L’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nella giornata di ieri, ha approvato a New York con una valanga di voti una risoluzione che chiede la fine dell’embargo economico e commerciale posto a Cuba dagli Stati Uniti all’indomani della rivoluzione castrista. Contro l’embargo si sono espressi 187 Paesi, con il solo voto contrario di Stati Uniti e Israele e l’astensione dell’Ucraina. È la trentunesima volta che l’ONU vota a larghissima maggioranza risoluzioni contro il bloqueo. L’anno scorso agli unici due contrari – sempre Usa e Israele – si era aggiunta di nuovo l’astensione di Kiev e quella del Brasile, allora guidato da Jair Bolsonaro. Nel 2021, i 3 Paesi astenuti erano stati Brasile, Colombia e Ucraina, con Stati Uniti e Israele ancora contrari. Che ora, però, sono sempre più isolati.
Il rapporto a sostegno della risoluzione per la fine “del blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d’America” a Cuba – che dura da oltre sessant’anni – su cui l’ONU si è espressa evidenzia che “ai prezzi attuali, i danni accumulati per l’applicazione di questa politica unilaterale di Washington contro l’Isola caraibica ammonta a oltre 159 miliardi di dollari”. Infatti, soltanto tra il marzo 2022 e il febbraio di quest’anno, “il blocco ha causato danni a Cuba stimati nell’ordine di 4,9 miliardi di dollari”, implicando “un impatto di oltre 405 milioni di dollari al mese, oltre 13 milioni di dollari al giorno e più di 555mila dollari ogni ora”. Prima del voto, si è tenuto l’intervento del ministro degli Esteri di Cuba Bruno Rodríguez Parrilla, che, promuovendo il testo della risoluzione, ha affermato che l’embargo viola i diritti di tutti gli uomini e le donne cubane. «A Cuba viene impedito di acquistare dalle aziende statunitensi e dalle sue filiali in paesi terzi attrezzature, tecnologie, dispositivi medici e prodotti farmaceutici finali, ed è quindi costretta ad acquistarli a prezzi esorbitanti tramite intermediari o a sostituirli con farmaci generici meno efficaci, droghe», ha ricordato il ministro.
Le risoluzioni dell’ONU sono basate su principi di diritto internazionale, ma non sono vincolanti per gli Stati se non ottengono il semaforo verde del Consiglio di Sicurezza, in cui siedono cinque membri permanenti con diritto di veto (Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti). Infatti, se uno qualunque di questi componenti vota in maniera contraria, il testo non può essere adottato. Ai tempi della presidenza Obama, furano fatte importanti aperture in merito alla rimozione dell’embargo, poi del tutto annullate dall’Amministrazione Trump, che addirittura inserì Cuba nella lista dei “paesi sponsor” del terrorismo. Una scelta confermata anche dal nuovo Presidente Joe Biden. Ciononostante, i numeri dicono che, anno dopo anno, su molte questioni Usa e Israele rappresentino una realtà isolatissima a livello globale. Ritenendosi evidentemente superiori alle determinazioni dei consessi internazionali – basti pensare al fatto che da molti anni l’ONU ribadisce sistematicamente a Tel Aviv l’illegittimità dei suoi insediamenti nei territori palestinesi – le due potenze continuano però a tenere in scacco il resto del mondo.
[di Stefano Baudino]
Ormai gli USA e Israele sono stati canaglia.
Amen.
Kiev?
Sul finale dell’articolo avete fatto un bel mix geopolitico: “basti pensare al fatto che da molti anni l’ONU ribadisce sistematicamente a Kiev l’illegittimità dei suoi insediamenti nei territori palestinesi”. Occhio…