domenica 23 Febbraio 2025

Il potere delle lobby israeliane sulla politica statunitense

La relazione tra Israele e Stati Uniti è inossidabile fin dalla nascita dello stato ebraico, nessun altro Paese al mondo ha goduto di un sostegno economico, politico e militare maggiore di quello che gli USA hanno concesso ad ogni governo succedutosi a Tel Aviv. Secondo le stime, dal 1951 ad oggi, 318 miliardi di dollari sono stati erogati da Washington verso Israele. Un sostegno che non si è mai interrotto, a prescindere dal fatto che al potere vi fossero i repubblicani o i democratici. Sono attualmente venti le lobby sioniste ufficialmente riconosciute negli Stati Uniti, solo nel 2022 hanno finanziato i politici americani, di entrambi gli schieramenti, per circa 40 milioni di euro. Tra i singoli politici statunitensi, anche grazie alla lunga carriera, è proprio il presidente Joe Biden colui che nella sua vita politica ha ottenuto più soldi dai gruppi di pressione filo-israeliani: la bellezza di 4,2 milioni di dollari dal 1990 ad oggi. In media fanno diecimila dollari e spiccioli al mese ininterrottamente per 33 anni, ottenuti esplicitamente per non deludere le politiche dei governi israeliani.

La potenza delle lobby sioniste negli USA

Ben finanziata e politicamente potente, la lobby filo-israeliana ha un peso importante negli affari esteri USA, cercando il continuo sostegno militare ed economico in favore dello Stato ebraico. L’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC) è stata fondata nel 1953 da Isaiah L. Kenen, allora con il nome di Comitato Sionista Americano per gli Affari Pubblici, come divisione di lobbying del Consiglio Sionista Americano (AZC). Fino al 2021 AIPAC non era riconosciuto come PAC (Political Action Committee, la lista dei gruppi di pressione riconosciuti) e quindi non poteva raccogliere e distribuire direttamente fondi per sostenere i candidati politici.

Ad oggi, sono venti i PAC autorizzati a distribuire finanziamenti per indirizzare la politica USA in favore di Israele. AIPAC, fino al 2021, ha certamente svolto un ruolo guida nell’allocazione dei fondi da parte dei suoi circa 100 mila membri, così come ha avuto una grande influenza sull’intera rete di lobby israeliane, ma con il riconoscimento ufficiale che ha dato vita ad AIPAC PAC ha iniziato a gestire direttamente i soldi dei propri membri per la distribuzione ai legislatori e ai candidati. Nel 2022, anno delle elezioni di metà mandato, AIPAC PAC ha finanziato la politica USA con circa 23 milioni di dollari, distaccando ogni altro PAC filo-israeliano e segnando ogni record di spesa da parte di una lobby sionista. AIPAC ha versato 4,7 milioni ai repubblicani e 7,9 ai democratici, mentre 10,5 milioni sono stati donati direttamente ai candidati. Lo scorso anno, la somma totale spesa dai PAC filo-israeliani è ammontata a circa 40 milioni di dollari, mentre nel 2020, anno dell’elezione di Biden, la spesa si era aggirata sui 10 milioni di euro. Inoltre, AIPAC PAC ha partecipato al super PAC (dove i massimali per le donazioni sono molto alti, a differenza dei normali PAC) denominato United Democracy Project, che ha speso 32 milioni di dollari nel corso della campagna elettorale, con una cifra pari a 8,5 milioni di dollari.

Uno dei più recenti successi politici ottenuti dalla lobby sionista si è realizzato sotto l’amministrazione Trump, con lo spostamento dell’ambasciata statunitense in Israele dalla capitale internazionalmente riconosciuta, Tel Aviv, a Gerusalemme, scatenando le ire dei palestinesi e del mondo arabo-islamico. Ovviamente, la rete composta dalle lobby pro-Israele si prende premura di far si che tutti gli aiuti diplomatici, così come quelli economici e militari continuino a fluire verso lo Stato ebraico. Ma il supporto a Israele è senz’altro bipartisan. Vediamo infatti adesso come il democratico Biden sia impegnato al fianco di Benjamin Netanyahu, nonostante al momento gli interessi USA nell’area sarebbero stati quelli del consolidamento degli Accordi di Abramo tra Israele alcuni Paesi arabi in funzione anti-iraniana.

