Tra martedì e mercoledì sono sbarcati a Lampedusa circa 7000 migranti, un numero che supera di oltre dieci volte il limite di capienza massima dell’hotspot presente sull’isola. Sul molo di Favaloro, centinaia di persone hanno atteso per ore sotto il sole, senza acqua potabile e senza che fosse loro prestato soccorso. Nel momento in cui si sono sollevate le prime proteste, la Guardia di Finanza ha più volte messo in atto cariche “di alleggerimento” per riportate la situazione alla calma. Presto ha avuto luogo il consueto scaricabarile istituzionale: la Francia ha rafforzato la presenza militare a Ventimiglia per bloccare il passaggio dei migranti, dalla Germania hanno comunicato invece la sospensione del meccanismo volontario di solidarietà. Il ministro dei Trasporti Matteo Salvini ha definito gli ultimi sbarchi un «atto di guerra della criminalità organizzata». Sono piovute poi accuse nei confronti di Berlino, che da «milioni di euro a Ong tedesche per portare i migranti in Italia. È un fatto».
A essere un fatto era, ed è, la prevedibilità dell’attuale ondata migratoria, soprattutto alla luce dei recenti eventi che hanno interessato il continente africano: dalle calamità in Libia e Marocco alla guerra in Sudan, passando per i colpi di Stato che hanno avuto luogo nella regione del Sahel, una delle aree più colpite dal cambiamento climatico. È un altro fatto la pressione a cui è sottoposto da anni l’hotspot di Lampedusa, evidentemente alle prese con una struttura inadeguata (recentemente portata a 680 posti dagli originari 440) e un sistema di trasporti che va rivisto per poter assicurare trasferimenti veloci verso altre città italiane, in grado di fornire l’opportuna assistenza ai migranti. Criticità che comunque non impediscono alla popolazione locale di mettere in moto la consueta macchina della solidarietà. «I ristoranti e singoli cittadini si sono messi a cucinare e ieri sera in via Roma, nella principale strada turistica del centro di Lampedusa, migranti e turisti insieme che ballavano fino a notte; un’immagine molto potente di rivendicazione della libertà», ha dichiarato Mario Pozzan di Ya Basta.
Alla solidarietà dei lampedusani va però affiancata una concreta azione politica, coordinata a livello nazionale ed europeo. Un problema non da poco, dal momento che il fenomeno migratorio rappresenta per l’Unione europea un gigantesco elefante nella stanza. Per il momento, le azioni più concrete di Bruxelles hanno i toni della repressione e le forme degli accordi siglati alle porte del continente per assicurarsi, in cambio di lauti finanziamenti, il contrasto al fenomeno migratorio. Sotto questa luce vanno guardate le intese con Turchia, Libia o Tunisia, di certo non famosi per il loro stato di diritto ma considerati “partner fondamentali” nella sorveglianza delle frontiere europee, con buona pace dei diritti inalienabili dell’uomo. In Libia, migliaia di migranti finiscono ogni anno nei campi di detenzione – veri e propri lager a cielo aperto – dove subiscono torture di ogni tipo. La Tunisia ha di recente fatto parlare di sé per aver abbandonato nel deserto centinaia di uomini, donne e bambini di origini subsahariane.
Per il resto, i Paesi europei sono lasciati sostanzialmente a sé, immersi in sistemi volontari che finiscono con l’essere carta straccia. Lo ha ammesso implicitamente anche la portavoce della Commissione europea Anitta Hipper, che ha dichiarato: «dobbiamo cooperare a stretto contatto, serve una maggiore solidarietà». Da un lato ci sono gli Stati che, seppur con qualche perplessità, accolgono i migranti, come Germania, Francia e Italia, i primi in Europa per numero di richiedenti asilo accolti sul proprio territorio. Dall’altro lato c’è una folta schiera di Paesi che fanno finta di nulla, ignorando il problema. Fa da apripista l’Estonia, che tra il 2012 e il 2021 ha accolto appena 1180 richiedenti asilo (la Germania, prima in questa speciale classifica, ha superato ampiamente la soglia dei 2 milioni), seguita da Slovacchia, Lettonia, Lituania, Portogallo, Repubblica Ceca, Croazia.
