Si è concluso con otto condanne e tre assoluzioni il processo in primo grado per gli scontri che hanno avuto luogo il 18 febbraio 2022 a Torino, di fronte alla sede di Unione Industriale. Quel giorno migliaia di studenti erano scesi in piazza per protestare contro la morte di Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci, avvenute mentre svolgevano un percorso di alternanza scuola-lavoro. Durante la manifestazione un gruppo di giovani aveva provato a entrare nella sede di Unione Industriale, per cercare un simbolico confronto con una delle istituzioni ritenute responsabili della morte dei due studenti. Al tentativo erano seguiti alcuni tafferugli con i carabinieri che presidiavano l’edificio. A quasi due anni dai fatti, otto giovani sono stati condannati per quanto avvenuto. I reati contestati sono lesione, resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento (per aver lanciato della vernice rossa contro l’edificio). Per cinque dei giovani la condanna è stata di 9 mesi di reclusione, per gli altri tre di cinque mesi e nove giorni, ma con sospensione condizionale della pena. Sono stati invece assolti i tre studenti accusati di aver incoraggiato verbalmente le azioni con microfoni o megafoni. Gli studenti condannati ricorreranno ora in appello contro la sentenza.
I fatti sono avvenuti nel più ampio contesto delle proteste che, nell’autunno 2022, hanno infiammato tutta Italia. Gli studenti avevano occupato gli istituti ed erano scesi in piazza a più riprese per denunciare la scarsa attenzione delle istituzioni nei confronti delle loro esigenze nel periodo immediatamente successivo alla fine della pandemia, oltre ad esprimere la loro rabbia per la morte di Lorenzo Parelli, Giuseppe Lenoci e di tutti gli altri giovani che hanno perso la vita nell’ambito dei percorsi di alternanza scuola-lavoro (PCTO). Spesso, le manifestazioni sono state represse con la violenza, come accaduto a Torino il 28 gennaio 2022, quando gli agenti si sono accaniti su studenti giovanissimi senza motivo apparente.
La protesta di fronte a Unione Industriale si è svolta in questo contesto. «Nel corso della manifestazione un gruppo di persone ha provato ad aprire il cancello, come a dire ‘Se non volete parlarci allora veniamo noi a parlare a voi: siamo stati picchiati, siamo stati ignorati, ora vogliamo avere un confronto’. Il cancello si apre di un metro e mezzo circa: quello che si era pensato era di mettere, in maniera simbolica, un piede dentro il giardino di Confindustria. A quel punto però si sono schierati i reparti dei carabinieri: da qui è seguito qualche minuto di tensione – meno di quattro, secondo gli atti della Digos. L’hanno definita un’azione violenta, ma in realtà di è trattato di qualche minuto di tafferugli a fronte di una manifestazione di 3-4 ore, durante i quali, inizialmente, la polizia ha anche manganellato» aveva raccontato a L’Indipendente uno dei ragazzi coinvolti.
L’iter giudiziario non si conclude qui: i giovani ora ricorreranno in appello contro la condanna. Secondo quanto sostenuto da loro, infatti, l’azione non aveva scopi violenti ma puramente dimostrativi – per questo motivo, d’altronde, era stata lanciata della vernice rossa sull’edificio e sui carabinieri.
[di Valeria Casolaro]
Deboli con i forti, forti con i deboli.