Domenica 22 ottobre in Argentina si sono svolte le elezioni presidenziali in cui la coalizione peronista di centrosinistra – Union por la Patria – guidata dall’attuale ministro dell’Economia, Sergio Massa, ha ottenuto la maggioranza delle preferenze totalizzando il 36,68% dei voti, mentre il candidato dell’estrema destra ultraliberista, Javier Milei, a capo del partito La Libertad Avanza, ha ottenuto il 29,98% delle preferenze. Si è classificata terza, invece, la candidata di centrodestra Patricia Bullrich con il 23,83%. Nonostante la coalizione di Massa abbia ottenuto la maggioranza dei voti, si andrà al ballottaggio perché per essere eletto al primo turno, un candidato deve prendere almeno il 45% dei voti o il 40% con dieci punti di vantaggio sul secondo: il ballottaggio è previsto per il 19 novembre tra Sergio Massa e Javier Milei. Quest’ultimo è stata la vera sorpresa delle primarie svoltesi ad agosto in vista delle presidenziali del 22 ottobre, in quanto è giunto primo in quasi tutto il Paese. La sua possibile vittoria al ballottaggio determinerebbe un cambio radicale nella politica interna ed estera di Buenos Aires, all’insegna di un neoliberismo estremo e dell’avvicinamento alle potenze cosiddette liberali, in Primis Stati Uniti e Israele, come conseguenza del suo feroce antisocialismo. Il che comporterebbe anche il distanziamento dagli altri Paesi socialisti del Sudamerica e dalla Cina e comprometterebbe l’adesione dell’Argentina ai BRICS.
Buenos Aires si trova ad affrontare una delle peggiori crisi economiche degli ultimi vent’anni da imputare soprattutto all’inflazione che a settembre è arrivata al 138% su base annua e a causa della quale 4 persone su 10 vivono sotto la soglia di povertà. I due candidati hanno soluzioni molto diverse su come risolvere la crisi: nonostante l’orientamento socialista di matrice peronista di Massa, l’attuale ministro dell’Economia ha proposto una politica più attenta ai mercati che prevede tagli delle spese, pur con riguardo rispetto agli effetti sulla popolazione. Tuttavia, nei 14 mesi in cui è stato a capo del ministero economico, Massa è riuscito a fare ben poco per fermare l’inflazione. Dal canto suo, Milei come soluzione al problema economico ha fornito due soluzioni considerate quasi irrealizzabili e per lo più propagandistiche, ma che esprimono bene la sua sudditanza agli Stati Uniti: ha promesso, infatti, di promuovere la dollarizzazione, ossia la sostituzione della moneta argentina con il dollaro e di «bruciare la Banca Centrale argentina», considerata la principale responsabile della condizione economica della nazione. Inoltre, a conferma del suo orientamento liberista, il programma politico del “Bolsonaro argentino” prevede la privatizzazione di tutte le aziende statali e l’introduzione di buoni per il pagamento di istruzione e sanità, oggi totalmente gratuiti. Per esplicitare meglio la retorica liberista sui tagli agli sprechi e alla spesa pubblica, Milei si è presentato ad alcuni comizi elettorali con una motosega. Sul piano etico-sociale, il suo programma introdurrebbe il diritto di portare armi, la penalizzazione dell’aborto e la revisione delle condanne ai militari colpevoli di crimini contro l’umanità durante l’ultima dittatura (1976-1983).
Per quanto riguarda le alleanze, Milei ha cercato un punto d’incontro con il partito di Patricia Bullrich, Juntos por el Cambio (Insieme per il cambiamento), «per mettere fine al kirchnerismo», in quanto «due terzi degli argentini hanno votato per il cambiamento». La maggior parte delle forze politiche argentine si dividono tra anti-kirchnerismo e kirchnerismo: quest’ultimo è un movimento politico di sinistra che promuove la socialdemocrazia e che fa riferimento all’ex presidente Nestor Kirchner (morto nel 2010) e a sua moglie ed erede politica Cristina, che dal 2003 ha espresso quattro degli ultimi cinque presidenti. Il candidato di “estrema destra” si sarebbe coalizzato con Bullrich per arginare il kirchnerismo, ma l’ex ministra della Sicurezza non ha ancora esplicitato il suo sostegno o meno al capo di La Libertad Avanza. Ha invece detto chiaramente di essere contraria a sostenere il partito di Massa perché la sua formazione non sarà «mai complice del populismo e delle mafie che hanno distrutto questo Paese». Nel suo discorso agli elettori e alla popolazione, invece, Massa non ha mai nominato la vicepresidente Cristina Fernández de Kirchner, riferimento dell’area progressista-peronista, che nel dicembre 2022 è stata condannata a sei anni di carcere per corruzione e per amministrazione fraudolenta. Ha affermato però che, se verrà eletto, il suo sarà un «governo di unità nazionale dei migliori».
Considerato che la candidata di centrodestra Bullrich – ex ministra della Sicurezza durante la presidenza di Mauricio Macri – si pone come partito di “rottura” rispetto al governo attuale di cui fa parte Massa, seppure in termini più moderati rispetto a Milei, al ballottaggio i suoi elettori potrebbero votare per l’esponente di estrema destra. In questo caso, è probabile la vittoria dell’esponente ultraliberista che, a causa del suo spinto antisocialismo, minaccia le relazioni con la Cina e con gli stessi Paesi socialisti dell’America Latina a cominciare dal Brasile di Luiz Inácio Lula da Silva. Per questi motivi, Milei ha già annunciato che se verrà eletto presidente, a gennaio rifiuterà l’invito a entrare nel gruppo dei Brics presentato durante il vertice di Johannesburg lo scorso agosto. Sul piano della politica estera ha affermato che “Stati Uniti e Israele saranno i nostri principali alleati”. L’importanza conferita all’alleanza strategica con Tel Aviv rappresenta una novità per Buenos Aires: il candidato di “estrema destra” ha assicurato di voler trasferire l’ambasciata argentina da Tel Aviv a Gerusalemme come segno di solidarietà alle posizioni dello Stato ebraico. Il sostegno a Israele non si deve solo al fatto che la capitale argentina ospita la comunità ebraica più grande dell’America Latina, ma anche alle scelte personali di Milei che ha fatto sapere di volersi convertire alla fede ebraica: «Voglio essere il primo presidente ebreo di questo paese», ha sostenuto all’inizio di questo percorso due anni fa.
I risultati del ballottaggio del 19 novembre decreteranno dunque la direzione che prenderà l’Argentina soprattutto sul piano della politica estera. In questo senso, la vittoria di Milei potrebbe rappresentare un intralcio nel processo di costruzione del mondo multipolare.
[di Giorgia Audiello]