giovedì 21 Novembre 2024

Francia: la guerra tra Macron e le famiglie per il diritto all’educazione parentale

In Francia, lo scorso settembre, mentre la maggioranza degli studenti riprendeva la strada verso scuola, tra 50.000 e 60.000 bambini iniziavano un nuovo anno di istruzione parentale. Ma per alcuni genitori, il desiderio di istruire i propri figli attraverso canali alternativi è stato ostacolato da una nuova normativa. Fino allo scorso anno scolastico i genitori potevano praticare l’homeschooling inviando una semplice dichiarazione al Comune di residenza, indipendentemente dalle loro ragioni. Ma quest’anno, hanno dovuto presentare una richiesta di autorizzazione all’académie di riferimento, cioè l’ufficio scolastico competente (articolazione territoriale del Ministero dell’Istruzione), che si riserva di approvare la domanda solo se questa rispetta una delle quattro ragioni indicate nella legge. La ragione adottata dal governo per limitare una pratica la cui liceità è sancita dal diritto, è stata nientemeno che il terrorismo: in quanto l’educazione parentale sarebbe adottata da famiglie che vogliono dare una formazione religiosa – anche islamica – ai figli. Ma si tratta di argomentazioni che, i dati lo dimostrano, non hanno agganci con la realtà. Per questo le famiglie hanno percepito la norma approvata dal governo Macron come un attacco alla libertà di istruzione e hanno dato il via a una dura protesta che dura ancora oggi, seppur a grande distanza dall’agenda dei media dominanti. 

Nel suo discorso sul séparatisme del 2 ottobre 2020, Emmanuel Macron aveva espresso il desiderio di vietare l’istruzione in famiglia: «Ogni giorno, i rettori scoprono bambini completamente fuori dal sistema. Di fronte a queste deviazioni che escludono migliaia di bambini dall’educazione alla cittadinanza (…), ho preso una decisione: dall’anno scolastico 2021, l’istruzione a domicilio sarà strettamente limitata alle esigenze di salute». Così si è arrivati alla legge del 24 agosto 2021, che ha provocato una immediata diminuzione del 29% del numero di bambini istruiti in famiglia, secondo l’ex segretaria di Stato Sonia Backes. 

Le associazioni e i collettivi denunciano un sistema che ostacolerebbe l’istruzione a casa. «Si tratta in realtà di un divieto mascherato dell’istruzione in famiglia», ha dichiarato Jalil Arfaoui, portavoce di NonSco’llectif. «Condividiamo i valori della Repubblica, eppure siamo presi di mira come potenziali fanatici radicali», ha commentato. Questi cambiamenti legislativi sono stati motivati, infatti, da preoccupazioni riguardanti possibili abusi legati a ideologie radicali, definite in Francia come «séparatisme».

Tuttavia, il legame tra la scuola in famiglia e fenomeni di fanatismo e radicalizzazione rimane difficile da stabilire. Secondo un’indagine condotta dalla DGESCO (la direzione generale dell’insegnamento scolastico) nell’anno scolastico 2016-2017, solo l’1,5% dei 30.139 bambini istruiti in famiglia aveva scelto questa opzione per motivi religiosi e nessun altro tema estremista è indicato tra le motivazioni delle famiglie. Nell’indagine sull’anno scolastico successivo, nemmeno il tema religioso è menzionato.

I rifiuti che fanno infuriare i genitori

Al centro della controversia, un cambiamento significativo: le ragioni accettate per praticare l’IEF (instruction en famille) si sono notevolmente ridotte. Queste sono lo stato di salute del bambino, la pratica intensiva di attività sportive o artistiche, l’itineranza della famiglia o l’esistenza di una situazione propria del bambino che giustifichi il progetto educativo.

È quest’ultimo punto, il cosiddetto “motivo 4”, che alimenta particolarmente il malcontento dei genitori. Centinaia di famiglie hanno manifestato il 15 settembre, Giornata Internazionale per la libertà dell’istruzione, in diverse città francesi. I partecipanti hanno denunciato i rifiuti alle loro richieste come arbitrari. Laurence Le Guilly, del movimento Libres enfants du Tarn, madre di tre bambini istruiti in famiglia da sempre, si è così sfogata: «Non esiste una definizione del motivo 4: non capiamo cosa indichi questa ‘situazione propria del bambino’, ci rendiamo conto che è arbitraria, non c’è una lettura armonizzata tra le varie académie».

