giovedì 21 Novembre 2024

Gli incredibili cortocircuiti logici dei media per paragonare Israele all’Ucraina

«Spezzeremo le ossa degli aggressori». Era il 1973 e il capo di stato maggiore David Elazar annunciava punizioni inimmaginabili ai palestinesi. Cinquanta anni fa, l’attacco che diede origine alla guerra dello Yom Kippur, nel giorno di una delle più solenni feste della religione ebraica, avvenne all’improvviso, nonostante gli avvertimenti della CIA, quando gli eserciti dell’Egitto e della Siria colsero di sorpresa la dirigenza politico-militare israeliana, mettendo in forte difficoltà le forze armate di Israele. Cinquant’anni anni dopo, un attacco, sulla carta impossibile, di Hamas colpisce il cuore di Israele. 

Oggi, è Benjamin Netanyahu – accusato da Haaretz di essere il diretto responsabile del disastro – che, pronto a scatenare un’operazione di terra, dopo aver deciso di introdurre la clausola di guerra contro i palestinesi (l’articolo 40 Aleph della Legge fondamentale), annuncia punizioni terribili: «Il nemico pagherà un prezzo che non ha mai conosciuto». E, in questi giorni, la stampa mainstream non è soltanto unita nel condannare Hamas, ma ha deciso di abbracciare la causa israeliana, lanciandosi in spericolati paragoni con l’Ucraina. Riuscendo nell’impresa di capovolgere la realtà al punto di trasformare Israele nel Paese invaso e i palestinesi negli invasori. Per farlo, si chiude un occhio di fronte alla reazione di Israele e a dichiarazioni raccapriccianti, che evocano una tragedia umanitaria, sotto gli occhi socchiusi della comunità internazionale, come quelle del ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, che ha affermato di aver ordinato «un assedio completo alla Striscia di Gaza», che è bene ricordarlo, conta circa 2,2 milioni di persone. «Non ci sarà elettricità, né cibo, né carburante, tutto chiuso. Stiamo combattendo animali umani e agiamo di conseguenza», ha affermato. 

Sono proprio le numerose risoluzioni dell’ONU, inutilmente adottate e in parte ignorate o disattese, nel corso degli anni, per affrontare l’invasione e l’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele, a mostrare chi sia realmente l’invasore. Dalla risoluzione 181 che sanciva la spartizione della Palestina, alla risoluzione 194 del 1948 che sul diritto di ritorno dei profughi (applicata solo in minima parte), per passare alla 242 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, adottata nel 1967, subito dopo la Guerra dei sei giorni. Questa risoluzione sottolineava la necessità del ritiro delle forze armate israeliane dai territori occupati e il riconoscimento del diritto di tutti gli Stati della regione di vivere in pace entro confini sicuri e riconosciuti. La lista è lunga: la risoluzione 338, adottata nel 1973 in seguito alla guerra dello Yom Kippur, richiedeva un cessate il fuoco immediato e il rispetto della risoluzione 242; la risoluzione 425 del 1978 del Consiglio di sicurezza dell’ONU ingiungeva a Israele di ritirarsi dal Libano ma gli israeliani si ritirarono solo nel 1985. E, ancora, la risoluzione 2334, adottata nel 2016, ha attirato l’attenzione internazionale per la sua chiara condanna degli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati. Tuttavia, Israele ha respinto questa risoluzione e ha continuato a costruire nuovi insediamenti.

Oggi, all’indomani dell’attacco a sorpresa di Hamas, i mezzi di informazione italiani sono uniti non solo nel biasimarne la violenza, ma persino nel ribaltare la realtà e abbracciare una narrazione orwelliana, in cui gli oppressori storici diventano gli oppressi indifesi da sostenere a ogni costo. 

A guidare questa tendenza è Il Foglio che, per mano di Claudio Cerasa, lancia «un appello straordinario in difesa di Israele», che diventa per il quotidiano la democrazia perfetta che combatte contro i “terroristi islamisti”. Per Giuliano Ferrara, «La solidarietà con Israele non si porta più, non è più di moda. Va alla grande la delegittimazione di uno stato guarnigione, rifugio della democrazia e degli ebrei in una regione devastata dall’odio antisemita e dalla volontà di eliminare, annientare un popolo e le sue radici», mentre Secondo Micol Flammini, «La guerra contro Israele e contro l’Ucraina sono un unico fronte con Iran e Russia sempre alleate».

Similmente, per il Corriere della sera, in Israele la violenza ha lo stesso volto dell’Ucraina e del Bataclan e le «incursioni casa per casa risvegliano la memoria recente di quelle a nord di Kiev, a Izjum e Kharkiv», mentre per Huffingtonpost.it, «La guerra a Gaza è imparentata con quella in Ucraina. Meloni e Schlein solidali con Gerusalemme, ed è un bene». Non solo, perché i redattori che normalmente accusano di complottismo chiunque diverga dalla narrazione dominante, intravvedono una rete intricata dietro l’attacco di Hamas, anzi ne distinguono la matrice, non solo iraniana, ma addirittura russa: «Putin ha bisogno di un nuovo copione, ha urgenza di un evento nuovo che distolga l’attenzione dell’occidente dalle pianure dell’est. Hamas sembra essere lo strumento di un’operazione molto ambiziosa, i cui fili sono tirati altrove». Insomma, anche in questo caso, la colpa è di Putin.

Oltre la patina del cospirazionismo politicamente corretto, si coglie persino un nesso “perverso” «tra Kiev e Gerusalemme»: un paragone ridicolo, tra Ucraina e Israele che, seguendo la narrazione dominante che fa dell’Ucraina il Paese invaso, ribalta completamente la storia, rendendo Israele l’oppresso, invece dell’oppressoreUn confronto, come si diceva, orwelliano, dato che sono i palestinesi che dal 1948 aspettano di vedersi riconosciuti come Stato indipendente, che subiscono da parte di Israele una occupazione straniera, condannata, come anticipato da numerose risoluzioni ONU e giudicata discriminatoria e violenta al pari dell’apartheid dalle organizzazioni per i diritti umani.

[di Enrica Perucchietti]

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4 Commenti

  1. Basterebbe che tutti questi idioti di commentatori facessero tutti insieme una marcia in fila come fanno i militari per vedere che quando si fa retromarcia chi era in testa si ritrova ultimo.
    Ora è evidente che il consumismo gerarchico per cui i ricchi, i cittadini dei paesi più ricchi ecc. possono e devono spendere infinitamente è finito per sempre e l’umanità per salvarsi deve fare retromarcia e lasciare in testa i paesi che pur investendo tanto nella scienza, non consumano irrazionalmente come ad esempio l’Egitto, cominciamo a seguirlo invece di combatterlo!

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