Con un colpo di coda in piena estate, la giunta regionale dell’Emilia-Romagna ha approvato una delibera che toglie competenza all’Agenzia ambientale regionale (ARPAE), un organismo tecnico e indipendente che di fatto non potrà più pronunciarsi sulle valutazioni ambientali strategiche dei piani urbanistici comunali. Si annulla, dunque, il lavoro di geologici, agronomi o biologi, il cui parere risultava fondamentale nell’approvazione degli interventi di trasformazione del territorio. Una decisione che strizza l’occhio a cementificazione e consumo di suolo indiscriminati, tratti ormai tipici delle città postmoderne nonché complici nei disastri ambientali, come l’alluvione che a maggio ha colpito proprio l’Emilia-Romagna. Un evento che non ha fatto desistere la maggioranza guidata dal presidente Stefano Bonaccini dal prendere una decisione destinata a far parlar di sé, optando per una delibera che ha permesso di bypassare l’iter legislativo del Consiglio regionale.
Come scritto da Paolo Pileri, ordinario di pianificazione territoriale al Politecnico di Milano, su Altreconomia, la delibera della giunta Bonaccini «ha voluto con le sue mani abbattere altri argini, gli unici rimasti a frapporsi tra le ragioni della natura e del suolo e gli artigli del cemento: quelli cioè della valutazione ambientale strategica». Italia Nostra, un’associazione di salvaguardia dei beni culturali, artistici e naturali, ha scritto una lettera al presidente Stefano Bonaccini invitandolo ad annullare la delibera varata il 7 agosto, nel pieno dell’estate, quando la presa dell’opinione pubblica tende ad allentarsi. L’atto del governo regionale va a spazzare via quanto previsto dalla legge regionale 24/2017, che prevede l’acquisizione, da parte dell’ente che intende realizzare un piano urbanistico, del parere dell’ARPAE. L’Agenzia ambientale regionale, che si arricchisce del parere di esperti quali agronomi, biologici o geologi, si esprime in merito alla sostenibilità ambientale del progetto, correggendolo (o respingendolo) in caso di bisogno.
Nella delibera si legge che “nei procedimenti di approvazione dei piani urbanistici comunali e delle loro varianti attivati ai sensi della L.R. n. 24/2017, la previa istruttoria di ARPAE ai fini del rilascio del parere motivato di Valsat da parte della Città metropolitana di Bologna e delle Province non è dovuta”. Le valutazioni relative alla sostenibilità ambientale dei progetti di trasformazione del territorio resteranno dunque prerogativa degli enti minori che, come sottolinea Paolo Pileri, «hanno meno “expertise” ecologico-ambientali rispetto ai tecnici di Arpae e, sappiamo tutti, sono affaticate da un processo di depotenziamento amministrativo dopo l’infelice riforma del governo Renzi».
La decisione della giunta Bonaccini arriva a pochi mesi dall’alluvione che ha devastato l’Emilia-Romagna, un evento favorito tra le altre cose proprio dal selvaggio consumo di suolo praticato in Italia. La cementificazione, infatti, impermeabilizza le superfici, il che interrompe la ricarica delle falde acquifere oltre a favorire gli allagamenti. Secondo i dati ISPRA, nel 2021 la media è stata di 19 ettari di suolo persi al giorno, vale a dire il valore più alto degli ultimi 10 anni. Sono 21.500 i km² di suolo cementificati in tutto il Paese e soltanto gli edifici occupano una superficie pari alla Liguria (5.400 km²).
[di Salvatore Toscano]