Valérie Piau, avvocato esperto in diritto dell’istruzione, conferma ciò che i genitori temono: «C’è un aspetto arbitrario in quanto non esiste una definizione legale dell’esistenza di una ‘situazione propria del bambino’. Pertanto, l’interpretazione verrà fatta caso per caso da ogni rettore delle académie, e potrebbero non avere tutti la stessa interpretazione».

«La questione dell’interesse di ciascun bambino è centrale, ciascuna richiesta viene affrontata e valutata individualmente» ci ha comunicato il rettorato di Montpellier. «Sulla base di tutti i documenti forniti dai genitori, studiamo attentamente, con il parere degli esperti, la questione della situazione specifica del bambino» ci ha indicato Gilles Halbout, rettore dell’académie di Orléans-Tours, precisando che «i nostri criteri di valutazione dei casi si basano sull’interesse superiore del bambino» e che viene mantenuta alta l’attenzione «alla presenza o meno del diploma dei genitori richiesto dalla legge». Soltanto i genitori in possesso del diploma di scuola superiore sono autorizzati, infatti, a insegnare ai loro figli.

Tra tutte le académie, soltanto quelle di Rennes, de Orléans-Tours, delle Hautes-Alpes e di Bordeaux ci hanno fornito i dati relativi ai rifiuti per l’anno scolastico in corso. Il 22% delle richieste è stato respinto dall’académie di Rennes. L’académie di Orleans-Tours ha rifiutato circa il 10% delle domande, un terzo delle quali motivate dal punto quattro. Nell’académie delle Hautes-Alpes, il 27% dei dossier è stato rifiutato. Nell’académie di Bordeaux, l’8,1% di tutte le richieste è stato respinto, di cui un quarto legato al motivo 4.

In base ai dati raccolti dal collettivo NonSco’llectif tramite Démarches simplifiées, aggiornati al 22 agosto 2023, le percentuali delle richieste respinte variano da un minimo del 3,5% a un massimo del 33% a seconda dell’académie.

Le contraddizioni nell’applicazione della legge

È possibile osservare disparità nella gestione delle richieste. Virginie Duclaux, una madre di 44 anni con quattro figli, aveva presentato un dossier in cui argomentava la necessità di adattare l’istruzione per sua figlia di 3 anni e mezzo secondo i principi del metodo Montessori e in armonia con la natura. La sua richiesta è stata respinta dall’académie  di Grenoble. Tuttavia, Kevin Girault, che aveva avanzato motivazioni simili per sua figlia, in particolare la necessità di un apprendimento all’aperto, ha visto la sua richiesta accettata in Guyana.

«Il Ministero dell’Istruzione rifiuta sistematicamente le autorizzazioni, indipendentemente dalle ragioni. Ciò snatura lo spirito della legge, e i tribunali amministrativi si schierano dalla parte del rettorato», protesta Virginie Duclaux, il cui ricorso amministrativo è stato anch’esso respinto. «Non vi è alcuna base scientifica o rigore nelle decisioni di accettazione o rifiuto; tutto dipende dalle preferenze soggettive di coloro che esaminano le richieste», commenta Kevin Girault.

L’anno scorso, Emmanuelle (il cui nome è stato modificato per ragioni di riservatezza, poiché ha presentato ricorso al Consiglio di Stato per contestare il rifiuto della sua richiesta), aveva richiesto all’académie di Tolosa di praticare l’IEF con sua figlia. La richiesta era stata rifiutata e la bambina è stata costretta a frequentare la scuola. Durante l’anno scolastico, ha sviluppato una fobia scolare. Nonostante il certificato del suo medico curante e il parere di un pedopsichiatra che raccomandava che sua figlia rimanesse a casa, la domanda è stata respinta anche quest’anno. Il medico scolastico ha proposto un adeguamento a scuola invece dell’istruzione in famiglia. «Nausea, vomito, attacchi di panico, insonnia, appena arriva a scuola diventa pallida, si chiude in sé stessa e rifiuta di parlare», descrive Emmanuelle. «Non capisco come il parere di uno specialista possa essere ignorato a favore di quello di un medico scolastico», si lamenta. Emmanuelle non è stata l’unica a ricevere un rifiuto nonostante le prove di problemi di salute. In molti casi, il certificato del proprio specialista non è sufficiente: il rettorato richiede che il medico scolastico valuti la situazione. Su questo punto, l’avvocato Valérie Piau ritiene che «poiché la legge non prevede nulla di specifico, se ritengono di non disporre di informazioni mediche sufficienti, possono richiedere che il bambino sia esaminato dal medico scolastico».

