lunedì 4 Novembre 2024

Alla scoperta dell’educazione parentale: intervista a un’attivista

L’istruzione è un obbligo, certo, ma esistono diversi tipi d’apprendimento riconosciuti dalla Costituzione e tra questi vi è l’educazione gestita direttamente dalle famiglie, che si distingue principalmente in tre categorie: unschooling, homeschooling e scuola parentale. La differenza sta nel fatto che, mentre le prime due si basano sull’istruzione a domicilio, la scuola parentale prevede un luogo fisico e un progetto educativo riconosciuto e condiviso da un comitato di genitori. Ma c’è un denominatore comune: l’istruzione dei ragazzi avviene al di fuori delle strutture istituzionali e nella piena responsabilità delle famiglie. Famiglie e genitori che, accompagnate dai loro figli e dai tutor, parteciperanno alla decima edizione dell’Incontro Nazionale S-COOL che si terrà al Camping Village La Badiaccia a Castiglione del Lago (PG) l’8, 9 e 10 settembre. Verrà festeggiato “il non ritorno a scuola” e saranno condivise esperienze, progetti e obiettivi comuni. L’evento è “aperto a tutti coloro che hanno a cuore l’educazione dei propri figli”: sia per famiglie che prediligono l’istruzione parentale, sia per chi vuole esplorare nuovi metodi d’apprendimento per bambini e ragazzi. Tuttavia, non sono poche le critiche che vengono mosse a questo genere di educazione, prima tra tutte quella che riguarda il sovrapporsi del ruolo di insegnante e genitore e quello di privare i giovani del contesto di socializzazione che verrebbe invece garantito a scuola. Per saperne di più, scoprire i motivi dell’iniziativa e le ragioni di chi sceglie di affidarsi all’homeschooling, L’Indipendente ha contattato Erika Di Martino, attivista sociale che mira a rivoluzionare il ruolo della famiglia nell’educazione, Portavoce e coordinatrice di S-COOL e co-fondatrice del network EDUpar.it.

Che cos’è esattamente S-COOL?

S-COOL è l’Incontro Nazionale annuale sull’Educazione Parentale. È un weekend di festa che permette di venire a contatto con la realtà dell’homeschooling e gli altri tipi di istruzione parentale. È un evento rivolto a tutti e dedicato al festeggiamento dell’anno non accademico classico. Celebriamo la libertà d’istruzione e ci diamo supporto e ispirazione tra famiglie. Quest’anno la località sarà un campeggio sul lago Trasimeno immerso nella natura, dove i bambini potranno giocare prendendo il sole e respirando aria pulita e i genitori potranno godersi un momento di relax condividendo le loro conquiste e sfide mentre si creano progetti per il nuovo anno.

Quali sono le differenze tra homeschooling, unschooling e scuola parentale? E che cosa c’è in comune con il sistema scolastico tradizionale?

Sia gli homeschoolers che gli unschoolers vengono educati fuori da un sistema scolastico o simil-scolastico: invece di seguire il programma classico, rispettano le Indicazioni Nazionali per il Curricolo del MIUR e mirano ad aumentare le competenze degli studenti e a colmare eventuali lacune, che sono diverse per ciascuno. Si può dire che gli unschoolers abbiano un approccio ancora più naturale: il bambino è completamente al centro del processo di apprendimento che prosegue in base ai suoi interessi e stimolando la sua curiosità. Naturalmente, esistono tante sfumature di homeschooling e unschooling quante sono le famiglie che lo praticano, dato che ognuno ha un tipo di apprendimento diverso e dinamiche differenti in casa. La scuola parentale invece, oltre a prevedere un progetto prestabilito, delega l’istruzione ad un gruppo di tutor/educatori. In questo caso le dinamiche sono molto simili alla scuola, dato che la routine porta i ragazzi ad avere orari prestabiliti e materie standardizzate. Tutte e tre le categorie, proprio come il sistema tradizionale, prevedono esami di idoneità annuali su linee guida MIUR ed esami di stato per la licenza media e superiore.

Qual è il vantaggio dell’istruzione parentale?