I provvedimenti principali che regolano in campo europeo la questione migratoria sono il Regolamento di Dublino, che “stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale”, e il meccanismo volontario di solidarietà, il quale prevede il ricollocamento di circa diecimila richiedenti asilo ogni anno. Come rivelato dal quotidiano Die Welt, il governo tedesco ha deciso di sospendere gli arrivi provenienti dall’Italia, ufficialmente per la forte pressione migratoria: dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, la Germania ha accolto un milione di profughi e nei primi sei mesi di quest’anno le richieste di asilo hanno superato quota 220mila. Politiche migratorie contestate dai piccoli comuni tedeschi, la cui possibile rivolta preoccupa Berlino. All’allarme dei comuni si aggiunge poi la posizione politica dell’FDP, al governo insieme ai Verdi e SPD, il cui leader, Bijan Dijr-Darai, ha dichiarato: «Dobbiamo stoppare l’immigrazione irregolare e governare gli arrivi. Altrimenti sovraccarichiamo le nostre scuole e il nostro stato sociale». Nelle scorse ore, un altro portavoce del governo, Steffen Hebestreit, ha ammesso che la scelta di interrompere il meccanismo di solidarietà nei confronti dell’Italia è un segnale politico rivolto a Roma. Il tutto mentre fervono i preparativi per le imminenti elezioni in Europa.
Un’Europa che, al di là della retorica di rito e di misure non strutturali, continua dunque a lasciare sola l’Italia nella gestione del fenomeno migratorio. Una gestione appesantita dai tagli al sistema di accoglienza effettuati nel 2018 dai decreti sicurezza, atti fortemente voluti da Matteo Salvini, all’epoca vicepresidente del Consiglio nel governo Conte I. Nei prossimi giorni, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni dovrebbe adottare un nuovo-decreto legge per abbozzare una risposta al fenomeno. Dal Demographic summit di Budapest, la leader di Fratelli d’Italia ha dichiarato: «I migranti non risolvono il calo demografico. Investiamo sulla famiglia: obiettivo primario è avviare un cambiamento sostanziale e culturale. Difendere la famiglia significa difendere Dio, la nostra identità e tutto ciò che ha contribuito a costruire la nostra civiltà».
Al momento, Giorgia Meloni si trova in una posizione spinosa in Europa: la tanto sponsorizzata collaborazione con la Tunisia non ha sortito gli effetti desiderati e la tassa sugli extraprofitti delle banche (su cui sta calando lo spettro dell’incostituzionalità) ha attirato le critiche della Bce. A ciò si aggiungono i complicati negoziati per stabilire le nuove regole del patto di stabilità. Tensioni che verranno probabilmente smorzate con l’elaborazione dell’ennesima legge finanziaria all’insegna dell’austerità.
[di Salvatore Toscano]
Io la soluzione l’avevo già suggerita al governo gialloverde. Ed è abbastnza semplice. Imposti una quantità di migranti che puoi ricevere nell’anno solare. Te ne freghi degli accordi di schengen e vai tu a prendere i migranti in Libia e Tunisia trasferendoli in Italia con NAVI MERCANTILI scortate da navi da guerra senza fare pagare NULLA al migrante. Contemporanemante BLOCCHI con le armi le partenze con imbarcazioni di fortuna, in pratica bolcchi gli SCAFISTI. Raggiunto il numero che ti sei prefissato, ad esempio 200.000 fai il blocco navale e chiami l’Europa: gentili signori noi ci siamo presi già 200.000 migranti e li abbiamo pure trasferiti gratis, ora tocca a voi!!
Belli i balli per le strade…mi ricordano i sanitari che ballavano felici per i corridoi degli ospedali ai tempi del coronavirus! Com’è bello farsi convincere di vivere in una favola…
P.S: ritengo utile, dopo questo, andarsi a rileggere l’articolo sul panafricanismo di fine agosto (il 29 se non erro), proprio qui sull’indipendente.
L’arrivo dei migranti a lungo termine si risolve solo con la proibizione in sede ONU per in Paesi NATO di inviare truppe in Africa e l’obbligo invece di creare Università paritarie Africa Europa.
A breve termine l’Italia dovrebbe chiedere che i fondi Europei agli Stati vengano assegnati anche in proporzione alla partecipazione alla suddivisione degli immigrati.