giovedì 14 Novembre 2024

Bruxelles si piega alla lobby agricola: rinnovato per 10 anni l’uso del glifosato

L’Europa consentirà di utilizzare il glifosato all’interno dell’Unione per altri 10 anni. Lo ha stabilito la Commissione Europea “sulla base di valutazioni complete della sicurezza condotte dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa)” assieme “agli Stati membri”. Mentre da anni si discute sull’impatto sulla biodiversità e, soprattutto, sui rischi alimentari per i consumatori prodotti dal glifosato – inquadrato dalla stessa Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms come potenzialmente cancerogeno nel 2015 -, un gruppo di multinazionali europee della chimica con forti interessi commerciali nei confronti dell’erbicida più usato al mondo (tra cui spiccano i nomi di Bayer, Syngenta e Nufarm) aveva avanzato richiesta di proroga. E ora saranno accontentate. Nel comunicato attraverso cui ha reso nota la decisione, la Commissione ha scritto che l’impiego del glifosato verrà comunque subordinato “ad alcune nuove condizioni e restrizioni”, facendo sapere che, se emergeranno prove “che indicheranno che i criteri di approvazione non saranno più soddisfatti”, potrà essere avviata in qualsiasi momento “una revisione dell’approvazione”.

Formalmente, l’esecutivo Ue è tenuto ad adottare una decisione prima del 15 dicembre 2023, quando scadrà l’attuale periodo di approvazione. Bruxelles ha annunciato che rinnoverà d’ufficio l’autorizzazione del pesticida dopo che, nella cornice di una votazione del comitato di appello della Commissione europea per le Piante, gli Animali, gli alimenti e i mangimi (SCoPAFF), non è stata raggiunta la maggioranza qualificata richiesta. Si sono infatti espressi a favore dell’autorizzazione i rappresentanti di 17 Stati, 3 Paesi hanno votato in senso contrario e 7 si sono astenuti. Tra questi ultimi c’è l’Italia, che in una precedente votazione del 13 ottobre si era invece dichiarata favorevole. Fonti diplomatiche hanno spiegato che il nostro Paese, dopo il sì di un mese fa, aveva specificato a verbale che l’impiego del glifosato dovesse essere vietato, esplicitando tale divieto nel testo, per qualsiasi uso nell’ambito della pre-raccolta. Non essendo stata recepita questa istanza nel testo base, l’Italia avrebbe dunque deciso di astenersi.

Lo scorso luglio, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), pur ammettendo di non aver potuto adeguatamente valutare il ventaglio dei rischi per consumatori e ambiente, aveva dato un nuovo via libera all’erbicida glifosato assicurando che l’uso della sostanza non solleva “preoccupazioni critiche”, che si delineano solo quando riguardano “tutti gli usi proposti della sostanza attiva oggetto di valutazione, impedendone così l’approvazione o il rinnovo”. La stessa agenzia aveva infatti dichiarato che non si avrebbero a disposizione metodologie di valutazione armonizzate né sufficienti informazioni. In merito all’impatto del glifosato sulla salute, molti studi scientifici indipendenti sono però giunti a conclusioni molto diverse, lanciando campanelli d’allarme.

Nel frattempo, solo un mese fa, in Francia, il sedicenne Théo Grataloup ha ottenuto un indennizzo a vita per una serie di malformazioni alla trachea, alla laringe e all’esofago indotte dall’esposizione all’erbicida. La madre del giovane, quando era incinta di lui, gestiva infatti un maneggio di 700 metri quadrati di area sabbiosa periodicamente diserbato mediante un prodotto a base di glifosato. L’anno scorso, gli esperti del Fondo per i risarcimenti alle vittime dei pesticidi avevano riconosciuto “il possibile nesso causale tra la patologia emersa e l’esposizione ai pesticidi durante il periodo prenatale a causa dell’attività professionale di uno o dei due genitori”. Si è trattato del primo caso di indennizzo riconosciuto per questa ragione.

[di Stefano Baudino]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

1 commento

  1. Premetto che da diversi anni evito l’uso di pesticidi nelle attività agricole e sono fermamente convinto che questo deve essere l’obiettivo finale dell’intero mondo agricolo.
    Però ci tengo a non essere ipocrita e chiedo: l’agricoltura moderna, basata sull’industrializzazione delle produzioni agricole e sulla competizione nei mercati mondiali, può fare a meno dei diserbanti? Assolutamente NO!! Allora il vero problema non è il Glifosato, perché prima di esso c’erano diserbanti ancora più tossici e, qualora fosse vietato, le multinazionali hanno già pronti diserbanti in sua sostituzione non meno tossici e probabilmente anche più costosi.
    Il Glifosato è uno strumento, un mezzo, che se usato diligentemente crea problemi trascurabili, se abusato ovviamente, come tutti gli abusi, provoca danno.
    Non vorrei che si prendesse in giro l’intera popolazione mondiale, vietando il glifosato e sostituendolo con qualche altro prodotto declamato falsamente innocuo (nessun prodotto che uccide la vita può essere innocuo), per non intervenire nel risolvere o mitigare il vero problema, la vera causa che richiede l’uso dei diserbanti, cioè la competizione esasperata della produttività agricola, il profitto diretto in queste attività in quanto concepito come impresa privata e una filiera commerciale dove chi detta le regole sono le multinazionali.
    L’agricoltura senza diserbanti, o con un uso limitato e diligente si può fare, ma non nell’attuale mondo occidentale.

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria