgere nella laguna di Grado, in Friuli, con un progetto degli ucraini di Metinvest B.T. e del gruppo friulano Danieli, non si farà. «In seguito agli approfondimenti svolti e vista anche la complessità della manifestazione di interesse pervenuta, è emerso come nell’area industriale Aussa Corno sia opportuno prediligere altre tipologie di investimento, in un’ottica di maggiore compatibilità con il territorio interessato» ha scritto l’assessore regionale alle attività produttive e turismo, Sergio Bini. Contro la realizzazione del progetto i cittadini erano riusciti a raccogliere oltre 24 mila firme, mentre i sindaci di dei Comuni coinvolti e le associazioni ambientaliste hanno messo in luce le gravi ripercussioni che questa avrebbe potuto avere sulla laguna e sul turismo.
Il progetto, presentato per la prima volta nel giugno 2021 e confermato nel 2022, era quello di far sorgere un maxi-polo siderurgico in grado di produrre 2,4 milioni di tonnellate di coils all’anno, con la possibilità di aumentarle fino a 4 (livello pari a quello dell’ex-Ilva). Il WWF aveva definito il progetto folle, in quanto sarebbe dovuto sorgere in una laguna «molto simile a livello strutturale a quella di Venezia», per cui il drenaggio necessario a far entrare le navi necessarie all’acciaieria avrebbe rischiato di comprometterne gli equilibri. «Ad oggi nella laguna arrivano solo imbarcazioni da 8.000 tonnellate al massimo, questo ecosistema, particolarmente delicato, verrebbe distrutto se si dovesse dragare per arrivare alle misure desiderate dei 12 mt per consentire di passare alle imbarcazioni da 20.000 tonnellate. È un sito Natura2000 e deve essere tutelato» aveva spiegato il delegato dell’associazione, Maurizio Fermeglia. Di tutt’altra natura l’allarme di Assomarinas, che esprimeva il timore che le attività del polo avrebbero scoraggiato quelle turistiche, oltre a far presente le criticità legate al deposito di migliaia di tonnellate di rottami ferrosi, alla dispersione di polveri nocive e al trasporto via terra e via mare del materiale che dovrebbe alimentare l’impianto avrebbe presentato delle importati criticità.
L’entità della protesta nata dalla prospettiva di realizzazione di un’opera tanto controversa ha acceso il dissenso nella popolazione, che si è opposta in massa. Contro il progetto è stata lanciata anche una raccolta firme, che in breve tempo ne ha raccolte oltre 24 mila. E la lotta ha prodotto il risultato sperato. Il 1° settembre, l’assessore regionale alle Attività produttive e al Turismo Sergio Bini ha infatti fatto sapere che «In seguito agli approfondimenti svolti e vista anche la complessità della manifestazione d’interesse pervenuta, è emerso come nell’area industriale Aussa Corno sia opportuno prediligere altre tipologie di investimento, in un’ottica di maggiore compatibilità con il territorio interessato, anche tenuto conto delle osservazioni e valutazioni manifestate dai Comuni dell’area», aggiungendo che «Resta comunque ferma la volontà di investire sull’infrastrutturazione dell’area Aussa Corno e del suo porto al fine di agevolare e rafforzare le aziende esistenti e di attrarre nuovi investimenti che, come già ribadito, dovranno essere compatibili con le specifiche del territorio».
[di Valeria Casolaro]
Sarebbe interessante dedicare un articolo anche alla progettata e in via di definizione ovovia di Trieste, che interessa un sito di natura 2000. Grazie
Quindi non tutti gli ucraini stanno soffrendo per la guerra……😈
Venite a Ravenna! Niente proteste, autorizzazioni ridotte e disponibilità a cementificare infinita.
Meno male…