Quando Joe Biden, cristiano cattolico, ha incontrato il Primo Ministro israeliano e il suo gabinetto di guerra durante la sua ultima visita in Israele, il Presidente degli Stati Uniti ha detto: «Non credo che dobbiate essere ebrei per essere sionisti, e io sono un sionista». Non a caso lo stesso Biden è colui che ha ricevuto il maggior numero di fondi da lobby filo-israeliane, ovvero 4,2 milioni di dollari dal 1990 ad oggi. In quest’arco temporale, secondo i dati di Open Secrets, le lobby israeliane hanno elargito la bellezza di 210 milioni di dollari ai vari candidati, di cui 128 ai democratici, 80 ai repubblicani e 2 milioni a candidati indipendenti. Dietro Biden si piazza un altro democratico, Robert Menendez, con 2,4 milioni di dollari, mentre al terzo posto, con 2,3 milioni di dollari troviamo Hillary Clinton. Al quarto posto della classifica dei politici che hanno ottenuto più fondi da lobby israeliane c’è il repubblicano Mark Kirk, con 2,2 milioni di dollari. Nel 2016, anno dell’elezione di Donald Trump alla presidenza, tra i primi venti legislatori maggiormente finanziati dalle lobby pro-Israele 15 erano repubblicani, mentre nel 2020 erano 12. Insomma, la salvaguardia e l’ottenimento dell’interesse israelo-sionista presso le stanze del potere a Washington è indirizzato in maniera del tutto bipartisan e variabile: che vincano i repubblicani o che vincano i democratici, Israele vede sempre realizzati i propri desiderata.

Il supporto militare-economico-diplomatico degli USA a Israele

Dalla guerra d’ottobre del 1973, detta dello Yom Kippur, Washington ha fornito a Israele un livello di sostegno che fa impallidire quello dato a qualsiasi altro stato. Dal 1976, Israele è sempre stato il più grande beneficiario annuale di assistenza economica e militare diretta da parte degli USA, ad eccezione dello scorso anno che ha visto l’Ucraina in testa. Israele, dal 1951 ad oggi, è il più grande beneficiario in assoluto con circa 318 miliardi di dollari, la maggior parte dei quali utilizzati per aiuti militari, ovvero circa 225 miliardi di dollari. Secondo il Congressional Research Service, dal 2000, oltre l’86% degli aiuti annuali americani a Israele ha finanziato sforzi militari, rappresentando circa il 16% del bilancio militare israeliano.

Gli attuali aiuti militari a Israele fanno parte del Memorandum d’intesa (MOU), di corso decennale, dal valore di 38 miliardi di dollari, firmato nel 2016 con gli Stati Uniti. Il MOU supporta l’aggiornamento della flotta aerea israeliana e il mantenimento del sistema di difesa missilistica del Paese. L’accordo impegna gli USA a fornire ad Israele, ogni anno, dal 2019 al 2028, 500 milioni di dollari in finanziamenti per la difesa missilistica e 3,3 miliardi di dollari in altri aiuti militari. Si tratta del terzo accordo di questo tipo, dopo i due firmati durante le amministrazioni di George W. Bush e Clinton. Dal 1999, l’assistenza americana a Israele è sostenuta da protocolli d’intesa da governo a governo che, a differenza dei trattati, non sono giuridicamente vincolanti e non richiedono quindi la ratifica del Senato. Gli Stati Uniti hanno anche fornito a Israele quasi 3 miliardi di dollari per sviluppare sistemi d’arma, fornendo anche mezzi di alto livello come gli elicotteri Blackhawk e i jet F-16. Infine, gli Stati Uniti danno a Israele l’accesso a informazioni che invece nega ai suoi alleati della NATO, chiudendo anche un occhio sullo sviluppo di armi nucleari. Inoltre, mentre tutti i Paesi ricevono gli aiuti in rate trimestrali, Israele ottiene il suo tesoretto di all’inizio di ogni anno fiscale.

