In Europa circola sui social troppa pubblicità occulta che “condiziona e inganna i consumatori” e la colpa sembra essere principalmente degli influencer, le nuove celebrità di internet che hanno acquisito o sviluppato la loro fama grazie a queste piattaforme e a cui gli utenti dedicano tempo, seguito e clic, dunque soldi. In Italia circa il 71% degli utenti attivi sui social network segue almeno un influencer che spesso, appunto, influenza il proprio pubblico attraverso consigli, suggerimenti, moda e trend che vengono abitualmente ricompensati da sponsor e agenzie pubblicitarie. Per Bruxelles si tratta di veri e propri commercianti che, nonostante i regolamenti, troppo spesso divulgano gli annunci pubblicitari in modo non trasparente. La Commissione europea ha così lanciato un’indagine sui post online delle star dei social e i risultati potrebbero portare Bruxelles a prendere delle contromisure legali. In parallelo, è stata lanciata la piattaforma Influencer Legal Hub, dove i creatori di contenuti possono trovare informazioni che li aiuteranno a rispettare le regole.
La notizia arriva nello stesso momento in cui è stata pubblicata la nuova ricerca Italiani & Influencer, realizzata dall’istituto specializzato in sondaggi d’opinione BVA Doxa in collaborazione con Mondadori Media e Buzzoole, una piattaforma di marketing per influencer. Secondo le analisi, il 46% degli intervistati ha fatto almeno un acquisto suggerito da un creatore di contenuti e l’83% ne tiene in considerazione i consigli. Per la prima volta in assoluto è emerso che ci sono oltre 3 milioni di italiani che seguono un virtual influencer – ovvero un personaggio immaginario generato dal computer – e il 57% degli intervistati ha affermato di seguirne almeno uno ogni giorno. Solo il 5% non ha una frequenza abituale.
L’iniziativa è stata presentata dal commissario UE alla giustizia Didier Reynders, che ha sottolineato come questo mercato interessi anche fasce della popolazione che meritano un’attenzione particolare: «Il ruolo degli influencer è in espansione e molti consumatori, spesso giovani o addirittura bambini, credono nelle raccomandazioni lanciate attraverso la rete da queste persone che però, quando hanno una finalità commerciali, devono rispettare determinati obblighi legali. Quindi, anche gli influencer devono attenersi a pratiche commerciali corrette e i loro follower hanno il diritto a informazioni trasparenti e affidabili». La normativa europea sui consumatori stabilisce già che la pubblicità (comprese le partnership sui social media) deve essere ampiamente reclamizzata e nel momento in cui un influencer reclamizza un qualsiasi prodotto è tenuto a specificare che si tratta di una pubblicità a pagamento. La Commissione ha aggiunto infatti che il monitoraggio e l’esame dei post servirà anche a capire se è necessario procedere al varo di nuove regole che renderanno il mercato digitale sicuro almeno quanto i mercati tradizionali. L’operazione sarà lanciata nel giro di qualche settimana ma già da ora è attivo l’Influencer Legal Hub, una piattaforma che mira a garantire ai creators la possibilità di informarsi in maniera semplice sulle norme che devono essere rispettate quando conducono attività riconducibili al settore del commercio. L’Influencer legal hub, sottolinea la Commissione, «li aiuterà a imparare in particolare quando, dove e come devono uscire allo scoperto con le loro attività di pubblicità praticate sui social media».
La pubblicità occulta è illegale in UE e in molti altri Paesi e, come definito dall’articolo 2 del Decreto Legislativo 145/2007 è quella che «in qualunque modo, compresa la sua presentazione, è idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, sia idonea a ledere un concorrente». Nel caso degli influencer, si tratta principalmente di tutti quei casi in cui un post su un social network presenta un prodotto come se fosse un consiglio personale del creatore di contenuti, senza che venga però specificato che il suddetto sia una pubblicità retribuita.
[di Roberto Demaio]