Dalle critiche sulla scuola all’estremismo

La decisione di optare per l’istruzione in famiglia dipende solitamente dalla mobilità delle famiglie, esigenze mediche e il desiderio di un apprendimento non convenzionale. Tuttavia, per molti genitori, questa decisione è spesso il risultato di una valutazione critica del sistema scolastico francese. «Nella scuola del nostro paese c’era troppa rotazione di insegnanti e molte assenze, c’era anche un’insegnante non molto gentile. Abbiamo quindi deciso di ritirare nostro figlio», spiega Morgane Roubaud, 37 anni.

«Vedo il totale fallimento dell’attuale scuola pubblica – commenta Boise Antelme, 53 anni – c’è una mancanza di risorse. Gli insegnanti fanno del loro meglio, ma non c’è il budget. La scuola francese è preistorica», afferma l’insegnante di francese agli stranieri, il cui figlio di 11 anni inizia il sesto anno di istruzione in famiglia. Gaïa Ludington, 35 anni, spiega la sua opposizione all’obbligo scolastico a partire dai tre anni. «Mia figlia maggiore è appena entrata a scuola quest’anno all’età di 7 anni e mezzo. Anche i miei altri figli ci andranno alla stessa età. A tre anni, costringerli ad alzarsi presto al mattino per passare la giornata con altri 30 bambini non è essenziale».

Ci sono anche coloro che si sono allontanati dal sistema scolastico tradizionale a causa delle restrizioni sanitarie. «Le restrizioni pandemiche introdotte a scuola erano una forma di maltrattamento –  osserva Sandra M – penso che indossare la mascherina non sia salutare per il sistema respiratorio dei bambini, per il loro sviluppo emotivo e psicologico», ragioni che hanno spinto la naturopata a ritirare i figli di 7 e 9 anni dalla scuola nel 2021.

Tuttavia, l’istruzione in famiglia potrebbe costituire un potenziale pericolo per alcuni bambini. «Possiamo trovarci di fronte a casi di estremismo, diffidenza e disagio sociale», commenta Gilles Halbout, rettore dell’académie di Orléans-Tours. Secondo l’indagine condotta dalla DGESCO per l’anno scolastico 2016-2017, sono state effettuate delle segnalazioni preoccupanti alla giustizia per 59 bambini su 30.139. Nel 2018-2019, sono state segnalate 39 famiglie su 35.965.

I figli di Catherine B., istruiti a casa da sempre, sono stati affidati ai servizi sociali il 2 ottobre. La famiglia ha rifiutato di presentare una richiesta di autorizzazione per l’istruzione in famiglia per il secondo anno consecutivo. Dopo una segnalazione da parte dell’académie di Tolosa al Pubblico ministero per sospetti di derive settarie, i genitori dei tre bambini hanno anche rifiutato di sottoporsi alla valutazione della CRIP (la Cellula di raccolta e trattamento delle informazioni preoccupanti) e di presentarsi a due appuntamenti con la giudice dei minori.

«Il profilo psicologico dei genitori appare molto preoccupante», afferma il rapporto della giudice dei minori del tribunale giudiziario di Tolosa. Durante vari colloqui con la famiglia, abbiamo potuto confermare «le affermazioni incoerenti, sospettose o addirittura ostili nei confronti delle istituzioni e della legge» della famiglia citate nel rapporto della giudice.

I genitori sfidano lo Stato

Se la nuova legge dovrebbe combattere l’allontanamento delle famiglie dai valori repubblicani e dal modello scolastico tradizionale, sembrerebbe, secondo Jalil Arfaoui di NonSco’llectif, aver provocato un effetto contrario. «Molte famiglie hanno lasciato la Francia, e altri genitori sono praticamente scomparsi dal sistema. La legge, in realtà, crea comportamenti di separatismo, perché le famiglie che praticavano l’istruzione a casa dichiarandolo, adesso sono introvabili. Queste famiglie si sentono perseguitate e hanno difficoltà a fidarsi dello Stato», afferma Jalil.

