L’assetto geopolitico del mondo sta cambiando. Quello in cui ci troviamo è un periodo di transizione, nel quale il passaggio da un assetto unipolare a uno multipolare sembra ormai segnato. Molti tra i Paesi che per lungo tempo abbiamo con sprezzo definito Terzo mondo stanno acquisendo sempre più voce nel contesto internazionale, contribuendo all’insediarsi di questo nuovo equilibrio. Ma quali dinamiche stanno rendendo tutto questo possibile? Dove affondano le radici storiche di tale cambiamento? Chi tutelerà le popolazioni da questo frammentarsi di poteri – e quindi, potenzialmente, dal moltiplicarsi degli oppressori? Questi i temi al centro del nuovo Monthly Report, la rivista mensile de L’Indipendente all’interno della quale trattiamo tematiche di particolare rilevanza che riteniamo non sufficientemente approfondite dalla comunicazione mainstream.
Il numero è disponibile in formato digitale e cartaceo per gli abbonati (qui tutte le info su come riceverlo) ed ora anche per i non abbonati (a questo link).
L’editoriale del nuovo numero: Il nuovo ordine mondiale sarà realmente nuovo?
Che il mondo si avvii a diventare multipolare è un dato di fatto della storia, reso ovvio dall’ascesa economica, politica e militare di nuovi attori globali. Cina, India, monarchie del Golfo, Brasile, Turchia, Russia ed altri ancora: sono sempre di più i Paesi che chiedono una ridefinizione dell’ordine mondiale stabilito dopo la fine della seconda guerra mondiale, basato su leggi e organizzazioni sovranazionali progettate a Washington. Quando i media dominanti d’Occidente vagheggiano di ciò che pensa o decide la comunità internazionale in realtà definiscono con questo termine un gruppo di Stati che rappresenta appena 1,3 miliardi di cittadini del mondo – quelli che risiedono nei Paesi occidentali più Giappone e Australia – mentre altri 6,7 miliardi sono esclusi dal privilegio di vedersi rappresentati in questo club esclusivo che parla a nome del mondo intero. Si tratta di una disparità che ha retto fino a che i Paesi di questa maggioranza di cittadini del mondo potevano essere considerati poveri o in via di sviluppo, ma ormai molti di questi sono potenze reali con economie forti e in espansione, eserciti moderni e tecnologie all’avanguardia. Come è normale che sia, vogliono non solo entrare a far parte della comunità internazionale, ma avere voce in capitolo per ridiscuterne le regole. Stati Uniti e alleati potranno decidere se aprire la porta oppure aspettare che venga sfondata: il risultato non cambierà. Come in ogni fase storica di ridefinizione degli equilibri globali, un nuovo ordine mondiale sorgerà. Si spera con un negoziato pacifico, perché l’alternativa è un allargamento del conflitto in corso in Ucraina (e per procura in medio Oriente e in Africa) che, passando per Taiwan, sfocerebbe in una nuova guerra mondiale. Questo il quadro che praticamente tutti gli analisti geopolitici danno per scontato e che dettagliamo in questo nuovo numero del Monthly Report.
Di fronte a questo scenario di ridefinizione degli equilibri globali c’è chi si dispera per l’unilateralismo occidentale perduto e chi festeggia per l’ascesa di nuove potenze. Come al solito su L’Indipendente proviamo anche a cambiare sguardo sulla vicenda, senza abbandonarci al tifo geopolitico per l’una o l’altra potenza. Certo, un mondo multipolare è maggiormente rappresentativo delle varie potenze presenti nel mondo e potenzialmente più equo: ma un nuovo ordine globale non sarà automaticamente un mondo più giusto. Fino ad oggi l’umanità non è ancora riuscita a liberarsi di una logica atavica che mette in dubbio una facoltà che gli umani si arrogano con incrollabile convinzione: essere l’unica specie animale dotata di ragione, capace di senso di giustizia e di risolvere le controversie in modo civile. La verità è che gli equilibri tra Stati si regolano oggi allo stesso modo di migliaia di anni fa: attraverso la legge di natura che vige nel mondo animale, dove il più forte cerca di dominare i più deboli con la sopraffazione. Se non si supera questa logica, la differenza tra un mondo unipolare e uno multipolare risiederà solo nel fatto che nel primo c’era un unico soggetto dominante e nel secondo ci saranno più potenze a contendersi pezzi di pianeta da assoggettare alle proprie sfere d’influenza. Il nuovo ordine mondiale rischia così di essere una riedizione di una logica vecchissima, dove per miliardi di umani la realtà continuerà ad essere quella che oggi vivono le popolazioni africane, indigene, palestinesi, curde e di tanti altri popoli ancora: vivere sotto il dominio diretto o neocoloniale di una potenza estera più forte. Per chi ha a cuore un mondo più giusto nel suo complesso occorre tifare non per l’una o l’altra potenza, ma per la nascita di un equilibrio realmente nuovo. Anche su questo proviamo a interrogarci.
L’indice del nuovo numero
- Il grande caos
- La logica del dominio è davvero intramontabile?
- Un mondo multipolare non sarà automaticamente un mondo nuovo
- La creazione di un nuovo ordine mondiale passa dalla moneta
- Brics contro G7: i nuovi blocchi a confronto
- L’America Latina non è più il cortile di casa degli Stati Uniti
- La guerra dei chip
- Nei rapporti tra Stati domina ancora la legge di natura
- Come si tutelano i diritti umani in un mondo senza guida?
- L’incredibile diversità linguistica che resiste agli imperi globali
Il mensile, in formato PDF, può essere acquistato (o direttamente scaricato dagli abbonati) a questo link: https://www.lindipendente.online/monthly-report/
Sono pochissime le specie animali non umane ( p.e. martore e faine che per rubare una gallina uccidono mezzo pollaio…) con uno spirito di sopraffazione così spinto come quello di moltissimi Homo sapiens. Nel mondo animale (ma anche vegetale) la regola è dettata dall’ equilibrio, seppur violento ai nostri occhi, tra predatori e predati perché “conviene” ad entrambi. Lasciando per un momento da parte sia l’ etica che la religione , prodotti innaturali di origine umana, e tenendo conto solamente della matematica, di per sé connaturata ai sistemi biologici, facendo “due conti”, la sopraffazione è una perdita netta per tutti.