Comunicare è una delle strategie ecologiche alla base della sopravvivenza e del successo di una specie. Avvalendosi di strumenti più o meno complessi, ogni entità biologica lo fa a modo proprio. L'Homo sapiens, da sempre, sfrutta la lingua. Per definizione, stiamo parlando di una “forma storicamente determinata attraverso il quale gli appartenenti a una comunità si esprimono e comunicano tra loro mediante l'uso di un determinato linguaggio, ovvero un insieme di segni scritti e/o parlati”. Una descrizione sicuramente utile, questa fornita dal linguista Gian Luigi Beccaria, tuttavia semplifica d...
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Residente da trentasette anni in un Paese straniero – benché vicinissimo geograficamente e culturalmente al nostro – ho vissuto in prima persona e con tutto me stesso il complesso e articolato ma necessario ed inevitabile processo di acculturazione alla lingua, agli usi e costumi e alla cultura del Paese ospitante. Inevitabile, perché a detta acculturazione – indipendentemente dalla sua intensità e pervasione – contribuiscono giorno per giorno semplici azioni come il fare la spesa, ascoltare i giornali radio, la vita sociale ecc. Necessario, non solo perché dopo soltanto un anno con il francese ho iniziato a lavorare in ambito culturale, ma perché da sempre considero la proprietà di linguaggio imprescindibile strumento della propria, articolata e ricca, espressività e quindi della mia sacrosanta e vitale libertà di pensiero, ovvero LIBERTA’ tout court a sua volta espressione e, oserei dire, specchio della mia individualità. Una libertà che mi ha anche portato a temere seriamente di perdere definitivamente le mie radici – ovvero la mia identità italiana – laddove invece l’acquisito bilinguismo (partendo da zero, cioè imparando il francese via via) mi consente di esprimermi e pensare agevolmente nelle due lingue, di praticare anche un inglese fluente e di rimanere intellettualmente molto attivo.
Racconto questa mia fondamentale e anche sofferta ma, ripeto, ricchissima esperienza perché credo di essere riuscito a trarre il meglio anzi addirittura a trascendere quell’esperienza quotidiana che, nelle sue varie forme, coinvolge oramai popoli ed individui dell’intero pianeta ed in particolare quelli come il nostro, perennemente in bilico tra le vestigia di un gloriosissimo e prestigioso passato che oggi ancora rivendichiamo come vetrina della nostra particolare identità (la Grande Bellezza e altri simili “tormentoni”) E lo tsunami dell’ipermodernità che travolge a appiattisce tutto quello che trova nel suo passaggio.
Il risultato è, a mio avviso, evidente benché, a quanto sembra, non interessi a nessuno rilevarne la presenza; magra consolazione, non è limitato al solo Bel Paese benché da noi tale fenomeno sia oramai endemico e praticamente patologico.
Mi riferisco a quell’immaginario collettivo ed individuale che, dal dopoguerra in poi, è stato linguisticamente (e quindi, culturalmente) contaminato dallo storytelling pubblicitario e televisivo, incollando il cittadino-utente-telespettatore alla magia narcotica ad alienante dello schermo, suppellettile che si è prima installato nel salotto buono per ritrovarcelo ora come propaggine degli arti superiori e del cervello.
In tale contesto, continuare ad illudersi che l’Italia sia ancora il Paese della lingua di Dante è una balla colossale, un delitto perpetrato a danni propri e della collettività tutta, una delle tante minch…..che circolano proprio in virtù dell’avvenuta distorsione tra la realtà e la sua rappresentazione.
E’ il Paese del Mondo Buono.
Articolo molto interessante che sollecita riflessioni anche sulla situazione e sul futuro della nostra bellissima lingua, espressione di un patrimonio storico e culturale immenso. L’ impoverimento delle lingue nella società globalizzata, purtroppo, è un fatto. Fanno riflettere le parole del professor Santipolo sulla questione etico-culturale e sulla perdita di valori che comporta l”estinzione di una lingua.
L’avvento dei sistemi di traduzione basati sulla IA sta portando un colpo mortale alle lingue imperiali. Andiamo verso un mondo in cui ognuno parlerà e studierà, se vuole, ciò che meglio crede. Bisognerà capire come riciclare tutti coloro che lavorano nel settore, traduttori, interpreti, insegnanti…
E intanto prosegue il depauperamento dell’italiano a favore del pidgin inglese, che per fortuna gli italiani imparano spesso in modo approssimativo. Noto per fortuna che spesso la nostra indolenza mette i bastoni fra le ruote ai satanisti del NWO.