Nella provincia canadese del Québec è andato in scena un gigantesco e storico sciopero che ha coinvolto quasi 600 mila dipendenti del settore pubblico. I lavoratori si sono mobilitati per chiedere ingenti aumenti salariali che possano ripristinare il potere di acquisto, eroso come in tutto il mondo occidentale dall’inflazione. Lo sciopero è stato proclamato in seguito alla rottura delle trattative con il governo guidato dal liberale Justin Trudeau, che dopo una prima mobilitazione sindacale avvenuta il 6 novembre, aveva proposto un aumento del 10,3% dei salari spalmato sui prossimi 5 anni, l’elargizione una tantum di 1.000 dollari in busta paga e un ulteriore aumento del 3% per i lavoratori dei settori ritenuti “prioritari”. La richiesta dei sindacati è invece un accordo triennale che includa aumenti salariali legati al tasso d’inflazione: due punti percentuali al di sopra dell’inflazione nel primo anno, tre punti in più rispetto all’inflazione nel secondo anno; quattro punti in più nel terzo. Il sindacato degli insegnanti FAE, che rappresenta oltre 66mila iscritti, ha addirittura proclamato uno sciopero ad oltranza fino a quando le richieste non verranno accettate dal governo, in una modalità di conflitto che non si verificava dal lontano 1983.
Alla mobilitazione hanno partecipato i 420 mila lavoratori iscritti ai sindacati CSN, CSQ, APTS e FTQ, riuniti nel “fronte comune”, la Fédération autonome de l’enseignement (FAE), che rappresenta 66.000 insegnanti di nove sindacati, così come la Fédération interprofessionnelle de la santé du Québec (FIQ), rappresentante di 80.000 infermieri e altri professionisti della salute, oltre a 700 membri del Syndicat de professionnelles et professionnels du gouvernement du Québec.
Il movimento sindacale Nordamericano sta vivendo un momento insolitamente attivo. Infatti, nei mesi scorsi, negli Stati Uniti, sono andati in scena tre scioperi che hanno coinvolto decine di migliaia di lavoratori, ed altri se ne sono verificati in occasione del Black Friday. A maggio, la Writers Guild of America, che rappresenta gli sceneggiatori cinematografici e televisivi, e la Screen Actors Guild – American Federation of Television and Radio Artists (SAG-AFTRA), hanno scioperato in massa portando la produzione di film e programmi televisivi a un arresto quasi completo. Mentre l’azione sindacale di Hollywood ha guadagnato molti titoli di giornali e TV il suo impatto quotidiano sull’americano medio è stato limitato. Di ben diversa portata è stato lo sciopero del sindacato United Auto Workers (UAW), che rappresenta gli operai del settore automobilistico, e quello di Teamsters che invece rappresenta i fattorini, che ha portato allo sciopero prolungato di centinaia di migliaia di lavoratori negli Stati Uniti. In tutti questi casi, gli scioperi di massa – prolungati nel tempo – hanno prodotto accordi molto vantaggiosi per i lavoratori coinvolti, mettendo a segno una grande vittoria per i lavoratori e sindacati statunitensi.
Nel frattempo, Amazon, Starbucks, Macy’s, e altre grandi aziende hanno affrontato scioperi in occasione del Black Friday. I lavoratori delle sedi di Macy’s nello stato di Washington hanno dichiarato sciopero contro pratiche di lavoro sleali e contro il mancato accordo contrattuale sindacale per l’adeguamento salariale, mentre allo stesso tempo l’amministratore delegato di Macy’s, Jeff Gennette, guadagna 11 milioni di dollari all’anno. Il 15 di novembre, Starbucks Workers United, il sindacato che rappresenta circa 9.000 dipendenti dei 360 negozi Starbucks negli USA, ha indetto lo sciopero in occasione del Red Cup Day, un evento promozionale annuale in cui i clienti ricevono un omaggio. Per Amazon, addirittura, si sta profilando una mobilitazione globale dei lavoratori. Negli USA come in Europa, i lavoratori di Amazon hanno scioperato per condizioni migliori di lavoro e salari adeguati, ed hanno lanciato la campagna globale “Make Amazon Pay” ovvero “Amazon deve pagare”.
Insomma, in Nordamerica si è iniziato a scrivere una nuova pagina di storia delle rivendicazioni sindacali e di lotte per i diritti dei lavoratori. Anche in diversi Paesi d’Europa, come la Germania, i lavoratori si mobilitano sempre più spesso per condizioni economiche aggravate da tre anni di crisi. Mentre in Italia gli scioperi proclamati dai sindacati confederali, spesso ridotti a poche ore in una giornata e assai rarefatti nel tempo, non raggiungono obiettivi. Adesso che i grandi sindacati italiani chiamano alla mobilitazione generale, e allo sciopero, il governo precetta i lavoratori e ne disinnesca ogni possibilità di successo, mettendo in discussione un diritto costituzionalmente riconosciuto. Infatti, lo sciopero è un mezzo democratico di protesta che i lavoratori utilizzano per richiamare l’attenzione su problematiche di vario tipo, dai salari, alla sicurezza, alle ore di lavoro etc., creando disagio economico per le aziende e pratico-sociale per la comunità. Lo sciopero ha successo proprio quando i lavoratori partecipano in massa e per tutto il tempo necessario, con la coscienza del fatto che il sistema non cammina senza di essi, ricordandolo quindi ai datori di lavoro, pubblici o privati che siano.
[di Michele Manfrin]
La società italiana è progredita notevolmente in seguito alla lunga stagione di rivendicazioni sociali e contrattuali degli anni 60 e 70, terminata con la marcia dei 40000 nell’autunno 1980.
Da allora, di fatto è un continuo regresso sociale, economico e politico delle classi lavoratrici.
Che sia arrivato il momento di darsi una svegliata?
Se in Italia lo sciopero e’ imbrigliato, una risposta efficace potrebbe essere passare all’occupazione dei posti di lavoro.