«Se ogni volta che si fa una legge, ci dicono che spingerà le persone a radicalizzarsi ancora di più, allora significa che siamo una società senza legge, e una società senza legge è una società in cui prevale la legge del più forte», reagisce Gilles Halbout, rettore dell’académie di Orléans-Tours.

«Non scolarizzeremo i nostri figli con la forza – afferma Laurence Le Guilly – se l’anno prossimo i miei figli non saranno d’accordo, non abbiamo alcuna intenzione di sottostare a questa legge. Vogliamo provare la via legale, altrimenti resteremo in Francia nell’illegalità o ci esilieremo».

Stessa situazione per Nicolas Hodin, 39 anni, padre di due bambini di 5 e 7 anni che praticano l’istruzione a casa da tre anni. «Se otteniamo un rifiuto, abbiamo diverse opzioni. O trasferirci e lasciare la Francia, o optare per la disobbedienza civile con tutti i suoi rischi. Ma ci mettono in una situazione estrema, vogliono decidere loro per i nostri figli», spiega.

La maggior parte dei genitori che abbiamo incontrato ha già scelto la “disobbedienza civile”, cioè rifiutano di rispettare l’ordine di scolarizzazione che segue il rifiuto della loro richiesta. 42 famiglie hanno ufficialmente dichiarato la loro disobbedienza civile, riunendosi nell’associazione Enfance libre. Ma ci sono anche genitori che decidono di praticare l’istruzione a casa in modo invisibile per sfuggire ai requisiti della nuova legge. «Le famiglie fuori dal radar, per definizione, non si identificano. È difficile trovare delle cifre», spiega Enfance libre.

Tuttavia, la disobbedienza civile, sia aperta che nascosta, può comportare sanzioni penali. «Dico molto chiaramente alle famiglie di fare molta attenzione, perché potrebbero essere segnalate per informazioni preoccupanti ai servizi sociali», spiega l’avvocato Piau. «È meglio seguire il quadro legale, rivolgersi al difensore dei diritti, al mediatore accademico, presentare un ricorso gerarchico o un ricorso grazioso».

L’associazione Liberté éducation si è rivolta alle Nazioni Unite durante la 74ª sessione del Comitato dei diritti economici, sociali e culturali, svoltasi il 3 ottobre a Ginevra. In questa occasione, il comitato ha valutato la conformità della Francia al Patto sui diritti economici, sociali e culturali. L’appello di Liberté éducation all’Onu è stato chiaro: «Vi chiediamo con insistenza di portare all’attenzione le sofferenze di così tante famiglie e tanti bambini vittime di una legge originariamente diretta contro i fanatici islamisti». La risposta dell’Onu non si è fatta attendere. Nel suo rapporto dal titolo Osservazioni finali sul quinto rapporto periodico della Francia, pubblicato il 16 ottobre 2023, il Comitato ha invitato la Francia a garantire che «l’interesse superiore dei bambini sia debitamente preso in considerazione nella gestione dell’autorizzazione all’istruzione parentale».

[testo e foto di Ilaria Federico]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

3 Commenti

  1. Rockefeller in un intervista dichiaro che le ragioni della nascita del femminismo erano 1 di tassare il lavoro femminile (la casalinga non poteva essere tassata ovviamente) e il 2o ancora più importante del primo era di togliere l educazione dei figli alla famiglia e di affidarla a loro (ossia al sistema). A distanza di decenni i genitori devono combattere con le unghie e con i denti per illoro sacrosanto diritto di educare i loro figli. Tutti i genitori dovrebbero oggi lottare per far sì che non si realizzi il piano di Rockefeller e Co.

  2. Io sono d’accordo con la libertà di scelta, ma leggere di una bambina che ha sviluppato una “fobia scolare” non si può proprio sentire. Ora i bambini sono iperprotetti e tenuti lontani da qualsiasi fonte di frustrazione, e così non possono crescere e sviluppare la loro personalità. Se mia mamma avesse sentito una roba del genere, mi avrebbe mandato a scuola a calci e non avrebbe minimamente tenuto conto del parere del pedopsichiatra!

  3. Grazie dell’articolo anzitutto.
    Il diritto/dovere all’educazione e istruzione dei propri figli è un cardine della libertà.
    E il potere sempre più opprimente e autoritario la vuole eliminare.
    Difendere la libertà di educazione è FONDAMENTALE per la sopravvivenza di una civiltà libera e umana.

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria