venerdì 15 Novembre 2024

La NATO si esercita in acque italiane (e imbarca pure gli universitari)

Nel mar Tirreno e nei cieli di Sardegna e Sicilia hanno ufficialmente preso il via le maxi-esercitazioni aeronavali Dynamic Mariner 23 della NATO e Mare Aperto 23-2 delle forze armate italiane, due eventi strettamente correlati. Alla esercitazione NATO, progettata per “potenziare la prontezza operativa e prepararsi a contrastare l’aggressione e difendere l’Alleanza” partecipano 14 Paesi (Belgio, Canada, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Romania, Spagna, Turchia e Stati Uniti d’America) con oltre 6.000 militari, una trentina di unità navali, sottomarini, elicotteri d’attacco e cacciabombardieri di quarta e quinta generazione. Mare Aperto 23-2 è invece destinata alle forze della Marina italiana e durante il suo svolgimento (fino al 17 novembre) sono state dichiarate off-limits diverse aree presso la costa orientale della Sardegna e quella settentrionale e meridionale della Sicilia. Non è tutto: all’esercitazione aderiscono anche alcune Università italiane – tra cui anche la Cattolica di Milano, quella di Trieste e la Aldo Moro di Bari – che offriranno agli studenti la possibilità di partecipare alle operazioni in qualità di stagisti e, in alcuni casi, ottenere crediti formativi.

La Dynamic Mariner 23 è un’esercitazione a carattere annuale partita il 23 ottobre, che si chiuderà il prossimo 6 novembre. La responsabilità delle operazioni che verranno attuate nella sua cornice, che hanno l’obiettivo di sviluppare le capacità di combattimento e l’interoperabilità dei mezzi aerei e navali NATO, è in capo al Comando Marittimo dell’Alleanza Atlantica (Marcom). Le forze dei 14 Paesi partecipanti all’addestramento si trovano a svolgere attività variegate tra aria, terra mare e guerra informatica. Tra queste, spiccano operazioni antiaeree e anfibie, guerra antisom, operazioni di abbordaggio e passaggio nei choke points (stretti tratti di mare in cui le navi sono obbligate a transitare per spostarsi tra mari differenti). L’esercitazione Mare Aperto, che rappresenta il principale ciclo addestrativo della Marina Militare e si svolge due volte all’anno, copre una vasta gamma di esercitazioni: da quella antiaerea, antinave e antisommergibile alle attività di embargo e controllo del traffico mercantile, fino alle operazioni idrografiche, anfibie e di cacciamine. Per lo svolgimento delle attività della seconda sessione di quest’anno, che proseguirà fino al 17 novembre, sono state istituite diverse aree ad hoc per ospitare intensa attività militare, tiro a fuoco e UAV che coinvolgeranno ampi tratti di litorale sardo e siciliano. La prima sessione dell’esercitazione andata in scena la scorsa primavera aveva visto impegnati personale e forze di 23 nazioni (di cui 12 Paesi NATO e 11 Partner), 41 unità navali, aerei ed elicotteri dell’aviazione navale, reparti della Brigata Marina San Marco, incursori e subacquei, mezzi navali e aeromobili del Corpo delle Capitanerie di Porto.

Ad imbarcarsi, però, non sono stati soltanto militari. Il progetto, infatti, coinvolge anche una rappresentanza di studenti universitari provenienti da Giurisprudenza, Scienze Politiche e Scienze Internazionali, che negli scorsi mesi hanno visto comparire sui portali delle proprie facoltà alcuni avvisi con cui venivano invitati ad iscriversi al bando per partecipare alle esercitazioni come tirocinanti. Chiamati ad “affiancare i POLAD (Political Advisor) e i LEGAD (Legal Advisor) del CINCNAV (Comando in capo della squadra navale) in una simulazione di minaccia estera”, i ragazzi vanno a comporre “un gruppo di studio” che ha il compito di “fornire una legittimazione politica e un inquadramento giuridico alle decisioni prese dal CINCNAV durante l’esercitazione”. La stessa Marina Militare copre i costi di vitto e alloggio sulla nave, mentre tutte le altre spese sono a carico degli studenti. D’altronde, il connubio forze armate-istruzione non è la novità del giorno. Negli ultimi anni, stanno infatti fioccando in tutto il territorio delle stivale iniziative che si pongono l’obiettivo di promuovere davanti a studenti di ogni ordine e grado la carriera militare in Italia e all’estero (dalle attività di docenza da parte dei rappresentanti delle forze armate alla “militarizzazione” dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, che spesso contemplano visite a caserme e basi militari). Lo scorso marzo, per esempio, tra le classi che hanno preso parte alle celebrazioni del centenario dell’Aeronautica Militare Italiana nella base NATO di Trapani c’erano addirittura diverse classi della scuola materna e delle elementari.

[di Stefano Baudino]

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2 Commenti

  1. Propaganda nelle scuole materne ed elementari. Perché no? Bisogna avere scorte di carne giovane per i cannoni. Le università poi sono il barometro della futura classe diligente. Via alla carrierra militare, senza numero chiuso s’intende. Avanti, alle armi ! Con la presenza della Cattolica poi abbiamo un doveroso connubio tra Dio e Patria. Amen

    • Vero, i soliti Stati di Merda che ti garantiscono una vita tranquilla ma ti chiedono in cambio di combattere per le guerre giuste cui continuamente partecipiamo. L’Università certamente è ridicola: ai miei tempi, studi di ingegneria meccanica a Bologna, seconda metà degli anni 90, i professori baroncelli inculcavano ancora la passione per i motori a combustione, i combustibili fossili, mentre sparavano merda sulle fonti rinnovabili, sugli ecologisti. Ogni tanto provavo a contestarli mentre si sentivano così superiori nel contestare gli “ambientalisti ignoranti”. Naturalmente la gran massa degli studenti ne usciva indottrinata. Oggi, nelle stesse aule, raccontano il contrario: belle le fonti di energia rinnovabili, basta coi combustibili fossili. Per questo ha deciso il Sistema, sulla base della emergenza climatica di origine antropica e con dati alla mano che le rinnovabili alla fin fine non erano giocattoli per perditempo.
      Poi c’è sempre qualcuno fuori dal coro, allora come oggi, tra gli insegnanti come tra gli studenti, ma sono sempre pochi.
      Quindi, per quel che non possiamo fare a casa, mandiamo i nostri figli a scuola per imparare quel poco (sempre meno) che ci offrono le scuole e insegniamo loro a respingere, sempre e incondizionatamente l’indottrinamento, soprattutto se inneggia alla guerra, alla violenza, alla morte.

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