martedì 3 Dicembre 2024

L’Argentina ha scelto il suo nuovo presidente: chi è realmente Javier Milei

Il candidato ultraliberista, Javier Milei, capo della coalizione “La Libertà Avanza”, ha vinto il ballottaggio, svoltosi ieri, delle elezioni presidenziali, diventando il nuovo presidente dell’Argentina. Milei ha sconfitto con il 55,7% dei voti il rivale politico Sergio Massa della coalizione di centrosinistra Unione per la Patria e ministro dell’Economia del precedente governo, che ha ottenuto, invece, solo il 44% delle preferenze. Definito impropriamente dai media come un esponente di “estrema destra” – espressione che include troppe realtà diverse tra loro finendo per non indicare alcunché – Milei è in realtà un “anarcocapitalista”, come si è definito lui stesso, e il suo estremismo si traduce nella volontà dichiarata di applicare in modo totale e intransigente i “dogmi” del liberismo politico-economico, a cominciare dal ridimensionamento estremo del ruolo dello Stato nell’economia, all’eliminazione dei sussidi e la riduzione dello stato sociale, per passare alla privatizzazione della sanità e alla liberalizzazione del commercio di organi umani. In tal senso, Milei ha dichiarato che «non c’è spazio per la tiepidezza» o per le «mezze misure» in riferimento alle riforme strutturali che propone per il Paese e ha promesso di inaugurare per l’Argentina una nuova era sia sul piano della politica interna che sul piano della politica internazionale. Rispetto a quest’ultimo punto, il neoeletto presidente ha dichiarato di voler allineare il Paese alle posizioni di Stati Uniti e Israele che dovrebbero quindi diventare i principali alleati di Buenos Aires. Per via del suo forte antisocialismo e della sua visione “atlantista” della politica estera prima di essere eletto aveva messo in discussione l’adesione del Paese ai BRICS prevista il primo gennaio 2024. Milei ha vinto con una larga maggioranza in quasi tutte le province della nazione, anche grazie al sostegno dell’ex presidente Mauricio Macri, di orientamento liberale e figura centrale nel centrodestra argentino.

Nato da una famiglia modesta di origine italiana, laureato in economia, a lungo docente universitario di macroeconomia e strenuo oppositore del peronismo kirchnerista e in generale del socialismo, Milei ha condotto una campagna elettorale all’insegna dell’eccesso e della teatralità – si è spesso presentato nelle piazze con una motosega come simbolo dei tagli alla spesa pubblica che intende portare avanti – facendo leva soprattutto sulla «classe politica ladra e corrotta» e promettendo la «ricostruzione dell’Argentina»: «Oggi inizia la fine del declino dell’Argentina. Oggi finisce il modello impoverente dello Stato onnipresente, che beneficia solo alcuni mentre la maggioranza soffre», ha dichiarato dopo la vittoria. Ciò che ha sedotto l’elettorato argentino è stata la promessa di cambiamento e l’annientamento di una classe politica – soprattutto quella peronista – percepita come stantia e corrotta. Tuttavia, la nazione risulta polarizzata e non sono pochi i problemi che il neopresidente dovrà affrontare, a cominciare da una profonda crisi economica e finanziaria che attanaglia il Paese vessato da un’inflazione che ha raggiunto quasi il 150%. A questo si aggiunge il fatto che Milei non ha ottenuto la maggioranza parlamentare e sarà, dunque, costretto a trovare dei compromessi politici, rischiando di non poter mettere in atto la “politica rivoluzionaria” propagandata in campagna elettorale, che vede i suoi principali cardini nella dollarizzazione dell’economia e nell’abolizione della banca centrale. Per porre fine al problema dell’inflazione, il politico libertario ha proposto, infatti, di adottare il dollaro come moneta di Stato e di abolire la banca centrale del Paese, considerata la causa della tragica condizione economica della nazione. Con soli 38 deputati su un totale di 257 alla Camera – la maggioranza assoluta e il quorum richiedono 129 deputati – e sette seggi su 72 in Senato, Milei dovrà trovare dei compromessi con altri partiti che difficilmente gli permetteranno di concretizzare determinate misure, anche perché al Senato, il peronismo avrà la sua maggioranza autonoma.

