In Olanda il Partito per la Libertà (PVV) guidato dal nazionalista Gert Wilders ha vinto le elezioni anticipate svoltesi ieri con il 23,8% dei voti, ottenendo 35 seggi (più del doppio dei 17 conquistati nel 2021) e sancendo la svolta politica del Paese dopo 13 anni di governo del liberalconservatore Mark Rutte che si è dimesso lo scorso luglio, a seguito della caduta dell’esecutivo da lui guidato che si era spaccato su decisioni relative a migrazione e asilo. La vittoria di Wilders è stata ampia, superando di gran lunga nelle percentuali gli altri partiti candidati, ed è stata una sorpresa rispetto ai sondaggi che prevedevano un testa a testa tra la destra “populista”, la prima alleanza rosso-verde dell’ex commissario Ue al clima Frans Timmermans e il partito VVD, il Partito liberalconservatore di Rutte, ora guidato dalla ministra della Giustizia Dilan Yeşilgöz-Zegerius. L’alleanza progressista di Timmermans, GroenLinks-PvdA, ha ottenuto 26 seggi con circa il 15,6% dei voti, il VVD 23 seggi con il 14,4% delle preferenze, mentre il partito NSC (Nuovo Contratto Sociale), fondato ad agosto dall’ex cristiano-democratico Pieter Omtzigt, è quarto con 20 seggi e il 13,9% dei voti. Per governare, tuttavia, è necessario avere 76 seggi in Parlamento su 150: il capo del PVV dovrà dunque trovare degli alleati, cosa niente affatto scontata.
Le votazioni sono state seguite con particolare attenzione e apprensione da Bruxelles, in quanto il partito di Wilders è caratterizzato da uno spiccato euroscetticismo, tanto da aver promesso un referendum sull’adesione dei Paesi Bassi all’Unione Europea. Per questo, alcuni osservatori temono che le elezioni olandesi possano rappresentare un’onda sismica in grado di propagarsi anche in altri Paesi europei. Un altro cardine del PVV è la lotta all’immigrazione, tema sul quale si è spaccato il governo Rutte a causa della difficile gestione del fenomeno. L’Olanda nel 2022 ha dovuto fronteggiare massicci flussi migratori, anche per l’arrivo di rifugiati ucraini, trovandosi di fronte a difficoltà logistiche notevoli. Nel 2022 ha ricevuto 37.020 richieste d’asilo, il numero più alto dal 2015: sono 2,1 ogni mille abitanti, l’Italia ne ha ricevute 1,4. Wilders ha, dunque, saputo cogliere e incanalare il disagio e l’insoddisfazione di una parte consistente dell’elettorato promettendo di arrestare i flussi migratori. È stato inoltre abile a convincere la platea di indecisi, registrata dai sondaggi fino alla viglia del voto, attraverso brillanti doti persuasive che ha messo in atto soprattutto nei dibattiti televisivi: «Restituiremo l’Olanda agli olandesi. Fermeremo lo tsunami della migrazione». «Non possiamo più essere ignorati, governeremo», ha detto il capo politico dopo la vittoria.
Tuttavia, il partito di Wilders dovrà ora trovare dei partiti per formare una coalizione con cui governare, cosa non affatto semplice: l’obiettivo è raggiungere 76 seggi sui 150 totali in Parlamento per ottenere la maggioranza. Dei tre partiti arrivati dietro al PVV, solo il VVD si era dimostrato disponibile ad una coalizione, ma sembra che ora la leader Dilan Yeşilgöz abbia fatto marcia indietro. Nelle prime ore dall’inizio dello spoglio le altre formazioni politiche hanno, infatti, dichiarato di non voler far parte di una coalizione guidata dal PVV. Ma ipotizzare una coalizione che ottenga i 76 seggi e che allo stesso tempo escluda completamente il partito di Wilders, oltre a risultare non coerente con ciò che ha espresso l’elettorato, risulta anche difficile, in quanto servirebbe un’alleanza tra le altre maggiori forze politiche, le quali però sono anch’esse molto distanti tra loro. Per agevolare la formazione di una coalizione, Wilders ha detto di essere pronto a rinunciare ad alcune delle misure più divisive del suo programma politico come quella che prevederebbero di vietare il Corano e le moschee: «Non parleremo di moschee, Corano e scuole islamiche», ha dichiarato. Sul fronte della politica estera, Wilders considera Israele un alleato e vorrebbe rivedere il sostegno militare a Kiev. In ambito europeo, il PVV appartiene al gruppo Identità e democrazia, schieramento a cui appartengono anche la Lega e Rassemblement National della francese Marine Le Pen.
Le prossime settimane, dunque, saranno decisive per capire il futuro politico dei Paesi Bassi che, in caso di governo guidato dal PVV, potrebbe modificare gli equilibri europei verso posizioni euroscettiche, rinforzando così a Bruxelles l’asse “sovranista”, la cui ondata si è arrestata in buona parte dei Paesi europei, ad eccezione dell’Ungheria di Orban e di alcuni Paesi dell’est come la Slovacchia. Caso a parte l’Italia che, pur essendo guidata da una coalizione di partiti – soprattutto la Lega – da sempre definitisi sovranisti o nazionalisti, sta portando avanti un programma economico, migratorio e di politica estera fortemente allineato all’asse euro-atlantico. Non è un caso che Viktor Orban si sia congratulato con Wilders salutando con entusiasmo il suo successo elettorale e scrivendo sui social che “il vento del cambiamento è qui”.
[di Giorgia Audiello]
Considerando che i leader degli stati europei non decidono nulla sulle politiche da seguire dai loro governi, gli euroscettici tirano solo a campare. Il volere dell’elettorato è assolutamente superfluo.