lunedì 30 Dicembre 2024

Impauriti, sfiduciati e scossi: la fotografia degli italiani nell’ultimo rapporto Censis

Siamo sonnambuli, ciechi dinanzi a quei processi economici e sociali la cui evoluzione i conseguenti effetti sono largamente prevedibili. È così che il 57esimo e ultimo rapporto Censis, l’istituto di ricerca socio-economica nostrano, descrive il Paese che abitiamo, l’Italia, immobile di fronte ai cambiamenti preannunciati – benché il loro impatto si prospetta essere dirompente per la tenuta del sistema. Una “colpevole irresolutezza”, come descritta nel report, che ci lascia vulnerabili dinanzi a numeri e condizioni che mutano il nostro modo di vivere.

Nel 2050, per esempio, l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti (come se Roma e Milano scomparissero contemporaneamente) e la sua popolazione sarà sempre meno giovane: gli over 65 saranno 4,6 milioni in più, gli under 9,1 milioni in meno (i 18-34enni saranno poco più di 8 milioni, appena il 15,2% della popolazione). Una flessione demografica che nei prossimi trent’anni costerà al nostro Paese 8 milioni di persone in età attiva in meno – infatti il 73,8% degli italiani ha paura che negli anni a venire non ci sarà un numero sufficiente di lavoratori per pagare le pensioni. Una scarsità di manodopera che, in altre parole, avrà un impatto inevitabile sul sistema produttivo e sulla capacità di generare valore.

Il ‘sonnambulismo’ davanti a previsioni di questo tipo non è imputabile solo alle classi dirigenti. Secondo il Censis si tratterebbe invece di “un fenomeno diffuso nella maggioranza silenziosa degli italiani”, convinta d’altronde di contare poco o niente all’interno della società (lo ha dichiarato il 56% degli intervistati). Un disarmo identitario e politico che può essere tradotto – e quindi meglio comprensibile – in dati: il 60,8% (il 65,3% tra i giovani) prova una grande insicurezza a causa dei tanti rischi inattesi, e sente profonda delusione per il fallimento della globalizzazione, che per il 69,3% ha portato all’Italia più danni che benefici. Con il risultato che, alla fine, l’80,1% (l’84,1% tra i giovani) si è detto ormai certo che l’Italia sia irrimediabilmente in declino.

Preoccupazioni rette da una parte da solide e convincenti basi – basti pensare, per esempio, che l’Italia è all’ultimo posto in UE per tasso di occupazione, con il 60,1% contro la media del continente di 69,8% – e dall’altra però fomentate da quello che il Censis definisce “l’improbabile e il verosimile”, dove “argomentazioni ragionevoli possono essere capovolte da continue scosse emozionali”. Una ‘spinta’ che ha portato il 73% degli italiani a pensare che i problemi strutturali irrisolti del nostro Paese provocheranno nei prossimi anni una crisi economica e sociale molto grave con povertà diffusa e violenza, un altro 73% a credere che gli sconvolgimenti globali sottoporranno l’Italia alla pressione di flussi migratori sempre più intensi che non saremo in grado di gestire, e il 53% a ritenere che il colossale debito pubblico nazionale provocherà il collasso finanziario dello Stato.

Una condizione mentale e una sfiducia di certo esacerbate anche dal ritorno della guerra, che ha suscitato nuovi allarmi. Infatti il 59,9% degli italiani ha paura che scoppierà un conflitto mondiale che coinvolgerà anche l’Italia e la metà è convinto che il nostro Paese non è in grado di proteggersi da attacchi terroristici di stampo jihadista – e non sarebbe capace, più in generale, di difendersi militarmente se aggredita da un Paese nemico.

“Si tratta di scenari ipotetici che paralizzano invece di mobilitare risorse per la ricerca di soluzioni efficaci” e generano l’inerzia dei sonnambuli dinanzi alla complessità delle sfide che la società contemporanea deve affrontare. Una paralisi che nel tempo ha spinto gli italiani a cercare conforto e rifugio in se stessi. Il 62,1% di loro ha infatti raccontato di avvertire quotidianamente il desiderio di momenti da dedicarsi e il 94,7%, circondato da una baraonda di negatività, ha rivalutato la felicità derivante dalle piccole cose di ogni giorno.

Sono proprio queste persone, quelle stesse che il ‘Censis’ crede addormentate, a rappresentare invece il seme della speranza. In merito ad alcune importanti questioni che faticano a trovare un riconoscimento ufficiale, per via legislativa, gli italiani hanno infatti dimostrato di avere un’opinione chiara e decisa – da cui le amministrazioni dovrebbero prendere spunto per risolvere molte delle problematiche del Paese – volta al cambiamento e  all’affrontare le sfide della modernità.

Il 70,3% degli intervistati, per citare alcuni dati, approva l’adozione di figli da parte dei single, il 65,6% si schiera a favore del matrimonio egualitario tra persone dello stesso sesso, il 54,3% è d’accordo con l’adozione di figli da parte di persone dello stesso sesso. Così come il 72,5% è favorevole all’introduzione dello ius soli, ovvero la concessione della cittadinanza ai minori nati in Italia da genitori stranieri regolarmente presenti, e il 76,8% è favorevole allo ius culturae, ovvero la cittadinanza per gli stranieri nati in Italia o arrivati in Italia prima dei 12 anni che abbiano frequentato un percorso formativo nel nostro Paese.

Così come la grande maggioranza degli italiani riconosce che i giovani, in questo momento, sono la generazione più penalizzata di tutte.

Allora perché, dotati di queste come di molte altre consapevolezze, non si è in grado per esempio di promuovere la genitorialità in tutte le sue forme e non si riesce a sostenere progetti che fermino l’inesorabile fuga di cervelli?

[di Gloria Ferrari]

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4 Commenti

  1. Articolo che lascia perplessi. Le cause del declino, le cause…? Da Portella delle Ginestre passando per Mattei, Moro, gli anni di piombo, Ustica, Craxi, il berlusca, fino alle brillanti leggi sanitarie che ci rendono uno dei paradisi di bigpharma, chi c’è dietro e fa cucú?

  2. Vedere una speranza solo perche’ si sdoganano le adozioni “alternative” o perche’ non si ha paura dei giovani immigrati integrati “di fatto” non significa nulla: cio’ rappresenta solo l’acquisizione di una visione del sociale, soprattutto come acquisizione di liberta’ individuali da chi non le ha, piu’ razionale e meno “confessionale”: non annulla minimamente lo stato di scoramento, distacco dalla comunita’ nazionale e dall’impegno social-politico che ammorba l’italiano medio. La francia ha prodotto i gilet gialli, le proteste organizzate di piazza, la frustrazione/isolamento convertiti in mobilitazione sociale; l’Italia solo rassegnazione, sfiducia, isolamento, ripiegamento nelle “gioie del quotidiano”…uno schifo senza speranza: “Franza o Spagna basta che se magna”…

  3. Mi sembra una indagine pilotata. Non si fanno le domande giuste e non si forniscono agli italiani gli strumenti per valutare la loro situazione. Il panico e lo scoramento, la paura di attentati e di non avere la pensione sono tutte indotte. Tutto per non parlare del vero problema: il declino della giustizia sociale e del capitalismo come si è sviluppato finora.
    Gli italiani che emigrano fanno bene, peccato che molti vadano ad esempio in Polonia a fare i servi…
    Ancora il fondo del barile non lo vedo

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