Il capo di “La Libertà Avanza” intende applicare la sua ideologia libertaria anche al piano sociale e antropologico: non solo, infatti, è favorevole alla liberalizzazione delle droghe, alla legalizzazione della vendita di organi e alla libera vendita di armi da fuoco, ma ha proposto anche l’unificazione del Ministero dell’Istruzione, della Sanità e del Lavoro in un nuovo ministero detto “Ministero del Capitale Umano“. L’uomo viene così mercificato in quanto ridotto anche lui a “capitale” e, come tale, scambiabile su un preciso mercato – quello del lavoro – secondo la logica neoliberista, la quale ha una concezione antropologica radicalmente diversa rispetto a quella della teoria liberale classica, come ha spiegato in un’ intervista a L’Indipendente il fisico e giornalista Marco D’Eramo: “Se nel liberalismo classico l’uomo mitico è il commerciante […], nel neoliberismo l’uomo ideale diventa l’imprenditore e il mito fondatore è quello della competizione”. La conseguenza di ciò è che ciascuno diventa capitale umano e “La forma sociale che meglio rispecchia questa idea del capitale umano non è il liberalismo ma lo schiavismo, perché è lì che l’uomo è letteralmente un capitale che si può comprare e vendere”. Proseguendo sulla stessa linea ideologica, il neopresidente argentino ha anche detto di non essere contrario alla vendita di bambini, ma che a causa della delicatezza del tema e della ritrosia dell’opinione pubblica se ne potrà parlare solo tra duecento anni. Nel tentativo di aumentare i consensi, tra il primo e il secondo turno delle presidenziali, ha ammorbidito le sue posizioni sulla vendita di organi, da lui considerati una «risorsa economica». È contrario all’aborto, ma solo in quanto lo considera una questione di diritti di proprietà.

Anche sul piano della politica estera, il politico libertario promette un cambiamento epocale che, a causa del suo marcato antisocialismo, minaccia le relazioni con la Cina e con gli stessi Paesi socialisti dell’America Latina a cominciare dal Brasile di Luiz Inácio Lula da Silva. Per questi motivi, Milei aveva annunciato che avrebbe rifiutato l’invito a entrare nel gruppo dei Brics presentato durante il vertice di Johannesburg lo scorso agosto. «Stati Uniti e Israele saranno i nostri principali alleati», aveva affermato già durante la campagna elettorale, promettendo anche di spostare l’ambasciata argentina nello Stato ebraico da Tel Aviv a Gerusalemme, come segno di solidarietà allo Stato ebraico. Queste posizioni si devono anche alle scelte personali di Milei che aveva reso noto di volersi convertire alla fede ebraica: «Voglio essere il primo presidente ebreo di questo paese», aveva sostenuto all’inizio del percorso di conversione due anni fa.

Milei entrerà in carica il prossimo 10 dicembre e dovrebbe governare per quattro anni: si tratta di un risultato strategico per Washington che acquisisce un nuovo alleato e che intacca così la compattezza del Sudamerica come importante polo del nascente ordine multipolare.

[di Giorgia Audiello]

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8 Commenti

  1. Milei e’ una espressione del capitalismo puro, cioe’ di una forma di organizzazione della societa’ che non ha più bisogno dello stato. Lo stato era e rimane ancora una struttura necessaria per dirimere le controversie tra gli interessi dei vari settori del capitalismo, cosi’ da rappresentare gli interessi generali del capitalismo quale classe dominante. Nella attuale evoluzione del capitalismo il potere e’ sempre più vistosamente nelle mani di pochi grandi gruppi finanziari e monopolistici. In effetti Milei e’ lo specchio di questa situazione: un potere economico e finanziario che non deve dare più conto a nessuno: chi protesta, bastonate in testa. Giustamente Marco D’Eramo ricorda la definizione di “capitale umano”. Questa espressione divento’ popolare nelle aziende di ispirazione USA già negli Anni 70. Al posto di “personale” per indicare i lavoratori, o “ufficio del personale” si impose “human resources”: la risorsa umana al pari delle risorse minerarie, etc.

  2. Finalmente una scelta storica, gli USA hanno sempre giurato che la loro ricchezza dipende dal loro liberalismo sfrenato e non dal fatto che rubano a tutto il mondo.
    Ora che l’Argentina un grande paese proverà il liberalismo sfrenato senza poter rubare che altri la supereranno sempre: SAPREMO LA VERITÀ CON UN ESPERIMENTO DEFINITIVO!!

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