All’età di 92 anni, sul letto di un hospice lombardo, se n’è andato Carlo Gilardi. Il professore lombardo, protagonista di una storia resa mediatica dal programma di Italia 1 Le Iene, su decisione del giudice tutelare e dell’amministrazione di sostegno nel 2020 era stato prelevato contro la sua volontà dalla sua abitazione di Airuno e spostato in una RSA. Fin dal primo giorno, Gilardi – che per questo si sottopose anche uno sciopero della fame – ha combattuto per poter fare ritorno nella sua amata casa. Dopo lo scalpore suscitato dai servizi televisivi, il caso finì alla Corte Europea dei Diritti Umani, che condannò l’Italia per la violazione dell’articolo 8, inerente il diritto al rispetto della vita privata. L’uomo – a cui era stato diagnosticato da tempo un cancro al cervello – non è però mai riuscito a fare ritorno nel luogo dove avrebbe voluto passare l’ultima parte della sua vita ed è deceduto nell’hospice “Il Nespolo” di Airuno, dove era stato ricoverato a causa del progressivo peggioramento delle sue condizioni di salute.
Carlo Gilardi era nato ad Airuno nel 1930. Detentore di un un ingente patrimonio di famiglia, nel 2017, in seguito a una segnalazione indirizzata da sua sorella al Tribunale di Lecco per la sua prodigalità verso individui ed enti pubblici, era finito sotto amministrazione di sostegno. Conosciuto per la sua grande cultura e generosità, il professore ha infatti sempre scelto di vivere in povertà, elargendo a varie persone somme di grande rilievo. Dopo che un’indagine aveva svelato che l’uomo era stato raggirato da un badante e un gruppo di persone che ospitava a casa sua (il primo è stato appena condannato in Appello a 1 anno e 8 mesi, gli altri sono a giudizio per lo stesso reato), il 27 ottobre 2020 l’amministratrice di sostegno Elena Barra si presentò a casa sua insieme a Carabinieri, infermieri e ambulanza. L’anziano venne prelevato dalla sua abitazione e trasferito nel reparto psichiatrico di un centro ospedaliero, per poi essere ristretto in un ospizio. Barra ha sostenuto di aver agito nell’interesse dell’anziano e nella cornice di un provvedimento del giudice tutelare, aggiungendo che Gilardi non è stato sottoposto a «nessun Trattamento Sanitario Obbligatorio)». “Ritengo che da tempo stiano cercando di farmi dichiarare incapace di intendere e volere al solo fine di poter gestire liberamente i miei soldi e le mie libertà”, aveva scritto Carlo in una lettera prima del ricovero. Nonostante inizialmente si fosse parlato solo di una situazione “temporanea”, all’anziano non venne mai più permesso di fare ritorno a casa.
Il 20 settembre 2021 il cugino di Carlo, Augusto Calvi, aveva presentato ricorso alla CEDU. Che, lo scorso luglio si è pronunciata a favore dell’ex professore, condannando l’Italia per aver violato i diritti di una persona anziana, dei cui desideri e preferenze le autorità non hanno tenuto conto. Nella sentenza, i giudici di Strasburgo hanno infatti attestato che Gilardi “si è trovato posto sotto la completa dipendenza del suo amministratore in quasi tutti gli ambiti e senza limiti di durata” e che “le autorità hanno, in pratica, abusato dell’elasticità dell’amministrazione di sostegno per perseguire le finalità che la legge italiana assegna, con dei rigorosi limiti, al Tso, la cui disciplina legislativa è stata dunque elusa mediante un ricorso abusivo all’amministrazione di sostegno”. La Corte ha sottolineato che “negli ultimi tre anni non sembra essere stata prevista alcuna misura finalizzata al rientro dell’interessato presso la propria abitazione, sebbene l’affidamento fosse stato deciso in via provvisoria” e nonostante Gilardi “non sia stato dichiarato incapace” e “non sia stato oggetto di alcun divieto, avendo le perizie indicato, al contrario, una buona capacità di socializzazione”. L’anziano – hanno ricostruito i giudici – è stato “privato, salvo poche eccezioni, di ogni contatto con l’esterno e ogni richiesta di colloquio telefonico o di visita dava luogo a filtraggio da parte dell’amministratore di sostegno o del giudice tutelare”. Secondo la Corte, insomma, “se l’ingerenza perseguiva l’obiettivo legittimo di proteggere il benessere in senso lato” di Gilardi, essa “non era tuttavia, rispetto alla gamma di misure che le autorità potevano adottare, né proporzionata né adatta alla sua situazione individuale”.
“Dopo anni di ingiuste sofferenze, per tornare libero hai dovuto morire eppure vivevi in uno Stato dove Istituzioni & Co. osano ancora parlare di diritti e libertà. Ora sei in un posto certamente migliore con persone speciali come te, la tua grande bontà ci doveva essere d’insegnamento ed invece, una pessima società, non l’ha compresa e l’ha usata per tentare di giustificare la tua ‘deportazione’ in RSA” ha scritto in una nota il Comitato Libertà per Carlo Gilardi, battutosi per tre anni per i diritti dell’anziano. “La triste vicenda che ti hanno costretto a subire, ignorando le tue ripetute richieste di libertà, esasperandoti per anni, finanche facendoti desiderare più volte di voler morire, è un’eclatante dimostrazione di dove possa spingersi l’insensibilità e la cattiveria umana. E dopo tutto ciò avranno anche la spudoratezza di chiamarla morte naturale? Ancora una volta ti chiediamo perdono con il cuore in mano e con le lacrime, per quello che questa triste società ti ha causato”, hanno concluso i componenti del Comitato.
[di Stefano Baudino]
grazie per avere raccontato questa vicenda