Quando un nemico inizia ad attaccare la pianta, questa lo respinge inviando un messaggio di avvertimento agli alberi vicini, che organizzano le proprie difese. Non è un passo di un romanzo fantasy o di fantascienza, ma ciò che emerge da uno nuovo studio pubblicato sulla rivista settimanale sottoposta a revisione paritaria Nature Communications. La nuova ricerca ha scoperto che le piante ferite emettono alcuni composti chimici che, infiltrandosi all’interno di quelle sane, attivano le difese all’interno delle cellule. Si tratta di una ricerca tutt’altro che irrilevante se si pensa che una migliore comprensione del fenomeno potrebbe consentire agli scienziati e agli agricoltori di fortificare le piante contro insetti e siccità, evitando pesticidi. Masatsugu Toyota, autore senior dello studio, ha infatti confermato: «È la prima volta che siamo stati in grado di visualizzare la comunicazione da pianta a pianta. Probabilmente possiamo dirottare questo sistema per informare l’intera pianta e attivare diverse risposte allo stress contro una minaccia futura o minacce ambientali, come la siccità».
Non è la prima volta che la comunità scientifica ipotizza tale fenomeno: l’idea circolava già dal 1983, quando due ecologisti posizionarono centinaia di vermi e bruchi sui rami di salici e osservarono che gli alberi attaccati cominciavano a produrre sostanze chimiche che rendevano le loro foglie indigeribili per gli insetti. Inoltre, la reazione non si era limitata solo ai salici vicini, ma anche al quelli posizionati a più di 30 metri di distanza e senza collegamenti radicali con le piante attaccate. L’idea era quindi che gli alberi potessero scambiarsi segnali chimici attraverso l’aria. Nei decenni successivi si osservò questa particolare reazione in più di 30 specie di piante, ma fino ad ora nessuno sapeva con precisione quali composti fossero importanti e come venissero rilevati dagli altri organismi.
Nel nuovo studio, pubblicato su Nature Communications, i ricercatori hanno posizionato i bruchi sulla senape di Arabidopsis e sulle piante di pomodoro per innescare l’emissione dei “composti organici volatili (VOCs)”, ovvero la classe di composti che vengono prodotti quando una pianta viene ferita. Poi hanno spruzzato queste sostanze alle piante sane per studiarne la reazione. Il team ha così visualizzato in tempo reale la comunicazione delle piante e ha svelato come i VOCs vengono assorbiti, innescando risposte difensive contro le future minacce. Per l’osservazione, gli scienziati hanno modificato geneticamente le piante in modo che gli ioni di calcio – fondamentali per le funzioni cellulari e la trasmissione di segnali elettrici nella maggior parte degli organismi viventi conosciuti – diventassero fluorescenti quando attivati all’interno delle singole cellule. Toyota ha spiegato che la segnalazione del calcio è come “un interruttore” per attivare le risposte di difesa della pianta e che la segnalazione era correlata ad un aumento di produzione di espressioni genetiche per la protezione. Ad esempio, Toyota ha affermato che la pianta potrebbe produrre alcune proteine per impedire agli insetti di sgranocchiarle, provocando loro problemi intestinali.
André Kessler – professore alla Cornell University ed ecologista vegetale non coinvolto nella ricerca – ha affermato che in futuro i ricercatori potrebbero così immunizzare le piante contro minacce e fattori di stress prima che si verifichino, esponendole, per esempio, a piante infestate da insetti, che diffonderebbero alle altre i composti organici volatili attivando le risposte genetiche cercate. Stesso meccanismo potrebbe essere utilizzato per renderle più resistenti durante i periodi di siccità, segnalando loro di trattenere più acqua. Inoltre, Kessler ha spiegato che le piante possono produrre anche risposte specifiche in base alla specie di erbivoro che le sta attaccando e ha concluso: «Se quella pianta può innescare una risposta adattiva… questa è la definizione di intelligenza. Se capisci questo genere di cose e come lo fanno le piante, ti porta a un livello che mette in discussione il modo in cui comprendiamo il mondo».
[di Roberto Demaio]