«Era un pallone spia di cui sappiamo con un alto grado di certezza che non ha ottenuto informazioni e non ha trasmesso informazioni alla Cina». Così il generale Mark Milley, Capo di Stato maggiore dell’Esercito degli Stati Uniti, sette mesi dopo il caso diplomatico del presunto pallone spia cinese che ha infuocato l’opinione pubblica e incrinato i rapporti diplomatici tra USA e Cina, dando il via a una serie di sanzioni, ha spiegato a CBS News Sunday Morning che «non c’è stata raccolta di informazioni».
Come osserva il giornalista David Martin che ha intervistato Milley, si è trattato del «caso più bizzarro dell’amministrazione Biden»: i caccia più avanzati dell’America vennero mandati ad abbattere il pallone aerostatico che fluttuava sopra gli Stati Uniti, mettendo il Paese e i suoi politici in fibrillazione. Ora, il Generale ha rivelato a Martin che l’intelligence a stelle e strisce ha concluso che non c’è stata alcuna raccolta di informazioni da parte di quel pallone.
Che potesse essere una tempesta in un bicchiere d’acqua era evidente a molti analisti, ma la Casa Bianca (e di seguito la grancassa mediatica) decise di cavalcare l’eco della notizia per agitare il consueto spauracchio di una minaccia esterna e diffondere nell’opinione pubblica l’idea che i cinesi fossero talmente spietati da spiare impunemente gli avversari su suolo americano.
Perché quel pallone si trovava a sorvolare gli Stati Uniti? Da subito si affermarono diverse teorie, con almeno una ipotesi predominante, ora avvalorata dall’intelligence USA, secondo cui i venti avrebbero deviato la rotta del velivolo. Il pallone ha fluttuato sopra l’Alaska e il Canada e poi è sceso sopra i 48 Stati inferiori, fino a Billings, Montana, dove il fotografo Chase Doak, pensando inizialmente che fosse “un mezzo extraterrestre”, ha immortalato l’oggetto e ha inviato le immagini al Billings Gazette, con la licenza di usare gratuitamente le immagini, trattandosi di sicurezza nazionale.
Non sono bastate le scuse e le rassicurazioni tempestive di Pechino che ha cercato di “sgonfiare” l’imbarazzante crisi del velivolo aerostatico, sostenendo che si trattava solo di un innocuo strumento civile per gli studi meteorologici, sfuggito al controllo. Da quel momento, è scoppiata l’isteria, con il Segretario di Stato Antony Blinken che ha annullato il viaggio in Cina, facendo saltare i piani diplomatici di Pechino per arginare la pressione americana nell’Indo-Pacifico. Non solo, perché l’amministrazione Biden ha anche adottato una serie di ritorsioni economiche, con il divieto di vendita di tecnologia a sei entità cinesi.
Come già osservava Limes il 2 febbraio, «apparentemente si trattava di una non-notizia, ma il suo effetto è stato fragoroso», perché «questo strumento non sarebbe in grado di raccogliere più informazioni di quanto faccia un satellite nelle orbite basse». A ogni modo, il 4 febbraio, su ordine del Colonnello Brandon Tellez due caccia statunitensi hanno abbattuto il vettore mentre si trovava nei cieli sopra la costa orientale degli USA. Dopo che la Marina ha recuperato i rottami dal fondo dell’Atlantico, gli esperti tecnici hanno scoperto che i sensori del pallone non erano mai stati attivati mentre si trovava sopra gli Stati Uniti continentali. Ma a quel punto, il danno alle relazioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e la Cina era già stato fatto, con i mezzi di informazione che a livello internazionale, invece di attendere conferme, montavano un caso di spionaggio in stile hollywoodiano, facendo passare – con granitica certezza – l’idea che il pallone sonda avesse addirittura raccolto informazioni sensibili dalle basi militare americane. È il caso di NBC, ripresa dal Corriere della sera, secondo cui il pallone spia avrebbe trasmesso in tempo reale alle autorità cinesi le informazioni raccolte. Ancora più sicuro il Sole 24 ore secondo cui ci sarebbero «le prove che gli aerostati cinesi sono palloni-spia» e «nel pallone abbattuto sensori e tech di sorveglianza, intercettazione e raccolta di intelligence».
Come nel gioco del telefono senza fili, le ricostruzioni acquisivano dettagli fantasiosi da un quotidiano all’altro anche sui media italiani. Per la Repubblica, per esempio, ancora lo scorso giugno, riprendendo fonti del Wall Street Journal, scriveva «Il pallone-spia cinese era dotato di attrezzature di fabbricazione americana», sebbene il 15 febbraio, lo stesso quotidiano avesse maturato qualche dubbio sul fatto che, forse, il famigerato pallone spia «potrebbe essere stato spinto fuori rotta dai venti».
Per il Messaggero, invece, l’allarme avrebbe coinvolto anche il nostro Paese: «Secondo quanto riferito da un alto funzionario del dipartimento di Stato, Pechino ha lanciato palloni spia su oltre 40 Paesi in cinque continenti». Insomma, nel giro di poche ore, la minaccia era diventata globale e la Super Spectre di palloni spia telecomandati da Pechino spaventava «il mondo intero».
Per poi “sgonfiarsi”, sette mesi dopo, come un palloncino.
[di Enrica Perucchietti]
Solo i deboli di mente, non lo hanno capito dal primo giorno.