Nonostante le pressioni internazionali, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha escluso la possibilità di un cessate il fuoco, annunciando, invece, l’inizio della terza fase della guerra e confermando l’avanzata dell’esercito nella Striscia di Gaza. Il primo ministro si è giustificato facendo dei parallelismi con la posizione degli USA dopo Pearl Harbor nel 1941 e con gli attacchi dell’11 settembre: «Voglio chiarire la posizione di Israele riguardo al cessate il fuoco. Proprio come gli Stati Uniti non avrebbero accettato un cessate il fuoco dopo il bombardamento di Pearl Harbor o dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre, Israele non accetterà la cessazione delle ostilità con Hamas dopo i terribili attacchi del 7 ottobre», ha detto. Il principale obiettivo dichiarato dallo Stato ebraico è quello di cancellare Hamas, tuttavia, ad essere colpiti maggiormente dai bombardamenti e dalle operazioni militari dell’esercito israeliano sono i civili, in particolare donne e bambini, e infrastrutture sensibili come scuole e ospedali: proprio ieri è stato bombardato l’unico ospedale oncologico della Striscia, detto ospedale dell’Amicizia turco-palestinese. Sempre ieri, le Forze di difesa israeliane (IDF) hanno intensificato gli attacchi nell’enclave assediata accerchiando Gaza City: le forze corazzate israeliane avrebbero attaccato la città da due direzioni, prendendo di mira la strada principale che la collega al sud di Gaza. Secondo quanto riporta l’agenzia britannica Reuters, alcuni testimoni hanno raccontato che i carri armati israeliani hanno raggiunto la principale strada costiera nord-sud Salahudeen di Gaza durante il giorno, nel tentativo di intensificare l’assedio nel nord isolando Gaza City dalla metà meridionale dell’enclave. Secondo i residenti e l’ufficio stampa del governo guidato da Hamas, i carri armati delle IDF si sarebbero ritirati verso la recinzione di confine fortificata intorno a Gaza, grazie agli intensi colpi di mortaio lanciati dall’ala armata del gruppo militare palestinese.
Al contempo, il conflitto prosegue anche a nord, al confine con il Libano, e in Cisgiordania dove continua la violenza dei coloni israeliani e dell’esercito contro gli abitanti palestinesi: secondo B’Tselem, un gruppo israeliano per i diritti umani, almeno sette palestinesi sono stati uccisi dai coloni dopo il 7 ottobre, oltre cento palestinesi disarmati sono stati uccisi dalle forze israeliane nello stesso periodo secondo le Nazioni Unite, mentre circa 500 di loro sono stati cacciati dalle loro case. Le famiglie palestinesi stanno vivendo un nuovo periodo di espropri forzati: B’Tselem ha affermato che i coloni stanno utilizzando metodi di intimidazione e violenza collaudati nel tempo per costringere i palestinesi ad abbandonare le loro case. Nelle ultime settimane le aggressioni sono state più intense e più frequenti. Il portavoce del gruppo israeliano per i diritti umani, Dror Sadot, ha detto che «Con gli occhi della comunità internazionale puntati su Gaza, molti coloni sentono di poter agire impunemente». Al confine con il Libano, invece, proseguono gli scontri tra le forze israeliane e Hezbollah: lunedì, l’IDF ha dichiarato di aver effettuato un attacco contro una cellula terroristica nel sud del Libano che si preparava a lanciare mortai sulla città settentrionale di Rosh Hanikra. Hezbollah ha rivendicato la responsabilità di aver attaccato diverse posizioni dell’IDF e, secondo Reuters, il gruppo libanese sta lavorando per limitare le proprie perdite nell’ottica di un conflitto prolungato.
Dal punto di vista umanitario, la situazione nella Striscia si aggrava di giorno in giorno: la mancanza di carburante e di beni di prima necessità hanno gettato la popolazione nella disperazione, costringendola negli ultimi giorni ad assaltare i magazzini di scorte delle Nazioni Unite. Secondo le ultime notizie, stamattina sarebbero entrati 80 camion con sussidi umanitari nella Striscia attraverso il valico di Rafah, al confine con l’Egitto, dopo aver superato l’ispezione dell’esercito israeliano. Si tratta però di numeri assolutamente insufficienti a far fronte alla gravissima crisi umanitaria in corso: secondo le ultime stime delle Nazioni Unite, infatti, sono necessari circa cento camion di aiuti umanitari al giorno per far fronte alle esigenze degli oltre due milioni di residenti della Striscia, e finora, il numero totale di camion a cui è stato consentito l’accesso è inferiore al fabbisogno di un solo giorno. Le forniture di carburante – indispensabili per il funzionamento degli ospedali e per potabilizzare l’acqua – inoltre, sono strettamente vietate. La Corte penale internazionale ha dichiarato che impedire l’ingresso di aiuti nella Striscia di Gaza “costituisce un crimine”, mentre il commissario generale dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi Philippe Lazzarini, intervenendo al Consiglio di Sicurezza, ha dichiarato che a Gaza il livello di «distruzione non ha precedenti», e ha chiesto «un immediato cessate il fuoco».
Nonostante ciò, l’esercito dello Stato sionista continua a portare avanti raid indiscriminati: secondo il ministero della Salute della Striscia di Gaza, l’ospedale dell’Amicizia turco-palestinese, colpito per la seconda volta dalle IDF, ha subito “gravi danni”, che hanno “messo in pericolo la vita dei pazienti e del personale”. Il ministero degli Esteri turco, in un comunicato stampa diffuso ieri, ha espresso la sua ferma condanna per il danneggiamento dell’ospedale, definendolo “disumano”. Allo stesso tempo, il gruppo per i diritti umani, Human Rights Watch, ha denunciato l’uso del fosforo bianco da parte dell’esercito israeliano: in un rapporto ha segnalato che “L’uso del fosforo bianco da parte di Israele nelle operazioni militari a Gaza e in Libano mette i civili a rischio di lesioni gravi e a lungo termine”. Secondo gli ultimi dati disponibili, il bilancio complessivo delle vittime palestinesi ammonta a 8.005 persone, di cui il 67% sarebbero bambini e donne. Save the Children ha riferito che quasi 3.200 bambini sono stati uccisi a Gaza in sole tre settimane. Una cifra che supera il numero di bambini uccisi ogni anno nelle zone di conflitto del mondo dal 2019.
[di Giorgia Audiello]
Dice bene G.A. :”…il principale obiettivo DICHIARATO dallo stato democratico (questa è una mia aggiunta) di Israele è distruggere Hamas…”. Ma non gliene importa di uccidere i civili di ogni età. Che uno degli obiettivi a medio – lungo termine sia proprio quello di non avere più neppure i civili palestinesi nella Striscia, bambini o meno che siano? E gli Stati Uniti – grande paese – approvano. Purché la guerra continui.