Il governo Meloni ora fa retromarcia anche sulla carne sintetica. L’Esecutivo ha infatti ritirato la notifica TRIS – strumento con cui i Paesi membri sono tenuti a informare la Commissione europea dei loro provvedimenti riguardanti i prodotti, che vengono poi valutati in base alla normativa comunitaria – del disegno di legge che impone lo stop alla produzione e alla commercializzazione in Italia di alimenti e mangimi prodotti in laboratorio. Il testo aveva già incassato il semaforo verde del Senato lo scorso luglio. Una comunicazione del ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, che tanto si è speso nella campagna anti-carne sintetica, ha spiegato che la richiesta del ritiro del ddl avviene “alla luce della discussione parlamentare in corso e delle modifiche che il testo potrebbe subire”. Nelle ultime ore, il ministero ha voluto precisare che “la notifica ritirata sarà rinotificata all’esito dell’approvazione parlamentare”. Ad ogni modo, tutto sembra far pensare che, con questa mossa, il governo voglia evitare una bocciatura ufficiale da parte dell’Unione Europea.
In seguito a una notifica sulla piattaforma TRIS, gli altri Stati membri e gli stakeholder coinvolti possono esprimere il loro parere. Esaminato il contenuto del disegno di legge, le associazioni di settore europee hanno in particolare criticato il passaggio in cui si afferma che, “stante l’assenza, al momento, di una normativa specifica in campo europeo si è ritenuto di intervenire precauzionalmente a livello nazionale per tutelare interessi che sono legati alla salute e al patrimonio culturale”. Varie realtà hanno infatti indicato come, all’interno del Regolamento sui nuovi alimenti e in altri atti comunitari, l’Unione europea sia già dotata di “un sistema di regole per la valutazione della sicurezza e per l’approvazione dei prodotti fatti con colture cellulare”. Molte associazioni hanno inoltre espresso perplessità sulla compatibilità del provvedimento con la normativa europea sulla concorrenza. Insomma, il “sovranismo alimentare” di stampo italico, in questo caso, ha poche chance di superare la robusta barriera eretta dalle istituzioni Ue.
Il disegno di legge approvato dal Senato prevede, per gli operatori che violano il divieto di produzione, utilizzo e immissione sul mercato di alimenti sintetici, sanzioni amministrative da un minimo di 10 mila euro a un massimo di 150 mila euro. Ad esso si aggiungono “il divieto di accesso a contributi, finanziamenti o agevolazioni concessi o erogati da parte dello Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione europea per lo svolgimento di attività imprenditoriali, per un periodo minimo di un anno e fino al massimo di tre anni” e la chiusura dello stabilimento di produzione per il medesimo periodo.
A gioire per il ritiro della notifica sono state molte associazioni animaliste, tra cui Essere Animali. “Noi, insieme ad altre organizzazioni europee che lavorano per la promozione di un’alimentazione più sostenibile, avevamo depositato il nostro contributo sul portale della Commissione, esprimendo profonda preoccupazione per una decisione che rappresenta un freno alla possibilità di sviluppare e commercializzare – ha scritto l’ente in una nota –. Si tratta di un prodotto che non proviene dagli allevamenti intensivi, non richiede l’uso di antibiotici e altri farmaci, né produce tonnellate di deiezioni estremamente inquinanti. Come se non bastasse la proposta prevede restrizioni all’utilizzo di denominazioni molto comuni per i prodotti a base vegetale”.
Il processo produttivo della carne sintetica prevede la coltivazione in laboratorio di cellule animali – prese dal tessuto muscolare di un animale vivo – in un liquido che contiene tutti i nutrienti di cui le cellule hanno bisogno per crescere e moltiplicarsi. Questa tecnologia è però molto costosa e richiede l’impiego di quantità maggiori di energia rispetto all’industria tradizionale della carne. Gli esperti sostengono che occorreranno ancora almeno 10 anni di ricerca e sviluppo prima che questo alimento sia disponibile su ampia scala. Tra i contrari c’è chi paventa rischi per la salute, mentre altri fanno notare che, soprattutto in una prima fase, l’accesso a questo nuovo alimento possa essere circoscritto solo alle classi e alle nazioni più ricche e abbienti, rimpinguando le casse di poche multinazionali. Il fronte dei favorevoli parla, invece, di una scelta sostenibile, che potrebbe una volta per tutte porre un freno al sistema attuale di allevamento industriale, devastante per gli animali e per l’ambiente.
[di Stefano Baudino]
L’alternativa in realta’ non e’ tra allevamento industriale e produzione di carne in laboratorio. L’alternativa alla produzione industriale e’ la produzione in piccola scala di famiglie contadine, che garantiscono una vita decente per gli animali e una carne non sofisticata dalla chimica.
Altresì la produzione per mezzo di famiglie contadine utilizza il loro sapere millenario accumulato nella gestione della terra e dei suoi abitanti, animali e umani, rispondendo cosi anche alla questione ecologica che e’ non solo dipendente dall’industria ma in buona parte dall’inquinamento prodotto dalla agricoltura intensiva.