Washington fornisce ad Israele anche un consistente sostegno diplomatico. Dal 1982, gli Stati Uniti hanno posto il veto a 32 risoluzioni del Consiglio di Sicurezza critiche nei confronti di Israele e hanno sempre bloccato gli sforzi degli stati arabi per mettere l’arsenale nucleare israeliano nell’agenda dell’AIEA. Gli Stati Uniti vengono in soccorso in tempo di guerra e si schierano dalla parte di Israele quando negoziano la pace. Gli USA rifornirono Israele durante la guerra del 1973 e furono profondamente coinvolti anche nei negoziati che posero fine a quella guerra, così come nel lungo processo che ha portato agli accordi di Oslo del 1993 e poi nei successivi sviluppi nelle relazioni degli attori della regione. Nonostante occasionali attriti tra funzionari statunitensi e israeliani, gli Stati Uniti hanno costantemente sostenuto la posizione israeliana. Vediamo oggi come gli USA appoggino comunque l’azione sionista nonostante il comportamento di Israele possa distruggere, se non l’ha già fatto, il lavoro statunitense per una pacificazione del Medio Oriente, che si voleva ottenere con gli Accordi di Abramo, in modo da isolare l’Iran. Dunque, anche contro i propri interessi geostrategici, gli USA sono sempre e comunque dalla parte di Israele.

[di Michele Manfrin]

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6 Commenti

  1. Il commento di Andrea Porta è corretto, al quale sarebbe utile rammentare come la famiglia Rothschild è evoluta nei secoli, da quando nel XVII secolo viveva in un Ghetto Rosso (roth schild) di Francoforte un ebreo i cui discendenti iniziarono nel XVIII secolo a prestare soldi a uomini d’affari.
    Dopo che la discendenza si divise gli affari in Inghilterra, Francia e Germania, e finanziarono le guerre napoleoniche, la rivoluzione d’ottobre 1917 per il crollo della stirpe degli Zar, si impegnarono con un colossale finanziamento di 39 milioni di dollari del 1930 per aiuti USA al finanziamento di armi a Hitler, per distruggere mezza Europa e fare partire, successivamente il Piano Marshall…
    Quando il 3° Reich distrusse alcuni castelli e nazionalizzò la banca Rothschild in Germania essi si rifugiarono negli USA, lasciando temporaneamente spazio ai Rockefeller, pur loro ben accolti negli USA, ormai icona del potere finanziario internazionale.
    Motivo per il quale Rothschild e Rockefeller hanno stretto pochi mesi fa un accordo di “matrimonio”.
    Come si può pensare che la politica USA non sia nelle mani del potere finanziario ebreo?

  2. Buongiorno. Buon articolo. A mio parere ora lo sforzo deve riguardare un approfondimento per spiegare meglio le lobby e in particolare il rapporto, se c’è, tra il potere finanziario e Israele. Il potere finanziario è il vertice della piramide del potere mondiale occidentale. Mi riferisco ai proprietari dei vari fondi sovrani (BlackRock, Vanguard, State Street…. Ecc). Sono 8/10. Non di più. E sono e stanno diventando i proprietari di quasi tutte le società più significative dei primi 10 settori manifatturieri (tech, farmaceutico, petrolchimico, media, bancario, …..). Ebbene chi sono i proprietari di questi 6/7/10 fondi sovrani? E c’è una relazione tra queste grandissime famiglie miliardarie (perché ci saranno pure persone fisiche dietro queste enormi ricchezze) e la causa israeliana? Questa è la vera domanda.

  3. Articolo corretto ma anche superficiale, non considera che se gli Ebrei furono i primi a credere in un unico Dio è perché la loro mente ha maggiori capacità astratte rispetto a quella dei Germanici che sono più pratici e degli Anglosassoni che sono più pragmatici.
    Quindi vero quanto scritto, ma anche vero che le ragioni non sono solo oscure, sono anche di opportunità.

    • Non capisco il senso del suo intervento in relazione all’articolo. Le questioni religiose o di carattere c’entrano poco… La questione è tutta incentrata sul potere finanziario, una questione tutt’altro che oscura, anzi banale nella sua evidenza. Sulla brillante invenzione del monoteismo invece le consiglio la lettura del volume dell’archeologo israeliano Israel Finkelstein tradotto in italiano con il titolo “Sulle tracce di Mosè”. Finkelstein dimostra, evidenze archeologiche alla mano, che il concentrarsi su un solo Dio e raccogliere in un unico “testo sacro” le tradizioni orali della popolazione di una piccola città stato (Gerusalemme) è stata una scelta di tipo politico (che nel contesto dell’epoca bisogna immaginare come inscindibile dalla religione) volta a rafforzare la posizione della piccola comunità nel turbolento contesto geografico della Palestina del VII sec. a.C.

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