Il vantaggio principale è la possibilità di creare un progetto personalizzato: non dobbiamo attenerci ad una programmazione statica che non tiene conto delle caratteristiche degli studenti, dobbiamo solo rispettare le Indicazioni Nazionali del MIUR che parlano di competenze. L’obbligo di seguire un programma spesso costringe i professori a passare da un argomento all’altro velocemente e non viene ritagliato abbastanza spazio per gli studenti con delle particolari lacune, o altri che possono essere più svelti a terminare il lavoro richiesto. La scuola è un sistema d’istruzione standardizzato che spesso non trova il tempo da dedicare a chi non rientra nella media. In questo modo fioccano le diagnosi di “disturbi dell’apprendimento” o “plusdotazione”, che suonano come delle etichette. Secondo me “DSA” è un termine sbagliatissimo: un disturbo è un martello pneumatico nelle orecchie, non un bambino che elabora le informazioni in modo diverso rispetto agli altri. Il rischio, quindi, è che il sistema tradizionale, al posto che colmare le lacune tenda ad allargarle. Non è una lotta tra “istruzione parentale e genitori contro scuola tradizionale e professori”, ma si tratta di riconoscere che l’educazione tradizionale è un metodo che purtroppo non può sostenere tutti quanti. Talvolta accade che siano proprio i professori a consigliare ai genitori di istruire privatamente i propri ragazzi.

Come vengono gestiti e incentivati i rapporti sociali? Come viene insegnato ai ragazzi a vivere in una società? Esiste il rischio che si isolino dal mondo arroccandosi in casa?

Per prima cosa, vogliamo davvero il tipo di società che viene trasmessa in una classe oggi? È quello il tipo di società migliore che possiamo offrire? Vedendo le classi come una società, significherebbe dividere le persone per età e non in base agli interessi comuni, inserirle in ambienti poco accoglienti e ritmati da squilli di campanelle e ansia da prestazione per interrogazioni. Si può essere circondati da persone ma sentirsi comunque soli e, tra l’altro, le statistiche su bullismo e suicidi non sono affatto promettenti. È questa la sfida centrale da affrontare quando si intraprende la strada dell’educazione parentale: l’intera responsabilità ricade sul genitore, che deve occuparsi dell’intero atto sociale in quanto è tanto importante quanto quello accademico, se non di più. L’evento S-COOL è un punto di partenza anche in questo senso: è un incontro che invita i genitori ad organizzare altri eventi locali e che mira ad unire i ragazzi. Ci sono tantissime reti sociali e network come EDUpar.it adibite a questo scopo. La parte difficile è che, vivendo in una società che predilige l’individualismo, non ci sono stati dati aiuti e si è sempre in corsa contro il tempo. L’homeschooling è rivoluzionario anche per questo, perché mette in discussione anche la routine e il modo in cui le persone si organizzano e trascorrono il tempo insieme.

Come funziona l’immissione nel mondo universitario e del lavoro? Esistono pregiudizi sull’educazione parentale?

Non c’è alcuna differenza sostanziale rispetto a chi ha ricevuto l’educazione tradizionale. Esistono linee guida istituzionali che regolano l’istruzione parentale e gli studenti possono accedere al mondo del lavoro o dell’Università come tutti gli altri. Le uniche differenze sono a livello burocratico. Purtroppo, non posso dire lo stesso per i pregiudizi: da attivista e consulente sono stata a contatto con moltissime famiglie e nel 50% dei casi il personale scolastico ha avuto atteggiamenti ostili all’alunno che si è presentato a fare l’esame. Il fattore umano influisce eccome e mi auguro che in futuro ci sia più rispetto e conoscenza verso questa forma di istruzione garantita dalla Costituzione, che non ha nulla da invidiare alla scuola.

Ma come fanno i genitori a trovare tempo per lavorare e gestire l’educazione dei figli?

Chiaramente, è difficile per un genitore che deve lavorare fuori casa dalle 9 del mattino alle 6 di sera dedicarsi completamente all’istruzione parentale. L’homeschooling è una scelta di vita e sia io che mio marito ci siamo reinventati lavorativamente più volte per garantire questo percorso ai nostri cinque figli. Bisogna investire nei giovani per il bene della società tutta. Noi, così come tante altre famiglie, lo stiamo facendo in prima persona.

[di Roberto Demaio]

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2 Commenti

  1. Grandissismi!
    Così si fa.
    Cosa serve mettere al mondo dei figli se poi li fai “educare” dallo stato?
    E occhio alla nuova legge della Meloni con la scusa di Caivano )2 anni di galera a chi non manda i figli “a scuola”. Non vorrei che fosse un primo passo per bloccare le possibilità di vera libertà che sono di ogni genitore.

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