Il 14 ottobre i cittadini australiani saranno chiamati a votare un referendum federale che, per la prima volta nella storia del Paese, punta a riconoscere sostanziali diritti per le popolazioni indigene. Nel caso di un esito positivo, la Costituzione del Commonwealth d’Australia vedrà l’aggiunta di un nuovo capitolo nel suo indice, che permetterà non solo il riconoscimento formale delle comunità indigene in quanto First Nations people (prime popolazioni presenti sul territorio), ma vedrà anche l’istituzione di un suo organo consultivo indipendente capace di fornire pareri non vincolanti al Parlamento e all’esecutivo sulle tematiche relative alle comunità in questione.
L’interrogativo a cui gli aventi diritto saranno chiamati a rispondere citerà: “Approva lei la Normativa Proposta per modificare la Costituzione nel riconoscere le popolazioni native d’Australia istituendo una voce aborigena e degli abitanti delle Isole dello Stretto di Torres?”. Se il 50%+1 dei votanti e almeno 4 dei 7 Stati voteranno YES, si potrà definitivamente aggiungere il nono capitolo, denominato Riconoscimento dei popoli aborigeni e degli isolani dello Stretto di Torres, alla Costituzione. In questo modo verrà garantito il “riconoscimento dei popoli aborigeni e degli isolani dello Stretto di Torres come primi popoli dell’Australia” e l’istituzione di “un organo denominato Voce degli Aborigeni e degli isolani dello Stretto di Torres” che avrà l’onere di “presentare osservazioni al Parlamento e al Governo esecutivo del Commonwealth su questioni relative ai popoli aborigeni e degli isolani dello Stretto di Torres”. L’ultimo punto dell’emendamento recita infine che “il Parlamento, nel rispetto della presente Costituzione, avrà il potere di emanare leggi in merito a questioni relative alla Voce degli Aborigeni e degli isolani dello Stretto di Torres, compresi la sua composizione, le sue funzioni, i suoi poteri e le sue procedure”. Il comitato sarà composto interamente da rappresentanti scelti dai membri delle comunità indigene e, pur non disponendo di potere di veto sulle leggi federali, potrebbe rivelarsi un’importante ago nella bilancia delle necessità delle popolazioni native.
L’ultima volta che gli australiani si riunirono alle urne referendarie sui temi riguardanti le popolazioni native fu nel 1967. In quell’anno, il 90.77% dei votanti scelsero di abolire dalla Costituzione le parole “diverse dagli aborigeni di qualsiasi Stato” dalla sezione 51 (XXVI): “Il Parlamento, nel rispetto della presente Costituzione, ha il potere di emanare leggi per la pace, l’ordine e il buon governo del Commonwealth per quanto riguarda: […] Le persone di qualsiasi razza, diverse dagli aborigeni di qualsiasi Stato, per i quali è necessario fare leggi speciali.” Era stata inoltre cancellata l’intera sezione 127, che li voleva esclusi dal conteggio formale della popolazione australiana.
Il capo del governo ha definito il referendum «un’opportunità unica per unire la nazione». Tuttavia, nonostante le presunte buone intenzioni del gabinetto, non hanno tardato a farsi sentire le critiche: l’opposizione ed i sostenitori del NO difatti, mettono in discussione la bontà del leader del partito laburista, accusandolo di cavalcare l’onda in vista delle prossime elezioni previste per il 2025, quando Albanese tenterà di assicurarsi il secondo mandato. Qualche timido passo in avanti in materia di tutela dei diritti indigeni è stato fatto, tuttavia l’esito del referendum non è per nulla scontato. In tutta la storia del Commonwealth d’Australia solamente 8 delle 44 proposte di cambio costituzionale sono state portate a termine con successo, per motivi in parte legati anche alla complessità del sistema referendario del Paese.
L’Australia ha ancora molto da migliorare in merito alle relazioni con le proprie popolazioni indigene, le quali, decimate dai soprusi subiti in epoca coloniale, ricoprono attualmente appena il 3,2% dei circa 26 milioni di abitanti totali del Paese. Per queste popolazioni, che abitano queste terre da oltre 65 mila anni, l’opportunità di vedersi ufficialmente menzionati nella Costituzione australiana è dunque sempre più urgente.
[di Riccardo Ongaro]