Il neoeletto premier slovacco Robert Fico ha iniziato subito ad attuare le linee di azione promesse durante la sua campagna elettorale, in particolare per quanto riguarda gli aiuti militari e finanziari all’Ucraina: nel suo programma elettorale, infatti, aveva promesso di interrompere gli aiuti a Kiev, promuovendo piuttosto i colloqui di pace, in quanto Bratislava «ha problemi maggiori che non l’Ucraina». Proprio ieri, alle parole, il capo politico ha fatto seguiti i fatti: in vista del vertice UE a Bruxelles in cui i 27 ieri e oggi discutono della posizione da tenere nei due principali conflitti in corso – quello a Gaza e quello in est Europa – Fico ha comunicato al Parlamento lo stop dell’invio delle armi a Kiev: «Sosterrò l’azzeramento degli aiuti militari all’Ucraina. Lo stop immediato delle operazioni militari è la soluzione migliore che abbiamo. L’Ue dovrebbe trasformarsi da fornitore di armi a costruttore di pace» ha affermato il capo slovacco, rompendo il fronte occidentale di sostegno a Kiev. Lo stesso ha fatto sapere anche che non voterà alcuna sanzione contro la Russia senza prima analizzarne l’impatto sulla nazione: «Se ci saranno sanzioni che ci danneggeranno, come la maggior parte delle sanzioni, non vedo alcun motivo per sostenerle», ha dichiarato. La posizione di Bratislava è in sintonia con quella dell’Ungheria: il presidente Victor Orban, infatti, ha detto che non vede alcun motivo per cui l’Ungheria debba inviare i soldi dei contribuenti per sostenere Kiev, in quanto la strategia di Bruxelles contro la Russia è fallita: «Oggi tutti sanno, ma non osano dirlo ad alta voce, che questa strategia è fallita. È ovvio che non funzionerà (…) gli ucraini non vinceranno in prima linea», ha detto.
Dal canto suo, Fico ha proposto una strategia semplice e precisa per porre fine al conflitto: la trasformazione dell’Unione europea in una delle principali promotrici di un piano fattibile per raggiungere la pace in Ucraina. L’Ue «dovrebbe trasformarsi da fornitore di armi in un pacificatore», ha detto. Per quanto riguarda la posizione di Kiev, invece secondo il capo di Bratislava, il piano di pace promosso dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky non sarebbe realistico e l’ultima parola sulla fine del conflitto militare spetta a Russia e Stati Uniti, in quanto «gli ucraini non lo faranno». Tradotto, ciò significa che Kiev non avrebbe un reale potere negoziale, dipendendo interamente da Washington. «Qualunque cosa su cui russi e americani saranno d’accordo entrerà in vigore e io voglio che arrivi la pace. Non sostengo nessuno dei piani di Zelensky perché sono del tutto irrealistici», ha detto Fico. Proseguirà, invece, l’invio di generi di prima necessità nei confronti della popolazione martoriata dal conflitto e non verrà meno la spedizione del materiale necessario per lo sminamento del territorio.
Una proposta sul tavolo dell’UE – che dovrebbe essere approvata a dicembre in concomitanza alla revisione del quadro finanziario pluriennale 2021-27 dell’Unione – prevede che gli Stati membri contribuiscano maggiormente alle casse comuni per fornire 50 miliardi di euro all’Ucraina e spendere altri 15 miliardi di euro per l’immigrazione. La proposta è stata bocciata da Ungheria e Slovacchia: «Abbiamo scoperto che questa proposta non era stata elaborata adeguatamente e non era adatta a costituire una base per negoziati seri, quindi l’abbiamo respinta», ha detto Orban. «È stata una grande battaglia, soprattutto sulla questione ucraina», ha aggiunto.
La posizione della Slovacchia sullo stop degli aiuti a Kiev rappresenta un cambiamento politico radicale rispetto alla precedente amministrazione che era stata una delle più accanite sostenitrici della causa ucraina dopo l’inizio delle operazioni militari russe il 24 febbraio 2022. Il governo di Ludovít Ódor, infatti, aveva donato munizioni, armi e aperto le frontiere ai rifugiati ucraini. L’amministrazione di Fico, al contrario, sta rompendo il fronte occidentale provocando una spaccatura nell’auspicata granitica unità dei 27 a sostegno di Kiev. Insieme all’Ungheria, Bratislava è l’unica nazione Ue non allineata ai diktat degli “alleati” americani e che, per ora, sta cercando di promuovere una concreta soluzione negoziale piuttosto che il prolungamento a oltranza del conflitto attraverso il continuo invio di armi sempre più potenti. Dal canto suo, la Russia ha ribadito – come già fatto più volte in passato – che il materiale bellico inviato non inciderà sull’esito del conflitto e che l’“operazione militare” proseguirà a prescindere dalle azioni occidentali, compreso l’allargamento del Patto atlantico alle nazioni confinanti con la Federazione russa.
[di Giorgia Audiello]
Uomo coraggioso. Anche la Meloni dopo la telefonata, se avesse i requisiti, dovrebbe associarsi. Questo comporterebbe un reale e sostanzioso cambiamento nell’ingannevole e ipocrita fronte europeo. Finirebbe presto quella carneficina.
Un raggio di Sole, nell’acqua gelida dell’Europa Germanica.